di Martina Costantino * e Carlo Facile **
A molti, individui o popoli, può accadere di ritenere, più o meno consapevolmente, che “ogni straniero è nemico”. Per lo più questa convinzione giace in fondo agli animi come una infezione latente; si manifesta solo in atti saltuari e incoordinati, e non sta all’origine di un sistema di pensiero. Ma quando questo avviene, quando il dogma inespresso diventa premessa maggiore di un sillogismo, allora, al termine della catena, sta il Lager – Primo Levi.
Proviamo a metterci nei panni dell’altro. È probabile che non volessimo “emigrare” con un progetto per specifiche ambizioni professionali o, semplicemente, pensando che è meglio fare il barista in regola nell’uggiosa Londra, invece che al sole del Mediterraneo, ma in nero. Noi stiamo solo fuggendo da un predatore con diversi nomi: guerra, fame, integralismo, povertà, intolleranza.
Quando abbiamo finito di correre (di nuotare), “sbarchiamo” e ci troviamo finalmente in Italia, in Europa, dopo aver rischiato la vita per raggiungerla (dopotutto, dal luogo in cui veniamo la nostra vita non ha poi così valore). Giunti qui, ci fanno raccontare sommariamente la nostra storia e formalizziamo la domanda di protezione internazionale; veniamo quindi inviati in un centro di accoglienza e, intanto, ci dicono che possiamo iniziare lavorare (se qualcuno ci vuole) grazie ad un permesso di soggiorno provvisorio. Dopo mesi, siamo interrogati da una commissione territoriale che decide se riconoscerci lo status di rifugiati o accordarci la protezione sussidiaria o, infine, un permesso di soggiorno per ragioni umanitarie; oppure, non ci riconoscono nulla e, quindi, andiamo in Tribunale. O forse non più.
Il 12 aprile scorso, il decreto legge 13/2017 – il cosiddetto decreto Minniti-Orlando – è divenuto legge e ha riformato in modo sostanziale la disciplina per la valutazione delle domande di protezione internazionale. Il provvedimento sarebbe sorto per combattere l’immigrazione clandestina e accelerare le procedure dei richiedenti asilo, dal momento che i ricorsi dinanzi ai tribunali sono aumentati notevolmente. Si scrive “sarebbe” perché, a livello giuridico, è difficile da giustificare: risulta piuttosto una spietata compressione dei diritti dell’individuo.
Premessa: le commissioni territoriali valutano congruamente solo i casi più eclatanti e manifesti di richieste di asilo. Per gli altri, l’esame spesso è superficiale e il giudizio si gioca sulle apparenti contraddizioni o omissioni dello straniero, il quale non si rende realmente conto del contesto in cui si trova e finisce per soccombere in quello che si risolve in un confronto dialettico con l’esaminatore. Ecco l’importanza di poter ricorrere a un giudice che ascolti nuovamente l’interessato facendogli nuove domande. In questo modo, il giudice si forma correttamente il suo convincimento, qualunque esso sia, e motiva la sua decisione.
Il decreto Minniti-Orlando elimina il dovere del giudice di ascoltare lo straniero e limita la sua indagine al solo verbale di audizione redatto in commissione, lo stesso verbale sulla base del quale proprio la commissione ha rigettato la domanda del migrante. L’interrogatorio in udienza diviene solo eventuale e c’è da chiedersi quanti saranno i giudici che, a loro volta gravati di molti casi, vorranno disporlo. A coronamento di ciò, è prevista la soppressione del ricorso in appello.
Il diritto ad essere ascoltato è principio costituzionalmente garantito ai fini del pieno espletamento del diritto di difesa, così come garantito dalla convenzione europea dei diritti dell’uomo, in linea generale, all’articolo 6 Cedu. Il “right to be heard”, poi, è sancito con particolare riferimento ai procedimenti per il riconoscimento e la revoca dello status di rifugiato dagli articoli 12 e seguenti della direttiva 2005/85/Consiglio europeo, che disciplina la materia sul punto.
Il decreto Minniti-Orlando solleva quindi non solo questioni di costituzionalità rispetto all’ordinamento giuridico interno, ma anche possibili contrasti con la normativa dell’Unione. Si assiste al seguito di un iter disastroso iniziato con il Jobs Act: si manomette l’ordinamento (che è lì a tutela di tutti) per rendere le cose più rapide e flessibili. A quale costo? Quello di elidere i diritti delle persone (italiane, straniere, lavoratori e non). È davvero questo il progresso a cui il nostro Paese vuole aspirare? La risposta dovrebbe essere una sola: no.
Chi giunge da noi non si aspetta l’Eldorado, ma almeno un luogo in cui i diritti umani contano e, soprattutto, spera di non essere disprezzato per colpe che non ha. Queste persone si incamminano senza nient’altro che la speranza di raggiungere l’Italia, l’Europa.
Invece, le molteplici reazioni alla manifestazione milanese del 20 maggio hanno dimostrato una diffusa incapacità di comprendere proprio questo. Le difficoltà contingenti non dovrebbero mai portare a svilire la dignità degli altri, dando sfogo ai peggiori istinti di rivalsa verso chi non ha nulla e non ci toglie nulla.
* Laureata in legge presso l’Università Commerciale L. Bocconi e appassionata di diritto sindacale. Ho da poco avuto la possibilità di scendere “in campo” – grazie all’esperienza di praticantato che sto svolgendo presso lo studio legale Rosiello di Milano – e approfondire le tematiche sui diritti a tutela dei lavoratori, imprenscindibili per un sano svolgimento del rapporto lavorativo.
** Avvocato giuslavorista, mi sono formato ed esercito la professione a Milano. Mi sono dedicato al diritto del lavoro per scelta e ho avuto modo di affrontarlo sia dal punta di vista dei lavoratori che da quello dei datori di lavoro, convinto della sua rilevanza sociale e della diretta ripercussione dei suoi effetti sulla vita e sulle aspettative delle persone.
Area pro labour
Giuristi per il lavoro
Diritti - 24 Maggio 2017
Legge Minniti-Orlando ovvero una spietata compressione dei diritti umani
di Martina Costantino * e Carlo Facile **
A molti, individui o popoli, può accadere di ritenere, più o meno consapevolmente, che “ogni straniero è nemico”. Per lo più questa convinzione giace in fondo agli animi come una infezione latente; si manifesta solo in atti saltuari e incoordinati, e non sta all’origine di un sistema di pensiero. Ma quando questo avviene, quando il dogma inespresso diventa premessa maggiore di un sillogismo, allora, al termine della catena, sta il Lager – Primo Levi.
Proviamo a metterci nei panni dell’altro. È probabile che non volessimo “emigrare” con un progetto per specifiche ambizioni professionali o, semplicemente, pensando che è meglio fare il barista in regola nell’uggiosa Londra, invece che al sole del Mediterraneo, ma in nero. Noi stiamo solo fuggendo da un predatore con diversi nomi: guerra, fame, integralismo, povertà, intolleranza.
Quando abbiamo finito di correre (di nuotare), “sbarchiamo” e ci troviamo finalmente in Italia, in Europa, dopo aver rischiato la vita per raggiungerla (dopotutto, dal luogo in cui veniamo la nostra vita non ha poi così valore). Giunti qui, ci fanno raccontare sommariamente la nostra storia e formalizziamo la domanda di protezione internazionale; veniamo quindi inviati in un centro di accoglienza e, intanto, ci dicono che possiamo iniziare lavorare (se qualcuno ci vuole) grazie ad un permesso di soggiorno provvisorio. Dopo mesi, siamo interrogati da una commissione territoriale che decide se riconoscerci lo status di rifugiati o accordarci la protezione sussidiaria o, infine, un permesso di soggiorno per ragioni umanitarie; oppure, non ci riconoscono nulla e, quindi, andiamo in Tribunale. O forse non più.
Il 12 aprile scorso, il decreto legge 13/2017 – il cosiddetto decreto Minniti-Orlando – è divenuto legge e ha riformato in modo sostanziale la disciplina per la valutazione delle domande di protezione internazionale. Il provvedimento sarebbe sorto per combattere l’immigrazione clandestina e accelerare le procedure dei richiedenti asilo, dal momento che i ricorsi dinanzi ai tribunali sono aumentati notevolmente. Si scrive “sarebbe” perché, a livello giuridico, è difficile da giustificare: risulta piuttosto una spietata compressione dei diritti dell’individuo.
Premessa: le commissioni territoriali valutano congruamente solo i casi più eclatanti e manifesti di richieste di asilo. Per gli altri, l’esame spesso è superficiale e il giudizio si gioca sulle apparenti contraddizioni o omissioni dello straniero, il quale non si rende realmente conto del contesto in cui si trova e finisce per soccombere in quello che si risolve in un confronto dialettico con l’esaminatore. Ecco l’importanza di poter ricorrere a un giudice che ascolti nuovamente l’interessato facendogli nuove domande. In questo modo, il giudice si forma correttamente il suo convincimento, qualunque esso sia, e motiva la sua decisione.
Il decreto Minniti-Orlando elimina il dovere del giudice di ascoltare lo straniero e limita la sua indagine al solo verbale di audizione redatto in commissione, lo stesso verbale sulla base del quale proprio la commissione ha rigettato la domanda del migrante. L’interrogatorio in udienza diviene solo eventuale e c’è da chiedersi quanti saranno i giudici che, a loro volta gravati di molti casi, vorranno disporlo. A coronamento di ciò, è prevista la soppressione del ricorso in appello.
Il diritto ad essere ascoltato è principio costituzionalmente garantito ai fini del pieno espletamento del diritto di difesa, così come garantito dalla convenzione europea dei diritti dell’uomo, in linea generale, all’articolo 6 Cedu. Il “right to be heard”, poi, è sancito con particolare riferimento ai procedimenti per il riconoscimento e la revoca dello status di rifugiato dagli articoli 12 e seguenti della direttiva 2005/85/Consiglio europeo, che disciplina la materia sul punto.
Il decreto Minniti-Orlando solleva quindi non solo questioni di costituzionalità rispetto all’ordinamento giuridico interno, ma anche possibili contrasti con la normativa dell’Unione. Si assiste al seguito di un iter disastroso iniziato con il Jobs Act: si manomette l’ordinamento (che è lì a tutela di tutti) per rendere le cose più rapide e flessibili. A quale costo? Quello di elidere i diritti delle persone (italiane, straniere, lavoratori e non). È davvero questo il progresso a cui il nostro Paese vuole aspirare? La risposta dovrebbe essere una sola: no.
Chi giunge da noi non si aspetta l’Eldorado, ma almeno un luogo in cui i diritti umani contano e, soprattutto, spera di non essere disprezzato per colpe che non ha. Queste persone si incamminano senza nient’altro che la speranza di raggiungere l’Italia, l’Europa.
Invece, le molteplici reazioni alla manifestazione milanese del 20 maggio hanno dimostrato una diffusa incapacità di comprendere proprio questo. Le difficoltà contingenti non dovrebbero mai portare a svilire la dignità degli altri, dando sfogo ai peggiori istinti di rivalsa verso chi non ha nulla e non ci toglie nulla.
* Laureata in legge presso l’Università Commerciale L. Bocconi e appassionata di diritto sindacale. Ho da poco avuto la possibilità di scendere “in campo” – grazie all’esperienza di praticantato che sto svolgendo presso lo studio legale Rosiello di Milano – e approfondire le tematiche sui diritti a tutela dei lavoratori, imprenscindibili per un sano svolgimento del rapporto lavorativo.
** Avvocato giuslavorista, mi sono formato ed esercito la professione a Milano. Mi sono dedicato al diritto del lavoro per scelta e ho avuto modo di affrontarlo sia dal punta di vista dei lavoratori che da quello dei datori di lavoro, convinto della sua rilevanza sociale e della diretta ripercussione dei suoi effetti sulla vita e sulle aspettative delle persone.
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Roma, 12 mar (Adnkronos) - "Il voto sofferto che ha per fortuna escluso il “no” ma che ha diviso il gruppo dei democratici in Europa oggi ci impone di aprire subito nel partito quel confronto e quella discussione che non si sono svolte nei giorni immediatamente successivi alla crisi internazionale e precedenti la proposta Von Der Leyen. Il partito democratico ha bisogna di discutere e questo non è avvenuto abbastanza". Lo dice la senatrice dem Sandra Zampa.
"Quando ci si deve confrontare con una questione così grande quale è oggi il tema della sicurezza dell’Europa, delle generazioni future, della pace e di come la si garantisce, del rapporto con il resto della famiglia socialista in Europa, si deve avere la pazienza e la disponibilità di discutere. Non si può dire che lo si è fatto in una direzione che aveva all’odg diverse questioni e che è durata tre ore", prosegue.
"Lo dico senza nessun intento polemico nei confronti della segretaria del Pd ma io penso seriamente che il confronto sia stato insufficiente e che possiamo correggere ancora il tiro convocando una sessione di lavoro sull’Europa: su cosa accade, sugli scenari, sulle scelte che ci attendono. Non penso a congressi tematici ma a una grande iniziativa che faccia comprendere lo scenario nel quale saremo chiamati a fare scelte”, conclude.
Roma, 12 mar (Adnkronos) - "La corsa al riarmo dei singoli Stati indebolisce l'unità politica dell'Europa e la possibilità che essa intervenga autorevolmente nell'attuale crisi internazionale per una pace giusta, di cui l'Ucraina ha un vitale bisogno. Crea, inoltre, un clima guerresco artificioso, che allarma i cittadini e ingigantisce pericoli di attacchi al proprio territorio, attualmente improbabili. Rinuncia, di fatto, a perseguire vie ragionevoli, diplomatiche, storicamente equilibrate, che dovrebbero essere il sale della politica del più civile tra i continenti, dal Dopoguerra ad oggi". Lo dice Goffredo Bettini, dirigente nazionale del Pd e già eurodeputato, sul voto al Parlamento europeo.
"Il Pd, con argomenti pacati, con compostezza e serietà, si è distinto nel Parlamento Europeo. Astenendosi da una risoluzione finale che conteneva l'approvazione del piano di riarmo della von der Leyen. Un atto di coraggio e di coerenza, che parla a tanti cittadini, e in particolare alle profondissime preoccupazioni della stragrande maggioranza del mondo cattolico, rispetto al futuro dell'umanità. Un atto che va valorizzato e difeso fino in fondo", aggiunge Bettini.
Roma, 12 mar. - (Adnkronos) - "Io non ho dubbi che il percorso sull'integrazione della difesa sia necessario" e "la proposta della Commissione Europea, è una proposta secondo me interessante".
Così l'ex presidente del Consiglio e Decano IeE School of Politics, Economics and Global Affairs Ie University Enrico Letta al LetExpo in corso a Verona aggiungendo che "quello che sta avvenendo oggi non deve limitarsi alla difesa, deve essere esteso all'economia reale".
Per Letta "in questo momento c'è bisogno di un'Europa integrata e che sia soprattutto in grado di reagire bene a quella che è chiaramente un'offensiva molto forte, sia dal punto di vista commerciale ed economico che dal punto di vista della sicurezza. Questo vuol dire che l'Europa deve integrarsi, deve essere più unita, deve essere capace di rispondere meglio, deve avere la dimensione sufficiente per stare al livello degli americani e dei cinesi, e questa dimensione non è quella nazionale".
Roma, 12 mar. (Adnkronos/Labitalia) - "L’evento di oggi riguarda tre temi importanti per l'inclusione sociale: la diversity, la parità e il lavoro. In particolare sarà fatta un una disamina di quello che è lo stato attuale della situazione su questi tre temi sia dal punto di vista interno dell'istituto sia dal punto di vista dell’aspetto comunicativo e relazionale con tutti gli stakeholder esterni su queste tre tematiche". E' quanto ha dichiarato la consigliera di amministrazione dell’Inps Micaela Gelera a margine del convegno 'Diversità, pari opportunità e lavoro: diritti e nuove sfide' tenutosi alla sede Inps di Palazzo Wedekind a Roma.
Roma, 12 mar. (Adnkronos/Labitalia) - “È un piacere oggi occuparsi di una tematica molto attuale come la parità di genere. È fondamentale affrontare questo tema con efficacia e in modo pragmatico. Stiamo valutando vari strumenti come i nidi condominiali, forme di assistenza pratica che servono subito alla famiglia e al datore di lavoro". E' quanto ha dichiarato il presidente dell’Inps Gabriele Fava a margine del convegno 'Diversità, pari opportunità e lavoro: diritti e nuove sfide', tenutosi alla sede Inps di Palazzo Wedekind a Roma.
Venezia, 12 mar. (Adnkronos/Labitalia) - "Ringrazio per avermi invitato a partecipare a LetExpo, tanto più in questo panel dedicato alle opportunità per i talenti di domani, perché l'idea di poter collaborare alla creazione di un mondo del lavoro migliore è quella che oltre due anni fa mi ha spinto ad accettare l'incarico come ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali. Un saluto anche al presidente di Rete Its Italia, Guido Torrielli. Proprio sulla formazione tecnica ci siamo fortemente impegnati nella consapevolezza che la domanda di competenze in quest'ambito sia in crescita costante anche per effetto delle transizioni in corso". Così la ministra del Lavoro e delle Politiche sociali, Marina Elvira Calderone, in un video messaggio inviato fiera Letexpo.
Secondo Calderone, "una tipologia di formazione che si sta rivelando capace di rispondere alle esigenze delle imprese e per preparare i giovani alle sfide del futuro in contatto diretto col mondo delle imprese, perché l'innovazione con cui tutti noi ci confrontiamo può essere declinata in varie forme, ma sono convinta racchiuda un bacino di opportunità da indagare, conoscere e sperimentare, una sfida costante per tutti noi e ancora di più per i giovani che si affacciano ora al mondo del lavoro", ha sottolineato. "Tra le opportunità che l'innovazione ci consegna c'è per esempio quella di ridurre le distanze come ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali. Lo stiamo per esempio vedendo attraverso la piattaforma Siisl, un esempio concreto di come la tecnologia possa permetterci di costruire un ufficio del lavoro capace di entrare nelle case delle persone, aumentare attraverso l'intelligenza artificiale il matching tra le competenze cercate dalle imprese e quelle in disponibilità dei lavoratori", ha spiegato.
Calderone ha ricordato che "dallo scorso dicembre tutti i cittadini e le imprese possono accedere per caricare i propri curricula o le proprie ricerche di personale e i primi dati sono risultati estremamente incoraggianti. 840.000 cittadini iscritti attivabili al lavoro, 450.000 curriculum vitae caricati in piattaforma, ben 500.000 cittadini attivati e 50.000 cittadini assunti con contratto di lavoro dipendente. Mi auguro quindi che questo vostro evento possa essere un'occasione per discutere, trovare forme di collaborazione, per promuovere modelli sostenibili e innovativi anche nel settore dei trasporti, della logistica e dei servizi alle imprese", ha concluso.
Roma, 12 mar. (Adnkronos/Labitalia) - "Il bonus nido è importante in particolare per le donne perchè è un aiuto reale. Io sono per una genitorialità condivisa, che tutti i congedi siano paritari ma il bonus nido oggi per le donne è una misura che aiuta. Io sono convinta che se si fanno più asili nido, se si danno più bonus nido, si aiutano le donne a non dimettersi dal lavoro". Lo ha detto Maria Luisa Gnecchi, consigliera di amministrazione Inps, intervenendo al convegno dell'Istituto 'Diversity, pari opportunità e lavoro: diritti e nuove sfide'.