Non solo i 5 Stelle e la Lega. Anche Mdp chiarisce che la linea sul nuovo “caso Etruria” scatenato dalle anticipazioni del libro dell’ex direttore del Corriere Ferruccio de Bortoli è decisa: o la sottosegretaria alla presidenza del Consiglio Maria Elena Boschi fa “chiarezza” o l’unica strada sono le dimissioni. “Sì, è quello che ha detto Speranza, la nostra linea è questa”, ha sancito Pier Luigi Bersani parlando con i cronisti a Montecitorio. Tacciono, per ora, gli orlandiani e i sostenitori di Michele Emiliano. Forza Italia dal canto suo conferma il “garantismo a 360 gradi”, ma chiede che l’ex numero uno di Unicredit Federico Ghizzoni sia audito dalla commissione Finanze della Camera “per capire se davvero il sottosegretario Boschi quando era ministro per le Riforme abbia chiesto all’ex ad di comprare la banca del suo babbo”. I grillini hanno annunciato una “mozione di censura” e chiedono al premier Paolo Gentiloni di toglierle le deleghe. La Boschi stavolta pare davvero a rischio. Non a caso, racconta Repubblica, l’esecutivo sta a guardare “con preoccupazione“.
Intanto si chiarisce il quadro della presunta pressione o “moral suasion” su Ghizzoni, finita in un nulla di fatto dato che dopo un’istruttoria l’ipotesi fu scartata da piazza Gae Aulenti. Secondo Libero e La Stampa a incontrare il banchiere per discutere della possibile acquisizione fu Lorenzo Rosi, che dell’istituto aretino era presidente. Mentre Pier Luigi Boschi, padre della ministra, aveva la poltrona di vicepresidente. Rosi, ora imputato per bancarotta fraudolenta, non conosceva Ghizzoni: l’incontro tra i due, secondo il quotidiano torinese, fu “facilitato da qualcuno” evidentemente molto in alto. Era il gennaio 2015: siamo dunque un mese prima del commissariamento dell’Etruria da parte di Bankitalia, i cui ispettori stavano già passando al setaccio i conti della banca. Il 20 il governo Renzi, di cui la Boschi era un ministro chiave, avrebbe varato la riforma delle popolari che ne disponeva la trasformazione in spa, facendo schizzare le quotazioni della banca di Arezzo.
Fu Bankitalia, aggiunge La Stampa citando un anonimo “testimone delle convulse settimane che precedettero il commissariamento della banca aretina”, a “convincere i potenziale acquirenti a desistere dall’operazione”. La vicenda rimase poi sotto traccia fino al 22 novembre 2015, quando l’Etruria, insieme a Banca Marche, Cariferrara e Carichieti, fu messa in risoluzione per decreto azzerando i risparmi di azionisti e obbligazionisti subordinati e trasferendo gli attivi a quattro “good bank”. Proprio oggi, 10 maggio, è atteso il via libera all’acquisizione da parte di Ubi di Nuova Banca Etruria, Nuova Carichieti e Banca Marche, mentre Cariferrara è stata acquisita da Bper.