“Rinnovare sì, ma non così”. Tra i Giovani Democratici c’è chi spiega il proprio malumore prendendo a prestito uno degli slogan usati da Matteo Renzi durante la campagna congressuale. Nel caso del segretario rieletto l’obiettivo è cambiare l’Europa tutta tecnocrazia. In questo caso gli under 30 del Pd contestano l’inclusione dei 20 millennials nella Direzione nazionale del partito. Soprattutto lamentano i metodi: una procedura da “manuale Cencelli”, scrivono su Facebook, in un post pubblicato dopo quasi 3 giorni di dibattito interno. Alla fine dei quali, però, si è deciso di uscire allo scoperto. Anche perché ciò che più infastidisce è che i 20 giovani rampanti non sono meteore, orbitano già nell’area di notabili del Pd diventati padrini politici. E così ognuno di questi maggiorenti ha indicato il proprio nome ai leader delle mozioni poi finiti nella selezione del segretario. Giovani, sì, ma già inseriti nel gioco delle correnti. “L’idea del rinnovamento attraverso l’inserimento di ‘volti nuovi’ in direzione è sana e ragionevole – scrivono su facebook i Giovani Democratici – Peccato che il passaggio attraverso mere logiche di corrente pregiudichi l’intento iniziale. Rinnovare utilizzando un metodo che paralizza la politica da quasi 50 anni risulta quantomeno paradossale”.
Il messaggio non dice delle tensioni che ne hanno accompagnato la sua stesura. “In fondo era giusto così – dicono dalla dirigenza – Si trattava di portare in superficie un disagio legato ad una scelta non condivisa, senza nessun secondo fine”. Ma in parecchi nelle scorse ore avevano espresso perplessità. Perché “sembrerà che in realtà volevamo semplicemente essere noi a ottenere quegli incarichi”, perché “così ci esponiamo alle critiche di chi vuole vederci divisi”, perché “ci diranno che stiamo rosicando”.
Già domenica, all’assemblea del Pd, il segretario dei Gd, Mattia Zunino, dal palco aveva storto un po’ il naso, osservando come fosse mancato “il coraggio” di rendere indipendenti le nomine dei 20 millennials dalle “divisioni delle mozioni”. Zunino ora precisa meglio: “La decisione del segretario ha sorpreso tutti, noi per primi. Ci è dispiaciuto non esser stati coinvolti: evidentemente si è preferita la logica delle correnti”.
Logica che ha portato ad una schiacciante maggioranza di renziani nella pattuglia dei millennials. Se si fanno i conti, si scopre che dei 20 ragazzi – la più giovane ha 19 anni, il più adulto 32 – in 17 hanno sostenuto la mozione dell’ex premier. Due i fan di Michele Emiliano, una sola ragazza riconducibile ad Andrea Orlando. Ma non è l’eventuale sproporzione a generare il malumore. “A infastidirci è piuttosto il fatto che quasi dovunque si è chiesto ai vari capibastone di esprimere il nome di un giovane di propria fiducia, senza neppure consultare l’associazione di cui quei giovani fanno parte”, dichiara Gregorij Filippo Calcagno, 20enne segretario dei Gd di Modena che al congresso ha supportato il ministro della Giustizia. “Ma non è una questione di mozioni”, spiegano i suoi colleghi un po’ in tutta Italia, che non fanno fatica a indicare gli illustri sponsor dei vari millennials. E così si scopre che Marco Schirripa, 29enne di Reggio Calabria, ha un legame di amicizia col ministro degli Interni Marco Minniti; che Mirko Boschetti, ravennate di 22 anni, è stato suggerito a Renzi da un parlamentare vicino a Matteo Orfini; che la romana Erica Roic, 23enne militante del Pd dell’Eur, è conosciuta e apprezzata da Patrizia Prestipino, la renzianissima professoressa di latino che proprio del IX municipio è stata presidente. E poi, ancora: Nazarena Forti, classe 1991 e consigliera comunale a Soliera, nel Modenese, è vicina Matteo Richetti, mentre a suggerire all’ex premier il nome Gianluca Vichi, segretario dei Gd in provincia di Pesaro, è stato il sindaco del capoluogo marchigiano Matteo Ricci, uomo di fiducia di Renzi. Ma queste dinamiche non riguardano solo la mozione vincitrice del congresso. Veronica Felaco, ad esempio, 28enne di Gaeta, è stata scelta da Emiliano su indicazione di Gennaro Oliviero, consigliere regionale campano e sostenitore del governatore della Puglia. In altre zone, poi, la spartizione sembra essere stata fatta per non scontentare nessuno: e così, dal Friuli è stata eletta sia Caterina Conti, 30 anni e già capolista per Gianni Cuperlo alle primarie del 2013, sia Elisa Graffi, 20enne vicina a Debora Serracchiani.
C’è comunque, tra i giovani neopromossi in Direzione, chi prova a stemperare le polemiche. È il caso di Davide Ragone, 32enne di origini cagliaritane, apprezzato consulente legislativo del ministero delle Riforme sin da quando era guidato da Maria Elena Boschi (che lo ha segnalato a Renzi). Ragone su Facebook ammette che “era opportuno destinare almeno una quota di questi posti espressamente all’organizzazione giovanile”, ma poi si dichiara convinto “che si debbano evidenziare soprattutto il significato di questo messaggio e il contributo nuovo” che la scelta del segretario del Pd comporterà, “senza concentrarsi troppo nella ricerca di particolari responsabilità dei vertici Gd o di chi ha individuato questi ragazzi”.
E qui, in controluce, s’intravede già un’altra frattura che ufficialmente viene negata, ma esiste: quella tra i Gd e FutureDem, l’associazione politico-culturale di cui proprio Ragone è presidente e che esprime un sostegno pressoché incondizionato a Matteo Renzi (non a caso sono simpatizzanti del Rottamatore tutti e 6 i millennials pescati in FutureDem domenica scorsa). Al contrario, i Gd rivendicano la loro autonomia rispetto al Pd, ma di fatto si sono ritrovati spesso, negli ultimi tempi, su posizioni antirenziane. Eppure tutto ciò, giurano i responsabili nazionali dei Gd, non ha nulla a che fare con la protesta di queste ore. Lo garantisce anche il segretario Zunino, vicino all’area dei Giovani Turchi di Matteo Orfini ma ultimamente assai più in sintonia con le idee di Orlando. “Qui le correnti non c’entrano. Anzi, noi vorremmo che non c’entrassero mai”.