Ore di fibrillazione, aspettando Godot. Poi, quando le 22 sono già passate, l’attesa finisce: il governo svela le carte sulla questione dei voucher. Libretto di famiglia per i lavori domestici e contratto di prestazione occasionale per le imprese. Queste le novità sostanziali contenute nell’emendamento presentato alla Camera, in una commissione Bilancio riunita fino a tarda serata, dal relatore del Pd, Mauro Guerra, che s’incarica di presentare un testo elaborato d’intesa tra i dem e i tecnici di Palazzo Chigi. Ciò che emerge, da una prima lettura del testo, è che le differenze ci sono, è vero, rispetto alla normativa precedente. Ma che al contempo restano alcune delle storture più a lungo denunciate dalla Cgil (e non solo) rispetto ai precedenti buoni lavoro, aboliti a metà marzo per decreto. E soprattutto resta – ed è il dato politico più importante – la possibilità per le imprese di ricorrere ai “nuovi voucher”: tanto che i deputati di Articolo 1 – Mdp, subito dopo la distribuzione del dossier, si limitano a una rapida analisi e poi, laconici, sentenziano: “Nessuna marcia indietro. Per noi, dunque, è invotabile”.
Dal punto di vista tecnico, la questione che riguarda i lavori domestici è senz’altro la più agevole. La proposta – una riscrittura, di fatto, dell’emendamento elaborato dalle deputate renziane Titti Di Salvo, Irene Tinagli e Alessia Rotta – prevede l’istituzione di un libretto famiglia per i lavoretti privati (giardinaggio, ripetizioni, baby-sitting) con tagliandi telematici da 10 euro l’ora. Per quanto riguarda le aziende, invece, si parla di un mini-contratto occasionale, con una paga oraria minima di 9 euro a cui si aggiungono i contributi a carico del datore nella misura del 33% del compenso e i premio assicurativo contro gli infortuni.
Non tutte le aziende potranno far ricorso al nuovo contratto occasionale: sono escluse quelle con oltre 5 lavoratori subordinati a tempo indeterminato (e dunque non tutte quelle con 5 dipendenti), e quelle del settore edilizio e minerario. Fuori anche le imprese esecutrici di appalti di opere e servizi. Via libera, invece, per la Pubblica amministrazione, che potrà usufruire del nuovo strumento anche se esclusivamente per esigenze temporanee, quali eventi o manifestazioni sportive, o eccezionali, come emergenze dovute a calamità naturali.
La differenza più sostanziale rispetto ai “vecchi” voucher sta nei limiti d’utilizzo. Viene infatti stabilito un tetto massimo che vale sia per il datore sia per il lavoratore: entrambi non potranno chiedere o effettuare prestazioni per un valore che superi i 5mila euro l’anno. Non solo: ciascun lavoratore potrà offrire prestazioni a un singolo committente fino a un massimo di 2.500 euro nel corso dello stesso anno. Superata quella soglia, per il datore scatterà l’obbligo di assumere il lavoratore a tempo indeterminato. Stesso discorso se, sempre nel corso di un anno, la collaborazione andrà oltre le 280 ore (pari a un compenso di poco più di 2.500 euro se il valore del buono sarà quello minimo, 9 euro): anche in quel caso, assunzione tassativa. Tutti limiti, questi, che non valgono per il settore agricolo, dove si prevede un utilizzo più ampio ma al contempo limitato solo alle figure deboli del mercato del lavoro: pensionati, disoccupati, studenti e persone che ricevono sussidi integrativi.
Rispetto al passato, dunque, i tetti sono ridotti: in precedenza, infatti, per l’azienda – di qualsiasi dimensione – non c’era alcun limite di utilizzo nel suo complesso, mentre per il lavoratore la somma massima percepibile in voucher in un anno era di 7mila euro (2mila dal singolo committente). E poi c’è il compenso per il lavoratore, che diventa è più alto: si passa da 7,50 euro netti a 9 euro l’ora, con un aumento anche della quota contributiva a carico del datore (dal 25% al 33%). Novità anche per quanto riguarda l’avvio delle prestazioni: non più tramite l’acquisto dal tabaccaio dei tagliandi, ma solo attraverso una procedura telematica sul portale dell’Inps. Le prestazioni occasionali, in ogni caso, non potranno essere inferiori alle 4 ore di durata, e il datore non potrà richiederle ad una persona che già lavora per la sua azienda, né a chi con quella stessa azienda ha cessato da meno di 6 mesi un rapporto di lavoro subordinato e di collaborazione coordinata e continuativa.
L’attesa dell’emendamento ha avuto ripercussioni non solo politiche, con una tensione crescente sia all’interno della maggioranza sia tra il governo e i vertici renziani del Pd. Le conseguenze sono anche tecniche: non è bastato, infatti, prolungare la seduta di ieri fino alla mezzanotte e oltre. La chiusura dell’esame della manovra in commissione Bilancio slitta inevitabilmente a lunedì prossimo, mentre l’approdo in aula del testo definitivo dovrebbe esserci martedì. E nel frattempo, lo scontro politico non sembra destinato a calmarsi.