Quattro direzioni generali che gestiscono più duecento supermercati Lidl, cinque società con seicento dipendenti che si occupano della vigilanza al palazzo di giustizia, un filo rosso che lega Milano e Catania. L’ultima inchiesta della direzione antimafia meneghina conduce direttamente nella città siciliana che negli anni ’80 si era conquistata i gradi di “Milano del Sud” grazie all’alta concentrazione di aziende e fabbriche. Solo che l’indagine del procuratore aggiunto Ilda Boccassini e del sostituto Paolo Storari non si occupa soltanto d’imprese: dentro c’è anche la mafia. A finire proiettata sulla città del Duomo è infatti l’ombra della famiglia Laudani, lo storico clan di Cosa nostra catanese.
I quattordici arrestati – Sono quattordici le persone che stamattina sono state arrestate dalla squadra mobile di Milano e dal nucleo di Polizia Tributaria della Guardia di Finanza di Varese: sono accusate di far parte di un’associazione per delinquere che ha favorito gli interessi del clan catanese. “L’indagine – scrivono gli investigatori della Guardia di Finanza – avviata a giugno 2015, ha consentito di accertare che la citata famiglia mafiosa dei Laudani è riuscita, attraverso una serie di società e cooperative riconducibili al cosiddetto gruppo Sigilog di Cinisello Balsamo e facenti capo a diversi imprenditori – tra i quali Luigi Alecci, Giacomo Politi, Emanuele Micelotta ed i fratelli Alessandro e Nicola Fazio, tutti collegati a Orazio Salvatore Di Mauro, organico dei Laudani – ad infiltrarsi nel tessuto economico lombardo. Alecci è la figura di riferimento del sodalizio, in grado di gestire e mediare i rapporti tra gli imprenditori con i quali è in affari, mentre i fratelli Fazio, su sollecitazione del predetto, di Politi e di Micelotta, concorrono ad inviare, per il tramite dell’affiliato Enrico Borzì, somme di denaro contante in Sicilia destinate al sostentamento economico delle famiglie dei detenuti appartenenti alla famiglia mafiosa”.
I colletti bianchi – Tra i 14 arrestati anche un ex dipendente della Provincia di Milano, Domenico Palmieri, definito peraltro “facilitatore“. L’ex dipendente pubblico risponde del reato di traffico di influenze: per una “paghetta” mensile di 1000/2000 euro, avrebbe messo a disposizione “le proprie relazioni con esponenti del comune di Milano, di sindaci e assessori” dell’hinterland “al fine di ottenere commesse e appalti da proporre ai propri clienti” e cioè i cinque imprenditori finiti in carcere stamane. Palmieri, che è anche sindacalista, sarebbe riuscito a far ottenere alle imprese degli indagati l’assegnazione dell’appalto per le pulizie degli edifici scolastici comunali per 40 mila euro, grazie alla sua conoscenza con Giovanna Rosaria Maria Afrone, responsabile del Servizio Gestione Contratti Trasversali ora ai domiciliari. La dirigente, si legge in un passaggio del provvedimento del giudice, si sarebbe impegnata ad aggiudicare agli imprenditori, tramite la procedura di affidamento diretto la gara.
I dirigenti Lidl e la mafia – La parte fondamentale dell’inchiesta è rappresentata però dalle connessioni del clan Laudani. La sezione misure di prevenzione del tribunale di Milano ha ordinato sei mesi di amministrazione giudiziaria per quattro direzioni generali su dieci della Lidl Italia: sono quelle di Volpiano, Biandrate, Somaglia e Misterbianco e gestiscono più di duecento punti vendita in tutto il Paese. La presunta associazione per delinquere – si legge infatti nelle carte dell’inchiesta – avrebbe ottenuto “commesse e appalti di servizi in Sicilia” da Lidl Italia e Eurospin Italia (citata nell’indagine ma che non è destinataria di provvedimenti giudiziari) attraverso “dazioni di denaro a esponenti della famiglia Laudani”, clan mafioso “in grado di garantire il monopolio di tali commesse e la cogestione dei lavori in Sicilia”. Gli arrestati, inoltre, avrebbero ottenuto lavori da Lidl Italia “in Piemonte” attraverso “dazioni corruttive“. Dalle indagini, scrive il Tribunale, “è emerso che le modalità attraverso cui le cooperative gestite dagli indagati acquisiscono tali commesse sono differenti tra sud e nord: mentre in Sicilia gli appalti vengono ottenuti tramite l’interessamento remunerato delle organizzazioni mafiose, al nord i pagamenti sono effettuati direttamente a favore di figure dirigenziali della stessa Lidl ed a titolo corruttivo”. A riprova di ciò, si legge ancora, “il pm cita gli avvenimenti registrati in Sicilia e Piemonte nelle giornate del 13 e 14 dicembre: in queste giornate l’indagato Politi si trova a Catania per incontrare dapprima Greco (emittente fatture false) e poi Borzì Enrico, referente e cassiere della famiglia Laudani (a cui consegna il denaro provento delle false fatture)”. Nel frattempo, “il giorno 14 dicembre, a Chivasso, Micelotta (anche lui arrestato, ndr) incontra Suriano (funzionario Lidl) e gli consegna la somma di euro 4.000 con finalità corruttive”.
Le accuse nelle carte – Nell’ordinanza di custodia cautelare il gip Giulio Fanales parla di “stabile asservimento di dirigenti della Lidl Italia, preposti all’assegnazione degli appalti, onde ottenere l’assegnazione delle commesse, a favore delle imprese controllate dagli associati, in spregio alle regole della concorrenza e con grave nocumento per il patrimonio della società appaltante”. Gli arrestati avrebbero messo le mani su appalti Lidl riguardanti “l’organizzazione della logistica presso i magazzini ove è custodita la merce di natura non alimentare, l’allestimento di nuovi supermercati, il rifacimento di negozi preesistenti, le manutenzioni periodiche, o le riparazioni occorrenti in caso di guasti improvvisi”.
Le intercettazioni: “E diamogli un pacco”- Nelle conversazioni intercettate i due imprenditori Emanuele Micelotta e Giacomo Politi fanno riferimento alle “regalie da elargire per le festività natalizie ai vari dirigenti” del Lidl al “fine di favorire l’acquisizione dei lavori”. I due avrebbero suddiviso “l’importanza del regalo a seconda della funzione rivestita dal soggetto all’interno del quadro direttivo”. In una intercettazione ambientale del 19 dicembre scorso e riportata nel provvedimento, i due “parlano chiaramente del regalo importante da fare a Tomasella, responsabile del magazzino di Volpiano, in provincia di Torino, e di quello da fare a Simone Suriano (dirigente Lidl finito agli arresti domiciliari,ndr). Nei confronti del secondo Politi ha intenzione di “voler predisporre non un cesto ma solo un pacco, visto che già lo sovvenzionano con 4.000 al mese”. “A lui gli diamo un cesto grande”, dice Politi a Micelotta nell’intercettazione. E l’altro: “Eh…diamogli il cesto grande… e però”. Poco dopo, ancora Politi: “ma poi…un cesto…minchia un pacco…eh… già 4000 euro al mese che si prende …”. La replica: “E diamogli un pacco”.
I motivi del commissariamento – “Non può essere invocata una posizione di buona fede” dei dirigenti delle quattro direzioni generali Lidl in quanto “non solo percepiscono denaro per assegnare lavori in favore degli indagatima intrattengono, in via diretta o indiretta (questo allo stato non è noto) rapporti con soggetti appartenenti alla famiglia mafiosa dei Laudani in grado di orientare le scelte” della catena della grande distribuzione nell’assegnare gli appalti dei servizi. È questa la conclusione alla quale arriva la sezione misure di prevenzione del tribunale di Milano, presieduta da Fabio Roia, disponenìdo l’amministrazione giudiziaria dei centri Lidl “in relazione alle direzioni in cui si è realizzata l’infiltrazione mafiosa”. Con una nota l’azienda si dichiara però “completamente estranea a quanto diffuso in data odierna dai principali media in relazione all’operazione gestita dalla ddaa. L’Azienda, che è venuta a conoscenza della vicenda in data odierna da parte degli organi inquirenti, si è resa da subito a completa disposizione delle autorità competenti, al fine di agevolare le indagini e fare chiarezza quanto prima sull’accaduto. Lidl Italia precisa, inoltre, che l’Azienda non risulta indagata e non vi sono sequestri in atto”.
“Corrompere come pescare in un lago” – “È stata una indagine molto complessa, condotta in perfetta sinergia tra la Polizia e la Guardia di Finanza. Sono stati seguiti i passaggi di denaro, il denaro raccolto a Milano veniva consegnato alla famiglia Laudani”, ha spiegato il procuratore aggiunto Boccassini. “Per coloro che volevano corrompere – ha aggiunto il pm – era come pescare trote in un laghetto sicuro: sapevano esattamente chi, come e dove trovare le persone da corrompere”.
I vigilantes del tribunale commissariati – Ma non solo. Perché sempre la sezione misure di prevenzione del tribunale meneghino ha disposto un anno di amministrazione giudiziaria della società che si occupava della sorveglianza privata del palazzo di giustizia del capoluogo lombardo. “In merito alla vicenda giudiziaria che vede coinvolte alcune società del Gruppo Securpolice, esprimiamo piena fiducia nell’operato della polizia giudiziaria e della magistratura. Confermiamo la propria disponibilità verso gli inquirenti per fornire ogni elemento utile a chiarire circostanze e fatti che vedono, a vario titolo, coinvolte alcune sue società”, fa sapere Mario Ortello, presidente del cda di Securpolice Group scarl, la società coinvolta nell’inchiesta.
Le fatture di Cosa nostra – Dai rivoli dell’indagine emerge poi come ai familiari dei detenuti che ricevevano aiuti economici dal clan mafioso Laudani, veniva richiesto dal “cassiere” della cosca di sottoscrivere “una ricevuta”. Parte dei versamenti fatti alla cosca mafiosa, infatti, andava alle famiglie dei detenuti del clan. Il denaro, si legge negli atti del gip Fanales, “viene da un indagato portato in Sicilia e da costui consegnato nelle mani del cassiere del clan, Borzì Enrico“. Il cassiere “tiene un apposito registro, in cui vengono indicati i riferimenti dei versamenti in ingresso (nominativi, date e importi relativi alle somme introitate) ed i riferimenti dei pagamenti in uscita (nominativi, date e importi relativi alle somme corrisposte)”. Al familiare del detenuto, “beneficiario del versamento, il cassiere richiede la sottoscrizione di una ricevuta”.
Mafie
Mafia, commissariati 200 supermercati Lidl e vigilantes del tribunale: 14 arresti. “Sapevano bene chi corrompere”
La sezione misure di prevenzione del tribunale meneghina ha disposto l'amministrazione giudiziaria della società di sorveglianza privata del palazzo di giustizia del capoluogo lombardo e di quattro direzioni generali della catena di ipermercati. Esponenti della società avevano contatti con la nota famiglia di Cosa nostra a Catania. Coinvolti anche un ex funzionario della provincia e una dipendente del comune
Quattro direzioni generali che gestiscono più duecento supermercati Lidl, cinque società con seicento dipendenti che si occupano della vigilanza al palazzo di giustizia, un filo rosso che lega Milano e Catania. L’ultima inchiesta della direzione antimafia meneghina conduce direttamente nella città siciliana che negli anni ’80 si era conquistata i gradi di “Milano del Sud” grazie all’alta concentrazione di aziende e fabbriche. Solo che l’indagine del procuratore aggiunto Ilda Boccassini e del sostituto Paolo Storari non si occupa soltanto d’imprese: dentro c’è anche la mafia. A finire proiettata sulla città del Duomo è infatti l’ombra della famiglia Laudani, lo storico clan di Cosa nostra catanese.
I quattordici arrestati – Sono quattordici le persone che stamattina sono state arrestate dalla squadra mobile di Milano e dal nucleo di Polizia Tributaria della Guardia di Finanza di Varese: sono accusate di far parte di un’associazione per delinquere che ha favorito gli interessi del clan catanese. “L’indagine – scrivono gli investigatori della Guardia di Finanza – avviata a giugno 2015, ha consentito di accertare che la citata famiglia mafiosa dei Laudani è riuscita, attraverso una serie di società e cooperative riconducibili al cosiddetto gruppo Sigilog di Cinisello Balsamo e facenti capo a diversi imprenditori – tra i quali Luigi Alecci, Giacomo Politi, Emanuele Micelotta ed i fratelli Alessandro e Nicola Fazio, tutti collegati a Orazio Salvatore Di Mauro, organico dei Laudani – ad infiltrarsi nel tessuto economico lombardo. Alecci è la figura di riferimento del sodalizio, in grado di gestire e mediare i rapporti tra gli imprenditori con i quali è in affari, mentre i fratelli Fazio, su sollecitazione del predetto, di Politi e di Micelotta, concorrono ad inviare, per il tramite dell’affiliato Enrico Borzì, somme di denaro contante in Sicilia destinate al sostentamento economico delle famiglie dei detenuti appartenenti alla famiglia mafiosa”.
I colletti bianchi – Tra i 14 arrestati anche un ex dipendente della Provincia di Milano, Domenico Palmieri, definito peraltro “facilitatore“. L’ex dipendente pubblico risponde del reato di traffico di influenze: per una “paghetta” mensile di 1000/2000 euro, avrebbe messo a disposizione “le proprie relazioni con esponenti del comune di Milano, di sindaci e assessori” dell’hinterland “al fine di ottenere commesse e appalti da proporre ai propri clienti” e cioè i cinque imprenditori finiti in carcere stamane. Palmieri, che è anche sindacalista, sarebbe riuscito a far ottenere alle imprese degli indagati l’assegnazione dell’appalto per le pulizie degli edifici scolastici comunali per 40 mila euro, grazie alla sua conoscenza con Giovanna Rosaria Maria Afrone, responsabile del Servizio Gestione Contratti Trasversali ora ai domiciliari. La dirigente, si legge in un passaggio del provvedimento del giudice, si sarebbe impegnata ad aggiudicare agli imprenditori, tramite la procedura di affidamento diretto la gara.
I dirigenti Lidl e la mafia – La parte fondamentale dell’inchiesta è rappresentata però dalle connessioni del clan Laudani. La sezione misure di prevenzione del tribunale di Milano ha ordinato sei mesi di amministrazione giudiziaria per quattro direzioni generali su dieci della Lidl Italia: sono quelle di Volpiano, Biandrate, Somaglia e Misterbianco e gestiscono più di duecento punti vendita in tutto il Paese. La presunta associazione per delinquere – si legge infatti nelle carte dell’inchiesta – avrebbe ottenuto “commesse e appalti di servizi in Sicilia” da Lidl Italia e Eurospin Italia (citata nell’indagine ma che non è destinataria di provvedimenti giudiziari) attraverso “dazioni di denaro a esponenti della famiglia Laudani”, clan mafioso “in grado di garantire il monopolio di tali commesse e la cogestione dei lavori in Sicilia”. Gli arrestati, inoltre, avrebbero ottenuto lavori da Lidl Italia “in Piemonte” attraverso “dazioni corruttive“. Dalle indagini, scrive il Tribunale, “è emerso che le modalità attraverso cui le cooperative gestite dagli indagati acquisiscono tali commesse sono differenti tra sud e nord: mentre in Sicilia gli appalti vengono ottenuti tramite l’interessamento remunerato delle organizzazioni mafiose, al nord i pagamenti sono effettuati direttamente a favore di figure dirigenziali della stessa Lidl ed a titolo corruttivo”. A riprova di ciò, si legge ancora, “il pm cita gli avvenimenti registrati in Sicilia e Piemonte nelle giornate del 13 e 14 dicembre: in queste giornate l’indagato Politi si trova a Catania per incontrare dapprima Greco (emittente fatture false) e poi Borzì Enrico, referente e cassiere della famiglia Laudani (a cui consegna il denaro provento delle false fatture)”. Nel frattempo, “il giorno 14 dicembre, a Chivasso, Micelotta (anche lui arrestato, ndr) incontra Suriano (funzionario Lidl) e gli consegna la somma di euro 4.000 con finalità corruttive”.
Le accuse nelle carte – Nell’ordinanza di custodia cautelare il gip Giulio Fanales parla di “stabile asservimento di dirigenti della Lidl Italia, preposti all’assegnazione degli appalti, onde ottenere l’assegnazione delle commesse, a favore delle imprese controllate dagli associati, in spregio alle regole della concorrenza e con grave nocumento per il patrimonio della società appaltante”. Gli arrestati avrebbero messo le mani su appalti Lidl riguardanti “l’organizzazione della logistica presso i magazzini ove è custodita la merce di natura non alimentare, l’allestimento di nuovi supermercati, il rifacimento di negozi preesistenti, le manutenzioni periodiche, o le riparazioni occorrenti in caso di guasti improvvisi”.
Le intercettazioni: “E diamogli un pacco”- Nelle conversazioni intercettate i due imprenditori Emanuele Micelotta e Giacomo Politi fanno riferimento alle “regalie da elargire per le festività natalizie ai vari dirigenti” del Lidl al “fine di favorire l’acquisizione dei lavori”. I due avrebbero suddiviso “l’importanza del regalo a seconda della funzione rivestita dal soggetto all’interno del quadro direttivo”. In una intercettazione ambientale del 19 dicembre scorso e riportata nel provvedimento, i due “parlano chiaramente del regalo importante da fare a Tomasella, responsabile del magazzino di Volpiano, in provincia di Torino, e di quello da fare a Simone Suriano (dirigente Lidl finito agli arresti domiciliari,ndr). Nei confronti del secondo Politi ha intenzione di “voler predisporre non un cesto ma solo un pacco, visto che già lo sovvenzionano con 4.000 al mese”. “A lui gli diamo un cesto grande”, dice Politi a Micelotta nell’intercettazione. E l’altro: “Eh…diamogli il cesto grande… e però”. Poco dopo, ancora Politi: “ma poi…un cesto…minchia un pacco…eh… già 4000 euro al mese che si prende …”. La replica: “E diamogli un pacco”.
I motivi del commissariamento – “Non può essere invocata una posizione di buona fede” dei dirigenti delle quattro direzioni generali Lidl in quanto “non solo percepiscono denaro per assegnare lavori in favore degli indagatima intrattengono, in via diretta o indiretta (questo allo stato non è noto) rapporti con soggetti appartenenti alla famiglia mafiosa dei Laudani in grado di orientare le scelte” della catena della grande distribuzione nell’assegnare gli appalti dei servizi. È questa la conclusione alla quale arriva la sezione misure di prevenzione del tribunale di Milano, presieduta da Fabio Roia, disponenìdo l’amministrazione giudiziaria dei centri Lidl “in relazione alle direzioni in cui si è realizzata l’infiltrazione mafiosa”. Con una nota l’azienda si dichiara però “completamente estranea a quanto diffuso in data odierna dai principali media in relazione all’operazione gestita dalla ddaa. L’Azienda, che è venuta a conoscenza della vicenda in data odierna da parte degli organi inquirenti, si è resa da subito a completa disposizione delle autorità competenti, al fine di agevolare le indagini e fare chiarezza quanto prima sull’accaduto. Lidl Italia precisa, inoltre, che l’Azienda non risulta indagata e non vi sono sequestri in atto”.
“Corrompere come pescare in un lago” – “È stata una indagine molto complessa, condotta in perfetta sinergia tra la Polizia e la Guardia di Finanza. Sono stati seguiti i passaggi di denaro, il denaro raccolto a Milano veniva consegnato alla famiglia Laudani”, ha spiegato il procuratore aggiunto Boccassini. “Per coloro che volevano corrompere – ha aggiunto il pm – era come pescare trote in un laghetto sicuro: sapevano esattamente chi, come e dove trovare le persone da corrompere”.
I vigilantes del tribunale commissariati – Ma non solo. Perché sempre la sezione misure di prevenzione del tribunale meneghino ha disposto un anno di amministrazione giudiziaria della società che si occupava della sorveglianza privata del palazzo di giustizia del capoluogo lombardo. “In merito alla vicenda giudiziaria che vede coinvolte alcune società del Gruppo Securpolice, esprimiamo piena fiducia nell’operato della polizia giudiziaria e della magistratura. Confermiamo la propria disponibilità verso gli inquirenti per fornire ogni elemento utile a chiarire circostanze e fatti che vedono, a vario titolo, coinvolte alcune sue società”, fa sapere Mario Ortello, presidente del cda di Securpolice Group scarl, la società coinvolta nell’inchiesta.
Le fatture di Cosa nostra – Dai rivoli dell’indagine emerge poi come ai familiari dei detenuti che ricevevano aiuti economici dal clan mafioso Laudani, veniva richiesto dal “cassiere” della cosca di sottoscrivere “una ricevuta”. Parte dei versamenti fatti alla cosca mafiosa, infatti, andava alle famiglie dei detenuti del clan. Il denaro, si legge negli atti del gip Fanales, “viene da un indagato portato in Sicilia e da costui consegnato nelle mani del cassiere del clan, Borzì Enrico“. Il cassiere “tiene un apposito registro, in cui vengono indicati i riferimenti dei versamenti in ingresso (nominativi, date e importi relativi alle somme introitate) ed i riferimenti dei pagamenti in uscita (nominativi, date e importi relativi alle somme corrisposte)”. Al familiare del detenuto, “beneficiario del versamento, il cassiere richiede la sottoscrizione di una ricevuta”.
MANI PULITE 25 ANNI DOPO
di Gianni Barbacetto ,Marco Travaglio ,Peter Gomez 12€ AcquistaArticolo Precedente
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Napoli , 6 mar. - (Adnkronos) - Max blitz antidroga dei carabinieri tra Napoli e Salerno: smantellate 15 piazze di spaccio e indagato a piede per favoreggiamento anche un sacerdote. I militari del Gruppo Carabinieri di Torre Annunziata hanno eseguito un'ordinanza di applicazione di misure cautelari personali, emessa dal gip del Tribunale di Torre Annunziata, su richiesta della Procura oplontina, nei confronti di 51 soggetti (dei quali 15 in carcere, 17 agli arresti domiciliari e 19 sottoposti all'obbligo di presentazione alla p.g.) gravemente indiziati dei reati di detenzione illecita e spaccio di sostanze stupefacenti del tipo cocaina. Le misure cautelari sono state eseguite nei confronti di 48 indagati, mentre dei restanti tre, due sono attualmente all'estero e il terzo è tuttora attivamente ricercato. Tra questi anche il tiktoker Antonio Gemignani, noto come Papusciello.
Avvalendosi di corrieri della droga provenienti da Napoli e Roma - si legge in una nota a firma del procuratore Nunzio Fragliasso - gli indagati avrebbero posto in essere un giro di affari di circa otto milioni di euro, con oltre 500.000 euro in contanti sequestrati dagli inquirenti nel corso delle indagini. Le investigazioni, condotte attraverso una poderosa attività di intercettazione telefonica e ambientale, che si è protratta per diversi mesi, hanno consentito di documentare e ricostruire le dinamiche relative alla gestione dell'attività di spaccio in ben 15 piazze di diverse città, in provincia di Napoli e di Salerno, nonché di recuperare e sequestrare complessivamente 19 chilogrammi di cocaina. Dalle indagini è emerso che alcuni indagati si servivano delle abitazioni di soggetti incensurati e anziani per occultare ingenti quantitativi di sostanze stupefacenti, mentre altri sfruttavano la presenza di neonati per eludere eventuali controlli.
E tra gli indagati figura anche un sacerdote di Torre Annunziata. Inoltre, una donna è stata ripresa durante lo spaccio di droga con un neonato in braccio. L'approvvigionamento delle varie piazze di spaccio avveniva mediante il ricorso a fidati corrieri che, a tal fine, utilizzavano autovetture dotate di scomparti segreti in cui lo stupefacente veniva abilmente occultato. Nel corso delle indagini, gli inquirenti hanno operato sette arresti in flagranza di reato, individuando anche soggetti in possesso di armi detenute illegalmente.
Roma, 6 mar. (Adnkronos) - Domani, venerdì 7 marzo, dalle ore 15 alle ore 17, presso ExtraLibera, Via Stamira 5, a Roma, si terrà l’assemblea dei soggetti che fanno parte del comitato promotore del Referendum cittadinanza. Interverranno, tra gli altri, Emma Bonino, Riccardo Magi, Elly Schlein, Angelo Bonelli, Deepika Salhan, Sonny Olumati, Francesca Druetti, Antonella Soldo, Katia Scannavini, Pippo Civati, Paolo Bonetti, Natale Di Cola, Ileana Bello, Walter Massa e molti altri.
Roma, 6 mar. (Adnkronos) - Il Consiglio direttivo della Banca centrale europea ha deciso oggi di ridurre di 25 punti base i tre tassi di interesse di riferimento. Pertanto, i tassi di interesse sui depositi presso la Bce, sulle operazioni di rifinanziamento principali e sulle operazioni di rifinanziamento marginale saranno ridotti rispettivamente al 2,50%, al 2,65% e al 2,90%, con effetto dal 12 marzo 2025. E’ quanto si legge nel comunicato diffuso dall’Eurotower.
Il consiglio direttivo “è determinato ad assicurare che l’inflazione si stabilizzi durevolmente sul suo obiettivo del 2% a medio termine” soprattutto “nelle attuali condizioni caratterizzate da crescente incertezza, definirà l’orientamento di politica monetaria adeguato seguendo un approccio guidato dai dati, in base al quale le decisioni vengono adottate di volta in volta a ogni riunione”, viene evidenziato nella nota.
L’approccio della Banca centrale continuerà ad essere basato sui dati e a procedere ‘riunione per riunione’, ha detto la presidente della Bce, Christine Lagarde, nel corso della conferenza stampa a Francoforte. In particolare, le decisioni del Consiglio direttivo in materia di tassi di interesse “si baseranno sulla valutazione delle prospettive di inflazione alla luce dei dati economici e finanziari in arrivo, della dinamica dell'inflazione sottostante e della forza della trasmissione della politica monetaria. Il Consiglio direttivo non si impegna a seguire un particolare percorso dei tassi”, ha sottolineato Lagarde, per la quale "i rischi per la crescita economica rimangono orientati verso il basso”.
“Un'escalation delle tensioni commerciali ridurrebbe la crescita dell’eurozona, frenando le esportazioni e indebolendo l'economia globale” e “il perdurare dell'incertezza sulle politiche commerciali globali potrebbe trascinare al ribasso gli investimenti”. Allo stesso modo “le tensioni geopolitiche, come la guerra ingiustificata della Russia contro l'Ucraina e il tragico conflitto in Medio Oriente, rimangono un'importante fonte di incertezza. La crescita potrebbe diminuire se gli effetti ritardati dell'inasprimento della politica monetaria durassero più a lungo del previsto”.
La crescita dell’eurozona “potrebbe essere più elevata se le condizioni di finanziamento più facili e il calo dell'inflazione consentiranno una ripresa più rapida dei consumi e degli investimenti interni. Anche un aumento della spesa per la difesa e le infrastrutture potrebbe contribuire alla crescita”, ha detto ancora la presidente della Bce.
Infine Lagarde spiega che "l'incertezza è aumentata e probabilmente peserà sugli investimenti e sulle esportazioni più di quanto previsto in precedenza”. La crescita “dovrebbe essere sostenuta dall'aumento dei redditi e dalla riduzione dei costi di finanziamento” e secondo le proiezioni dei tecnici “anche le esportazioni dovrebbero essere sostenute dall'aumento della domanda globale, a patto che le tensioni commerciali non si intensifichino ulteriormente”.
Le decisioni della Bce sui tassi di interesse quindi continueranno ad essere basate “sulla valutazione delle prospettive di inflazione, considerati i nuovi dati economici e finanziari, della dinamica dell’inflazione di fondo e dell’intensità della trasmissione della politica monetaria, senza vincolarsi a un particolare percorso dei tassi”.
L'inflazione complessiva, indicano gli esperti, ora "si collocherebbe in media al 2,3% nel 2025, all’1,9% nel 2026 e al 2,0% nel 2027. La revisione al rialzo dell’inflazione complessiva per il 2025 riflette la più vigorosa dinamica dei prezzi dell’energia”. “L’inflazione al netto della componente energetica e alimentare si porterebbe in media al 2,2% nel 2025, al 2,0% nel 2026 e all’1,9% nel 2027”. Le misure dell’inflazione di fondo “suggeriscono perlopiù che l’inflazione si attesterà stabilmente intorno all’obiettivo del Consiglio direttivo del 2% a medio termine. L’inflazione interna resta elevata, principalmente perché salari e prezzi in determinati settori si stanno ancora adeguando al passato incremento dell’inflazione con considerevole ritardo. La crescita delle retribuzioni si sta però moderando secondo le attese e i profitti ne stanno parzialmente attenuando l’impatto sull’inflazione”, evidenzia Francoforte. Tuttavia, “il processo disinflazionistico è ben avviato. L’andamento dell’inflazione ha continuato a rispecchiare pressoché le attese dei nostri esperti e le ultime proiezioni sono strettamente in linea con le prospettive di inflazione precedenti”.
“La politica monetaria diviene sensibilmente meno restrittiva, poiché le riduzioni dei tassi di interesse rendono meno onerosi i nuovi prestiti a imprese e famiglie e il credito accelera”, si legge nella nota diffusa dalla Bce al termine del consiglio direttivo. “Al tempo stesso – sottolinea però l’Eurotower – l’allentamento delle condizioni di finanziamento è contrastato dai passati rialzi dei tassi di interesse che si stanno ancora trasmettendo ai crediti in essere, e il volume dei prestiti resta nel complesso contenuto”.
La Bce rende inoltre noto che l’economia fronteggia perduranti difficoltà e i nostri esperti hanno nuovamente corretto al ribasso le proiezioni di crescita: allo 0,9% per il 2025, all’1,2% per il 2026 e all’1,3% per il 2027.
Le revisioni al ribasso per il 2025 e il 2026, sottolinea l'Eurotower, "riflettono la diminuzione delle esportazioni e la continua debolezza degli investimenti, in parte a seguito dell’elevata incertezza sulle politiche commerciali e su quelle economiche più in generale. L’aumento dei redditi reali e il graduale venir meno degli effetti dei rialzi passati dei tassi di interesse restano le principali determinanti alla base dell’atteso incremento della domanda nel corso del tempo".
Roma, 6 mar. (Adnkronos) - "C'è bisogno di un'Europa più coraggiosa, più forte e più giusta. Per questo è necessario andare avanti sulla strada del rafforzamento dell'Unione europea e della sua capacità di iniziativa politica". Così Pierfrancesco Majorino, componente della segreteria nazionale Pd.
"In questo quadro il vertice odierno del Pse ha visto in campo le proposte del Partito Democratico. Il contributo di Elly Schlein è stato essenziale e ha inevitabilmente messo in luce anche le contraddizioni del piano di Ursula von der Leyen. Un piano che ad oggi non porta alla difesa comune, ma al semplice riarmo generalizzato dei singoli Stati nazionali e a inevitabili tagli di voci che vanno invece assolutamente potenziate. Penso a coesione sociale e welfare".
Roma, 6 mar. (Adnkronos) - Innovazione protagonista nella serata di ieri a Key - The Energy Transition Expo, nella seconda edizione del Premio 'Lorenzo Cagnoni', che è stato consegnato agli espositori per i sette progetti più innovativi presentati in fiera, uno per ogni settore merceologico della manifestazione, e alle tre Start-up dell’Innovation District dal più alto potenziale innovativo.
A premiare gli espositori, Maurizio Ermeti, presidente di Italian Exhibition Group, Corrado Peraboni, amministratore delegato di Italian Exhibition Group, Alessandra Astolfi, Global Exhibition Director della divisione Green&Technolgy di Ieg, Christian Previati, Exhibition Manager di Key, Francesco Naso, segretario generale Motus-E e Alessandro Marangoni, Ceo di Althesys.
Le aziende premiate sono state: Horay Solar Co., Ltd, Italian Wind Technologies, Energy Dome, Rina, Renovis, Camel Energy GmbH e Alperia. Le tre Start-up che hanno ricevuto il riconoscimento sono state: Trailslight, Reefilla e Sizable Energy.
Roma, 6 mar. (Adnkronos) - Innovazione protagonista nella serata di ieri a Key - The Energy Transition Expo, nella seconda edizione del Premio 'Lorenzo Cagnoni', che è stato consegnato agli espositori per i sette progetti più innovativi presentati in fiera, uno per ogni settore merceologico della manifestazione, e alle tre Start-up dell’Innovation District dal più alto potenziale innovativo.
A premiare gli espositori, Maurizio Ermeti, presidente di Italian Exhibition Group, Corrado Peraboni, amministratore delegato di Italian Exhibition Group, Alessandra Astolfi, Global Exhibition Director della divisione Green&Technolgy di Ieg, Christian Previati, Exhibition Manager di Key, Francesco Naso, segretario generale Motus-E e Alessandro Marangoni, Ceo di Althesys.
Le aziende premiate sono state: Horay Solar Co., Ltd, Italian Wind Technologies, Energy Dome, Rina, Renovis, Camel Energy GmbH e Alperia. Le tre Start-up che hanno ricevuto il riconoscimento sono state: Trailslight, Reefilla e Sizable Energy.
Roma, 6 mar. (Adnkronos) - "Una riunione al vertice del Pse molto importante e impegnativa. Con la piena consapevolezza della gravità della situazione e della necessità di una risposta europea. La segretaria Elly Schlein ha portato il nostro punto di vista. Riarmare 27 eserciti nazionali non fa deterrenza". Così il responsabile Esteri nella segreteria nazionale Pd, Giuseppe Provenzano, appena terminato il prevertice socialista a Bruxelles a cui ha partecipato con la segretaria del Pd, Elly Schlein.
"Più che prestiti ai singoli paesi servirebbero investimenti europei in progetti comuni. Ma la sfida è più grande. Serve investire in sicurezza comune, ma non solo. Per l’autonomia strategica serve una politica estera, un’economia forte, una società coesa. La risposta dev’essere più coraggiosa, come è stato con la pandemia".
"Di certo, non si possono sostituire le spese sociali con le spese militari, consentendo di dirottare i fondi di coesione. Su questa nostra priorità, c’è stato consenso tra i socialisti europei. La nostra critica al Piano di Von der Leyen non è dunque per frenare la risposta europea. Ma per rafforzarla, per costruire un’Europa davvero unita, capace di compiere la svolta politica necessaria a costruire pace, giustizia e sicurezza".