Così come Barack Obama ratificò il trattato “Cop 21” sul clima, ora il suo successore, Donald Trump, si sente libero di “sfilarsi” dagli accordi di Parigi senza passare per il Congresso. I media d’oltreoceano lo danno ormai per certo, mentre Cina e Unione Europea annunceranno che continueranno a rispettare l’accordo di Parigi sui cambiamenti climatici. Venerdì saranno annunciati “dettagli sulle misure concrete di attuazione” dell’accordo.

L’accordo di Parigi è stato firmato da 175 Paesi il 22 aprile 2016, in occasione della Giornata Mondiale della Terra, alla sede delle Nazioni Unite a New York. Le regole per la sua entrata in vigore prevedevano che venisse ratificato da almeno 55 Paesi responsabili di più metà (almeno il 55%) delle emissioni di gas serra. L’Italia lo ha ratificato il 27 ottobre 2016, gli Usa il 3 settembre 2016, insieme alla Cina, alla vigilia del G20 ad Hangzhou. L’accordo “non è ancora entrato in vigore: è stato ratificato da tutti i Paesi ma le prime azioni inizieranno tra tre anni. Quello che parte subito, invece, è il finanziamento del fondo per il clima”, spiega Edoardo Zanchini, vicepresidente di Legambiente. Secondo Zanchini: “Trump potrebbe dire che quell’impegno per il futuro firmato dagli Usa non vale più; oppure potrebbe annunciare che non è disposto a mettere neanche un dollaro per il fondo sul clima; o ancora, fare un passo indietro rispetto alla convenzione quadro sul clima significherebbe far uscire gli Usa dal tavolo in cui si prendono le decisioni”.

La forza dell’accordo, in teoria, sta negli impegni presi dai quattro “principali inquinatori”: Europa, Cina, India e gli Stati Uniti, che ora potrebbero far vacillare i presupposti per l’accordo e gli obiettivi previsti.

Clima, in sei punti gli Accordi di Parigi, che Donald Trump vuole rompere

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