Il naufragio era “ampiamente prevedibile”. Con questa motivazione – come riporta l’Espresso – il giudice per le indagini preliminari Agrigento, Francesco Provenzano, ha respinto il 12 maggio scorso la richiesta di archiviazione e ordinato l’imputazione coatta per il reato di omicidio con dolo eventuale di quattro ufficiali in servizio l’11 ottobre 2013 quando una nave di migranti affondò senza che nessuno accorresse in loro aiuto: 268 le vittime e 60 erano bambini. Oltre la tenente di vascello Catia Pellegrino, allora comandante della nave Libra, i due tenenti di vascello della sala operativa della Guardia costiera, Clarissa Torturo, e Antonio Miniero, e il comandante in capo del Cincnav, il centro operativo della Marina militare, ancora da identificare. Il gip ha contestualmente trasferito l’indagine per competenza territoriale a Roma.
L’ordinanza del giudice è arrivata dopo quattro giorni dopo la pubblicazione del videoracconto sul sito de L’Espresso con le disperate richieste di aiuto di un medico siriano che nel naufragio ha perso due figli. Un’altra tragedia arrivata a solo sette giorni dal naufragio di Lampedusa con 366 morti. Per il giudice non corrisponde al vero che l’imbarcazione si trovasse in acque territoriali maltesi. “Era – si legge sul sito de L’Espresso – a oltre cento miglia dall’isola. Si trovava invece nell’area “Sar” di Malta, l’acronimo inglese che significa ricerca e soccorso”.
Il giudice nel provvedimento osserva che l’articolo 98 della Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare recita che “Ogni Stato deve esigere che il comandante di una nave che batte la sua bandiera, nella misura in cui gli sia possibile… presti soccorso a chiunque sia trovato in mare in condizioni di pericolo e proceda quanto più velocemente è possibile al soccorso delle persone in pericolo, se viene a conoscenza del loro bisogno di aiuto”. La nave Libra poteva intervenire “e in tempo utile ad evitare l’annegamento di 300 persone, ma tale soccorso non si è attivato”. Inoltre secondo il magistrato la centrale operativa di Roma della Guardia costiera “era ben a conoscenza del dato che tra Malta e l’Italia non vi era un accordo per l’esatta individuazione delle zone Sar di competenza previste dalla Convenzione di Amburgo; ben sapeva che in altre occasioni Malta, a causa dell’eccessiva estensione della zona Sar che si era attribuita, aveva fatto mancare il proprio intervento… L’evento tragico era quindi ampiamente prevedibile e rappresentabile, ma non ci si è attivati adeguatamente, accettando quindi che si potesse verificare l’epilogo tragico collettivo come poi è avvenuto. Tale circostanza configura l’ipotesi del dolo eventuale che si innesta sulla causazione dell’evento ai sensi dell’articolo 40 secondo comma del codice penale”.