“Noi difendiamo l’italiano ma il governo non fa nulla”. A tre mesi dall’appello dei 600 docenti universitari che avevano lanciato l’allarme sulle carenze linguistiche dei loro studenti, una rappresentanza di firmatari e il Gruppo di Firenze per la scuola del merito e della responsabilità tornano alla carica delusi, rammaricati perché la loro chiamata è caduta nel vuoto. Sabato al liceo classico “Tasso” si ritroveranno per denunciare pubblicamente l’assenza di risposte da parte del governo in merito al problema sollevato.

I 600, nel testo che a febbraio aveva aperto un gran dibattito, non erano stati per nulla teneri: “È chiaro ormai da molti anni – avevano scritto – che alla fine del percorso scolastico troppi ragazzi scrivono male in italiano, leggono poco e faticano a esprimersi oralmente. Da tempo i docenti universitari denunciano le carenze linguistiche dei loro studenti (grammatica, sintassi, lessico), con errori appena tollerabili in terza elementare. A fronte di una situazione così preoccupante il governo del sistema scolastico non reagisce in modo appropriato, anche perché il tema della correttezza ortografica e grammaticale è stato a lungo svalutato sul piano didattico più o meno da tutti i governi”.

Parole a cui erano seguite proposte concrete: la necessità di una revisione delle indicazioni nazionali; la partecipazione di docenti delle medie e delle superiori rispettivamente alla verifica in uscita dalla primaria e all’esame di terza media; l’introduzione di verifiche nazionali periodiche durante gli otto anni del primo ciclo ovvero dettati ortografici, riassunti, conoscenza del lessico, analisi grammaticale e scrittura corsiva a mano. Soluzioni di cui si è parlato per settimane sui media nazionali ma non nei palazzi. La lettera dei 600 era indirizzata al presidente del consiglio, alla ministra dell’Istruzione e al parlamento ma nessuno ha risposto al mittente.

“Sembrava che la ministra Valeria Fedeli ci volesse ricevere ma invece nulla. E’ nato un dibattito utile ma non si è presa alcuna direzione. Vogliamo – spiega Giorgio Razzini del Gruppo di Firenze – che il Miur assuma un ruolo, che non ha mai avuto, di orientamento e di verifica del lavoro fatto. Se nelle indicazioni c’è scritto che ci sono dei traguardi vanno verificati. Oggi manca questo strumento di verifica delle competenze di base”. I 600 difensori dell’italiano pensano a delle prove confrontabili, ad un sistema di valutazione sulle competenze di base. Lo avevano scritto anche a febbraio e ora lo vogliono ribadire con forza: “Siamo convinti che l’introduzione di momenti di seria verifica durante l’iter scolastico sia una condizione indispensabile per l’acquisizione e il consolidamento delle competenze di base. Questi momenti costituirebbero per gli allievi un incentivo a fare del proprio meglio e un’occasione  per abituarsi ad affrontare delle prove, pur senza drammatizzarle, mentre gli  insegnanti avrebbero finalmente dei chiari obiettivi comuni a tutte le scuole a cui finalizzare una parte significativa del loro lavoro”. Sabato dal liceo classico “Tasso” di Roma rilanceranno la loro provocazione nella speranza che stavolta venga colta da chi siede al governo.

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