Abbonati Telecom a propria insaputa. E’ accaduto a migliaia di consumatori che, riferisce il Corriere della Sera, sono risultati intestatari di utenze telefoniche con un doppio risvolto. Quello per cui erano considerati morosi e quello giudiziario per cui risultavano nella banca dati utilizzata dalla magistratura per le intercettazioni. Vicenda per cui Telecom parla di una “pregressa anomalia software“, ma che al momento è già costata al gruppo delle telecomunicazioni una censura del Garante della Privacy accompagnata dalla promessa di sanzioni amministrativa oltre che dall’imposizione di una “bonifica degli errori nel sistema informatico”, di “apposite annotazioni che lascino traccia nella banca dati giudiziaria” e avviso agli “utenti interessati”.
La vicenda è venuta a galla grazie al reclamo di un abbonato inconsapevole che, inseguito dalle società di recupero crediti, ha scoperto che il suo codice fiscale era associato a ben 826 telefoni. Secondo Telecom il caso è imputabile al cambio di sistema gestionale che risale addirittura ai primi anni duemila. E a distanza di quasi 15 anni il problema sembra ben lontano da una soluzione. Da un’ispezione del Garante della Privacy di fine 2016, riferisce ancora il Corsera, emerge che le intestazioni non corrispondenti alla realtà “hanno interessato un novero più ampio di clienti, allo stato non precisamente delimitabile“. Anomalie di cui “la società non è stata in grado di dar conto”, tanto che, scrive sempre il Corriere, “lo scorso 25 gennaio il Garante lancia un altro campione, stavolta sui codici fiscali associati a più di 5 telefoni: già così affiorano disallineamenti (nei dati di intestatario-cliente-fatture) «riguardanti 644 clienti complessivamente intestatari di oltre 7.000 linee». Numero per difetto: non solo perché bisognerebbe vedere anche gli ignari intestatari da 5 linee in giù, e non solo perché non sono compresi gli elenchi di San Marino, ma soprattutto perché la società spiega che analoghe verifiche «non sono praticabili per clienti non più Telecom Italia qualora il cliente sia passato ad altro operatore»”.
E se il Garante lamenta tra il resto che “quelle volte in cui Telecom su reclamo di qualcuno ha aggiornato i dati reali, per esempio volturando la linea, non ha però annotato che prima ci fosse stato un errore”, resta da capire se e in che termini l’errore si è riflesso anche sui bilanci della società e come sia stato corretto.
Dal canto suo il gruppo di telecomunicazioni fa sapere “di aver già avviato specifiche azioni finalizzate a rafforzare i nuovi sistemi di gestione a favore della tutela dei dati personali dei propri clienti”. Il piano messo in campo da Tim, si legge in una nota “ha permesso di superare progressivamente le anomalie riscontrate in alcuni sistemi informatici non più in uso che, in passato, non hanno consentito di abbinare correttamente i dati personali di alcuni clienti”. La societa’ conclude tuttavia annunciando che “proseguirà nelle attività di monitoraggio al fine di sanare eventuali anomalie residue“.
Lobby
Telecom Italia, il Garante della Privacy scopre migliaia di linee con intestazione falsa
La società, interpellata dal Corsera che ha svelato la notizia, parla di un errore del software di oltre dieci anni fa. Tuttavia il problema è ancora oggi difficilmente circoscrivibile. Così come le ripercussioni finanziarie
Abbonati Telecom a propria insaputa. E’ accaduto a migliaia di consumatori che, riferisce il Corriere della Sera, sono risultati intestatari di utenze telefoniche con un doppio risvolto. Quello per cui erano considerati morosi e quello giudiziario per cui risultavano nella banca dati utilizzata dalla magistratura per le intercettazioni. Vicenda per cui Telecom parla di una “pregressa anomalia software“, ma che al momento è già costata al gruppo delle telecomunicazioni una censura del Garante della Privacy accompagnata dalla promessa di sanzioni amministrativa oltre che dall’imposizione di una “bonifica degli errori nel sistema informatico”, di “apposite annotazioni che lascino traccia nella banca dati giudiziaria” e avviso agli “utenti interessati”.
La vicenda è venuta a galla grazie al reclamo di un abbonato inconsapevole che, inseguito dalle società di recupero crediti, ha scoperto che il suo codice fiscale era associato a ben 826 telefoni. Secondo Telecom il caso è imputabile al cambio di sistema gestionale che risale addirittura ai primi anni duemila. E a distanza di quasi 15 anni il problema sembra ben lontano da una soluzione. Da un’ispezione del Garante della Privacy di fine 2016, riferisce ancora il Corsera, emerge che le intestazioni non corrispondenti alla realtà “hanno interessato un novero più ampio di clienti, allo stato non precisamente delimitabile“. Anomalie di cui “la società non è stata in grado di dar conto”, tanto che, scrive sempre il Corriere, “lo scorso 25 gennaio il Garante lancia un altro campione, stavolta sui codici fiscali associati a più di 5 telefoni: già così affiorano disallineamenti (nei dati di intestatario-cliente-fatture) «riguardanti 644 clienti complessivamente intestatari di oltre 7.000 linee». Numero per difetto: non solo perché bisognerebbe vedere anche gli ignari intestatari da 5 linee in giù, e non solo perché non sono compresi gli elenchi di San Marino, ma soprattutto perché la società spiega che analoghe verifiche «non sono praticabili per clienti non più Telecom Italia qualora il cliente sia passato ad altro operatore»”.
E se il Garante lamenta tra il resto che “quelle volte in cui Telecom su reclamo di qualcuno ha aggiornato i dati reali, per esempio volturando la linea, non ha però annotato che prima ci fosse stato un errore”, resta da capire se e in che termini l’errore si è riflesso anche sui bilanci della società e come sia stato corretto.
Dal canto suo il gruppo di telecomunicazioni fa sapere “di aver già avviato specifiche azioni finalizzate a rafforzare i nuovi sistemi di gestione a favore della tutela dei dati personali dei propri clienti”. Il piano messo in campo da Tim, si legge in una nota “ha permesso di superare progressivamente le anomalie riscontrate in alcuni sistemi informatici non più in uso che, in passato, non hanno consentito di abbinare correttamente i dati personali di alcuni clienti”. La societa’ conclude tuttavia annunciando che “proseguirà nelle attività di monitoraggio al fine di sanare eventuali anomalie residue“.
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Politica
Tajani: “L’Italia non userà fondi di coesione per comprare armi”. Si spacca il Pd: chi sta con Schlein
Roma, 6 mar. (Adnkronos) - "In un mutato e minaccioso quadro internazionale, il piano Ue per la difesa è per i Socialisti e Democratici europei un primo importante passo per assicurare il necessario sostegno all’Ucraina e la sicurezza dei nostri cittadini. A Bruxelles siamo al lavoro perché dal Parlamento venga una spinta forte nella direzione della condivisione e del coordinamento degli investimenti, verso una vera difesa comune europea". Lo scrive sui social l'eurodeputato Pd, Giorgio Gori.
Roma, 6 mar. (Adnkronos) - "La linea del Partito Socialista Europeo è chiara, netta ed inequivocabile: il ReArm Europe è un atto iniziale importante per la creazione di una difesa comune europea". Lo scrive la vicepresidente del Parlamento Ue, Pina Picierno del Pd, sui social.
"Non c’è nessuna rincorsa bellicista, nessuna distruzione del welfare e di quanto con fatica abbiamo costruito dopo la pandemia ma solo la necessità di rendere più sicuro il nostro continente e le nostre democrazie. Cosi come fu per il NextGenerationEu siamo davanti ad una svolta storica per l’Unione Europea che punterà su indipendenza strategica, acquisti comuni e innovazione".
Roma, 6 mar. (Adnkronos) - “Per la difesa europea servono investimenti comuni in sicurezza, una sola politica estera, economia forte e società coesa, serve un vero salto di qualità verso gli Stati Uniti d’Europa. Di fronte alle minacce che si profilano bisogna sostenere le nostre capacità di difesa nel modo più credibile, senza frammentare le spese tra gli Stati e neanche dando ancora soldi all’America come vorrebbe Trump. Il punto di vista portato dalla segretaria Schlein al vertice del Pse è stato ascoltato ed è positivo l’accordo dei socialisti europei sui fondi di coesione. Il Pd indica una strada di fermezza, consapevolezza e responsabilità sociale, senza farsi distrarre da alcun richiamo”. Lo dichiara Debora Serracchiani, componente della segreteria nazionale del Partito democratico.
Roma, 6 mar. (Adnkronos) - "Decidere maggiori investimenti per rendere più sicuro e protetto il nostro continente è una scelta non più rinviabile. La difesa europea è un pilastro fondamentale della nostra autonomia strategica. Non possiamo avere tentennamenti su questo obiettivo. La discussione non è sul se, ma sul come arrivarci". Così Alessandro Alfieri, capogruppo Pd in commissione Esteri e Difesa a Palazzo Madama.
"In questi giorni i nostri a Bruxelles stanno facendo un lavoro prezioso per evitare che si utilizzino i fondi di coesione per finanziare spese militari e per incentivare, attraverso gli strumenti europei vecchi e nuovi, le collaborazioni industriali e gli acquisti comuni fra Paesi Europei, l’interoperabilità dei sistemi e i programmi sugli abilitanti strategici (spazio, cyber, difesa aerea, trasporto strategico). In questo quadro, va salutato positivamente che dopo il Next Generation si consolidi l’idea di emettere debito comune per finanziare un bene pubblico europeo come la difesa".
"Anche perché sarà per noi meno complicato continuare la nostra battaglia per estenderlo agli altri pilastri dell’autonomia strategica, a partire dalle politiche per accompagnare la transizione ecologica e digitale. Un passo importante quindi, come sottolineato dal nostro gruppo a Bruxelles, a cui certamente ne dovranno seguire altri se si vuole davvero rafforzare la nostra difesa comune”.
Roma, 6 mar. (Adnkronos) - "L’Unione Europea si trova a un bivio: o si presenta unita o rischia la marginalità politica. La guerra in Ucraina, e l’attuale voltafaccia americano, hanno reso evidente l’urgenza di una politica di difesa comune che non può essere frenata dagli interessi delle singole nazioni". Così l'eurodeputato Pd, Pierfrancesco Maran. "Una Difesa progressivamente comune perché, agendo come 27 eserciti nazionali, rischiamo l’impotenza".
"Oggi è necessario un passaggio di fase che aumenti gli investimenti volti a garantire una deterrenza da nuova aggressioni russe dopo il disimpegno americano ma anche a rendere più omogenea la difesa europea, con forniture simili, riducendo le duplicazioni di spese tra paesi e le inefficienze. L’Unione Europea deve dotarsi di una propria architettura di sicurezza, capace di garantire responsività e affermarsi come attore decisivo nello scenario internazionale".
"L’iniziativa della presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen, al di là del nome infelice 'RearmEU', è un primo passo in questa direzione. Va tuttavia integrata e sviluppata identificando con chiarezza quali sono le linee di spesa utilizzate, in che modo questo aiuto può supportare immediatamente l’Ucraina, come si intende sostenere una crescente produzione industriale europea nell’ottica di arrivare ad una vera interoperabilità e difesa comune".
Roma, 6 mar (Adnkronos) - "Penso che sia l’ennesimo episodio di antisemitismo che vuole legare la guerra in Medio oriente all’insulto alla memoria della Shoah. È terribile". Lo dice all'Adnkronos il segretario di Sinistra per Israele Emanuele Fiano a proposito del ritrovamento nel cantiere del museo della Shoah a Roma di escrementi, una testa di maiale e scritte che ricordano i morti a Gaza oltre ad alcuni volantini pro Palestina sono. Sull'episodio indaga la Digos.
Roma, 6 mar (Adnkronos) - "La sinistra". Lo scrive su Twitter il senatore del Pd Filippo Sensi rilanciando un post di Pedro Sanchez in cui, a margine del Consiglio europeo straordinario, il premier spagnolo tra l'altro dice: "Oggi dobbiamo mandare un messaggio chiaro ai cittadini: l’Europa è molto più potente di quanto pensiamo. Nessuno minaccerà la nostra pace, la nostra sicurezza o la nostra prosperità".