Quanto Twitter sia stato e sia importante per Donald Trump ormai è storia ed è stato testimoniato dal fatto che per i primi 100 giorni di Potus (Presidente of the United States) il New York Times abbia catalogato uno per uno i tweet del tycoon che ha conquistato la Casa Bianca in un articolo titolato @realDonaldTrump.
Ed è proprio dalle pagine dell’autorevole giornale che arriva la clamorosa richiesta di scuse del cofondatore di Twitter Evan Williams per il contributo che il social media potrebbe aver dato alla vittoria elettorale del miliardario. “È stata un brutta cosa, perché senza Twitter molto probabilmente non sarebbe diventato presidente. Mi dispiace”. Lo stesso presidente americano alcune settimane fa ha affermato che senza Twitter a quest’ora non avrebbe conquistato la Casa Bianca. Trump ha 30 milioni di follower sul suo account personale.
“Trump ha detto che senza Twitter non sarebbe stato presidente? Se così fosse, mi spiace. Davvero”. Una riflessione che era già stata espressa all’Università del Nebraska qualche giorno fa: “La Silicon Valley si percepisce come Prometeo, che ha rubato il fuoco agli dei e lo ha consegnato ai mortali. Quel che tendiamo a dimenticare è che Zeus se la prese così tanto con Prometeo che lo incatenò a una roccia, così che gli uccelli potessero mangiarne le viscere in eterno. Qualcuno potrebbe ora dire che è quello che ci meriteremmo, per aver consegnato a Trump il potere dei tweet”.
Williams va anche oltre. Sembra pentirsi del sistema: “The Internet is broken” dice; Internet non funziona più, è rotto. Ed è per questo che ha fondato un nuovo social Medium ma “le cose continuano a peggiorare”. Facebook viene utilizzata per trasmettere omicidi e rivendicare attentati; Twitter in preda a orde di troll ed haters; senza dimenticare l’epidemia di notizie false cui solo da poco si sta cercando di dare un argine. “Un tempo pensavo che, se avessimo dato a tutti la possibilità di esprimersi liberamente e scambiarsi idee e informazioni, il mondo sarebbe diventato automaticamente un posto migliore. Mi sbagliavo”.