Ma davvero queste elezioni segnano l’inizio della fine del Movimento Cinque Stelle? Io avrei qualche dubbio. L’entusiasmo di Pd e centrodestra mi sembra prematuro e rischia di essere foriero di grosse delusioni alle Politiche nel 2018 o quando si voterà. Vediamo perché:
1. Ogni sconfitta locale ha la sua storia. A Parma il M5s ha preso il 3,15 con un candidato scelto senza Comunarie (per mancanza di sfidanti, dice lui), perdendo contro il proprio ex sindaco Federico Pizzarotti che ha preso il 34,6. Tradotto: il problema non è aver perso consensi, ma aver cacciato il candidato che li raccoglieva. I voti fuori da Pd e centrodestra che alle politiche potrebbero finire a M5s, nella sola Parma, sono comunque quasi il 40%. A Genova c’erano ben tre candidati M5s, uno cacciato durante il mandato, l’altra scelta da Comunarie on line con poche decine di iscritti e poi sostituita per diktat dall’alto (Marika Cassimatis che ha preso un trascurabile 1,06%). A Taranto il M5s è risultato soltanto una delle tante liste fuori dai partiti con il 10 per cento. A Palermo le già ridotte possibilità di vittoria sono state annichilite da faide interne a colpi di registrazioni nascoste e – prima – accuse di firme false. Sconfitte che indicano soprattutto l’incapacità della leadership nazionale di gestire i conflitti interni (è chiaro che gli elettori reagiscono male se chiedi di votare per un candidato che poi espelli) e di fare un po’ di tattica. Ma è difficile vederci un tracollo della fiducia nel Movimento o un “effetto Raggi”: nessuno ha mai pensato di votare M5s per la maggiore competenza del suo personale politico. I grillini vengono eletti per evitare di lasciare le città – o il Parlamento – agli altri partiti.
2. La partita nazionale è un’altra. Molti proiettano la fragilità locale dei Cinque Stelle a livello nazionale. Eppure tutti i sondaggi nazionali non sembrano aver affatto registrato questa onda lunga di malcontento. L’ultima rilevazione ufficiale di Demopolis per Otto e Mezzo (domande sottoposte al campione il 5 giugno) dava M5s come primo partito italiano al 29 per cento, seguito dal Pd al 28. A seguire il centrodestra (Lega 12,5, Forza Italia 12,4, Fratelli d’Italia 4,5). Il voto nazionale resta un voto di opinione, come ormai è diventato quello per il Pd di Matteo Renzi: si vota per rabbia o per mancanze di alternative, in alcuni casi anche con disperata fiducia, ma non ci sono pezzi di Paese organizzati e compatti dietro il M5s. Uno vale uno, almeno tra gli elettori. E fino a pochi giorni fa non si registrava alcun tracollo di popolarità dei grillini. Difficile pensare che in cinque giorni i supporter pentastellati si siano ricreduti. Più realistico ipotizzare che a livello locale e a livello nazionale gli elettori prendano le proprie decisioni sulla base di parametri diversi.
3. L’unica alternativa all’inciucio. Quello che Pd e Fi trascurano in queste ore di analisi del voto è il quadro politico radicalmente diverso tra Comuni e Parlamento. Nelle città maggiori c’è il ballottaggio, le grandi coalizioni non hanno senso. Uno schieramento e un candidato vincono, gli altri perdono. Questo spinge al bipolarismo, ad aggregare blocchi contrapposti. Il terzo polo pentastellato ha speranze soltanto se c’è una crisi di fiducia tale negli altri partiti da renderli irrilevanti. Oppure se la politica locale era egemonizzata da un solo partito (di solito Pd) che viene respinto dagli elettori a favore di M5s, ma a quel punto si ricrea uno schema bipolare. A livello nazionale la legge elettorale attuale spinge verso la grande coalizione Pd-centrodestra, a meno che qualcuno non coltivi davvero l’idea di arrivare al 40 per cento per avere il premio di maggioranza, scenario oggi incompatibile con i sondaggi. Se Pd e Forza Italia sono destinati a governare insieme, a prescindere da quanto fingano di contrapporsi in campagna elettorale, il Movimento Cinque Stelle avrà sempre una rendita di posizione enorme, come unico rifugio degli elettori ostili all’inciucio istituzionale (c’è anche la sinistra, ancora in formazione, ma che secondo un sondaggio del Fatto potrebbe arrivare al 16 per cento con i candidati giusti e una lista unica).
Tutto bene per Beppe Grillo e soci, quindi? Assolutamente no. I Cinque Stelle devono risolvere almeno tre problemi:
1) La selezione del proprio personale politico, sia a livello locale che nazionale: le Comunarie o Parlamentarie non bastano, nella prossima legislatura dovranno alzare la qualità dei parlamentari oppure sarà il caos anche e soprattutto nell’ipotesi che governino;
2) Devono trovare un candidato premier: più Luigi Di Maio si espone, meno risulta credibile, le sue dichiarazioni in materia di politica economica suscitano ilarità e sconcerto (trovare 19,6 miliardi per evitare l’aumento dell’Iva con la lotta alla corruzione…) e il fatto che il vicepresidente della Camera abbia la responsabilità formale degli enti locali lo rende il perfetto capro espiatorio del risultato delle Amministrative;
3) Devono imparare a gestire i conflitti interni: i grandi partiti – come ormai è il Movimento Cinque Stelle – hanno inevitabilmente maggioranze e minoranze al proprio interno, non si può pretendere l’unanimità. I diversi punti di vista devono poter convivere senza che la maggioranza abbia come solo modo di imporsi cacciare la minoranza.
Sono problemi grossi da risolvere. Ma è nell’interesse di tutti che i Cinque Stelle ci riescano. Il Movimento di Grillo non è finito con queste elezioni e potrebbe ancora governare il Paese nel 2018. Anche i suoi critici più radicali – soprattutto loro – devono augurarsi che ci arrivi in condizione da fare meno danni possibile.
Stefano Feltri
Giornalista
Politica - 12 Giugno 2017
Elezioni amministrative 2017, perché le voci sulla fine dei Cinque Stelle sono esagerate
Ma davvero queste elezioni segnano l’inizio della fine del Movimento Cinque Stelle? Io avrei qualche dubbio. L’entusiasmo di Pd e centrodestra mi sembra prematuro e rischia di essere foriero di grosse delusioni alle Politiche nel 2018 o quando si voterà. Vediamo perché:
1. Ogni sconfitta locale ha la sua storia. A Parma il M5s ha preso il 3,15 con un candidato scelto senza Comunarie (per mancanza di sfidanti, dice lui), perdendo contro il proprio ex sindaco Federico Pizzarotti che ha preso il 34,6. Tradotto: il problema non è aver perso consensi, ma aver cacciato il candidato che li raccoglieva. I voti fuori da Pd e centrodestra che alle politiche potrebbero finire a M5s, nella sola Parma, sono comunque quasi il 40%. A Genova c’erano ben tre candidati M5s, uno cacciato durante il mandato, l’altra scelta da Comunarie on line con poche decine di iscritti e poi sostituita per diktat dall’alto (Marika Cassimatis che ha preso un trascurabile 1,06%). A Taranto il M5s è risultato soltanto una delle tante liste fuori dai partiti con il 10 per cento. A Palermo le già ridotte possibilità di vittoria sono state annichilite da faide interne a colpi di registrazioni nascoste e – prima – accuse di firme false. Sconfitte che indicano soprattutto l’incapacità della leadership nazionale di gestire i conflitti interni (è chiaro che gli elettori reagiscono male se chiedi di votare per un candidato che poi espelli) e di fare un po’ di tattica. Ma è difficile vederci un tracollo della fiducia nel Movimento o un “effetto Raggi”: nessuno ha mai pensato di votare M5s per la maggiore competenza del suo personale politico. I grillini vengono eletti per evitare di lasciare le città – o il Parlamento – agli altri partiti.
2. La partita nazionale è un’altra. Molti proiettano la fragilità locale dei Cinque Stelle a livello nazionale. Eppure tutti i sondaggi nazionali non sembrano aver affatto registrato questa onda lunga di malcontento. L’ultima rilevazione ufficiale di Demopolis per Otto e Mezzo (domande sottoposte al campione il 5 giugno) dava M5s come primo partito italiano al 29 per cento, seguito dal Pd al 28. A seguire il centrodestra (Lega 12,5, Forza Italia 12,4, Fratelli d’Italia 4,5). Il voto nazionale resta un voto di opinione, come ormai è diventato quello per il Pd di Matteo Renzi: si vota per rabbia o per mancanze di alternative, in alcuni casi anche con disperata fiducia, ma non ci sono pezzi di Paese organizzati e compatti dietro il M5s. Uno vale uno, almeno tra gli elettori. E fino a pochi giorni fa non si registrava alcun tracollo di popolarità dei grillini. Difficile pensare che in cinque giorni i supporter pentastellati si siano ricreduti. Più realistico ipotizzare che a livello locale e a livello nazionale gli elettori prendano le proprie decisioni sulla base di parametri diversi.
3. L’unica alternativa all’inciucio. Quello che Pd e Fi trascurano in queste ore di analisi del voto è il quadro politico radicalmente diverso tra Comuni e Parlamento. Nelle città maggiori c’è il ballottaggio, le grandi coalizioni non hanno senso. Uno schieramento e un candidato vincono, gli altri perdono. Questo spinge al bipolarismo, ad aggregare blocchi contrapposti. Il terzo polo pentastellato ha speranze soltanto se c’è una crisi di fiducia tale negli altri partiti da renderli irrilevanti. Oppure se la politica locale era egemonizzata da un solo partito (di solito Pd) che viene respinto dagli elettori a favore di M5s, ma a quel punto si ricrea uno schema bipolare. A livello nazionale la legge elettorale attuale spinge verso la grande coalizione Pd-centrodestra, a meno che qualcuno non coltivi davvero l’idea di arrivare al 40 per cento per avere il premio di maggioranza, scenario oggi incompatibile con i sondaggi. Se Pd e Forza Italia sono destinati a governare insieme, a prescindere da quanto fingano di contrapporsi in campagna elettorale, il Movimento Cinque Stelle avrà sempre una rendita di posizione enorme, come unico rifugio degli elettori ostili all’inciucio istituzionale (c’è anche la sinistra, ancora in formazione, ma che secondo un sondaggio del Fatto potrebbe arrivare al 16 per cento con i candidati giusti e una lista unica).
Tutto bene per Beppe Grillo e soci, quindi? Assolutamente no. I Cinque Stelle devono risolvere almeno tre problemi:
1) La selezione del proprio personale politico, sia a livello locale che nazionale: le Comunarie o Parlamentarie non bastano, nella prossima legislatura dovranno alzare la qualità dei parlamentari oppure sarà il caos anche e soprattutto nell’ipotesi che governino;
2) Devono trovare un candidato premier: più Luigi Di Maio si espone, meno risulta credibile, le sue dichiarazioni in materia di politica economica suscitano ilarità e sconcerto (trovare 19,6 miliardi per evitare l’aumento dell’Iva con la lotta alla corruzione…) e il fatto che il vicepresidente della Camera abbia la responsabilità formale degli enti locali lo rende il perfetto capro espiatorio del risultato delle Amministrative;
3) Devono imparare a gestire i conflitti interni: i grandi partiti – come ormai è il Movimento Cinque Stelle – hanno inevitabilmente maggioranze e minoranze al proprio interno, non si può pretendere l’unanimità. I diversi punti di vista devono poter convivere senza che la maggioranza abbia come solo modo di imporsi cacciare la minoranza.
Sono problemi grossi da risolvere. Ma è nell’interesse di tutti che i Cinque Stelle ci riescano. Il Movimento di Grillo non è finito con queste elezioni e potrebbe ancora governare il Paese nel 2018. Anche i suoi critici più radicali – soprattutto loro – devono augurarsi che ci arrivi in condizione da fare meno danni possibile.
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‘In Ucraina è guerra per procura’: a dirlo è il segretario di Stato Usa Marco Rubio. E il Cremlino plaude
(Adnkronos) - Stefano Conti è un uomo libero. L'Adnkronos può rivelare che al processo a Panama City sono cadute tutte le accuse. Raggiunto al telefono, Andrea Di Giuseppe, il parlamentare di Fratelli d'Italia eletto nella Circoscrizione Centro e Nord America, festeggia il risultato raggiunto dopo oltre due anni: "Dieci minuti fa ho parlato con il padre, si è commosso alla notizia che Stefano era finalmente stato prosciolto. Ha passato oltre 400 giorni in una delle peggiori galere del mondo, un luogo che non si riesce neanche a immaginare, e senza nessuna condanna, ma solo per una carcerazione preventiva in attesa di un processo che sembrava non arrivare mai. Ma insieme alla Farnesina e all'ambasciata, ho fatto di tutto per fargli ridurre la misura cautelare e farlo stare in una condizione meno disumana. L'anno scorso siamo riusciti a fargli avere i domiciliari, oggi la notizia più bella. Una grande vittoria per il nostro Paese".
Stefano Conti è un trader brianzolo di 40 anni, che per oltre due anni è stato accusato di tratta di esseri umani a scopo sessuale. Rischiava una condanna fino a 30 anni di reclusione, nonostante le presunte vittime avessero ritrattato le accuse, sostenendo di aver subito pressioni dalla polizia panamense.
Conti ha anche pubblicato un libro intitolato 'Ora parlo io: 423 giorni nell'inferno di Panama', in cui racconta la sua esperienza nel carcere panamense e ribadisce la sua innocenza. Il libro è uscito a dicembre scorso, in attesa dell'inizio del processo.
Andrea Di Giuseppe ha partecipato alle udienze preliminari, "non per influire sul merito della vicenda", spiega all'Adnkronos, ma per fargli avere il giusto processo che qualunque essere umano merita. Ho coinvolto la comunità italiana, ho parlato con i politici panamensi, sono stato accanto a lui davanti al giudice, per far capire al sistema giudiziario che quell'uomo non era solo, ma aveva accanto a sé il suo Paese”.
Conti "rimarrà ancora a Panama fino al 4 aprile, per motivi burocratici, ma appena avrà tutti i documenti in ordine potrà tornare in Italia", aggiunge il deputato italiano. Che non ha finito quella che è diventata una sorta di missione. "Dopo aver aiutato a liberare i due italiani in Venezuela, e dopo il più famoso caso di Chico Forti, il prossimo per cui mi impegnerò è l'ingegner Maurizio Cocco, rinchiuso in Costa d’Avorio da oltre due anni. Ne sentirete parlare presto". Sì perché gli italiani rinchiusi all'estero sono circa duemila, "e molti di questi sono in stato di carcerazione preventiva. Dei conti di Montecristo dimenticati da tutti. Ma ora il nostro governo, grazie anche all'azione dei sottosegretari agli Esteri Silli e Cirielli, e ovviamente all'attivismo della premier Meloni, sta finalmente affrontando questi casi. Non sono più dei fantasmi, ma dei nostri connazionali che devono poter avere tutta l'assistenza legale, politica e umana che possiamo dargli. È solo l'inizio. L'Italia sta contando e pesando di più nel mondo", conclude Di Giuseppe. (Di Giorgio Rutelli)
(Adnkronos) - Stefano Conti è un uomo libero. L'Adnkronos può rivelare che al processo a Panama City sono cadute tutte le accuse. Raggiunto al telefono, Andrea Di Giuseppe, il parlamentare di Fratelli d'Italia eletto nella Circoscrizione Centro e Nord America, festeggia il risultato raggiunto dopo oltre due anni: "Dieci minuti fa ho parlato con il padre, si è commosso alla notizia che Stefano era finalmente stato prosciolto. Ha passato oltre 400 giorni in una delle peggiori galere del mondo, un luogo che non si riesce neanche a immaginare, e senza nessuna condanna, ma solo per una carcerazione preventiva in attesa di un processo che sembrava non arrivare mai. Ma insieme alla Farnesina e all'ambasciata, ho fatto di tutto per fargli ridurre la misura cautelare e farlo stare in una condizione meno disumana. L'anno scorso siamo riusciti a fargli avere i domiciliari, oggi la notizia più bella. Una grande vittoria per il nostro Paese".
Stefano Conti è un trader brianzolo di 40 anni, che per oltre due anni è stato accusato di tratta di esseri umani a scopo sessuale. Rischiava una condanna fino a 30 anni di reclusione, nonostante le presunte vittime avessero ritrattato le accuse, sostenendo di aver subito pressioni dalla polizia panamense.
Conti ha anche pubblicato un libro intitolato 'Ora parlo io: 423 giorni nell'inferno di Panama', in cui racconta la sua esperienza nel carcere panamense e ribadisce la sua innocenza. Il libro è uscito a dicembre scorso, in attesa dell'inizio del processo.
Andrea Di Giuseppe ha partecipato alle udienze preliminari, "non per influire sul merito della vicenda", spiega all'Adnkronos, ma per fargli avere il giusto processo che qualunque essere umano merita. Ho coinvolto la comunità italiana, ho parlato con i politici panamensi, sono stato accanto a lui davanti al giudice, per far capire al sistema giudiziario che quell'uomo non era solo, ma aveva accanto a sé il suo Paese”.
Conti "rimarrà ancora a Panama fino al 4 aprile, per motivi burocratici, ma appena avrà tutti i documenti in ordine potrà tornare in Italia", aggiunge il deputato italiano. Che non ha finito quella che è diventata una sorta di missione. "Dopo aver aiutato a liberare i due italiani in Venezuela, e dopo il più famoso caso di Chico Forti, il prossimo per cui mi impegnerò è l'ingegner Maurizio Cocco, rinchiuso in Costa d’Avorio da oltre due anni. Ne sentirete parlare presto". Sì perché gli italiani rinchiusi all'estero sono circa duemila, "e molti di questi sono in stato di carcerazione preventiva. Dei conti di Montecristo dimenticati da tutti. Ma ora il nostro governo, grazie anche all'azione dei sottosegretari agli Esteri Silli e Cirielli, e ovviamente all'attivismo della premier Meloni, sta finalmente affrontando questi casi. Non sono più dei fantasmi, ma dei nostri connazionali che devono poter avere tutta l'assistenza legale, politica e umana che possiamo dargli. È solo l'inizio. L'Italia sta contando e pesando di più nel mondo", conclude Di Giuseppe. (Di Giorgio Rutelli)
Roma, 6 mar. (Adnkronos) - "Più che le conclusioni del Consiglio europeo sembrano un bollettino di guerra, con i nostri governanti che, in un clima di ubriacatura collettiva, programmano una spesa straordinaria di miliardi su miliardi per armi, missili e munizioni. E la premier Meloni cosa dice? 'Riarmo non è la parola adatta' per questo piano. Si preoccupa della forma e di come ingannare i cittadini. Ma i cittadini non sono stupidi! Giorgia Meloni come lo vuoi chiamare questo folle programma che, anziché offrire soluzioni ai bisogni concreti di famiglie e imprese, affossa l’Europa della giustizia e della civiltà giuridica per progettare l’Europa della guerra?". Lo scrive Giuseppe Conte sui social.
"I fatti sono chiari: dopo 2 anni e mezzo di spese, disastri e fallimenti in Ucraina anziché chiedere scusa agli italiani, Meloni ha chiesto a Von der Leyen di investire cifre folli in armi e spese militari dopo aver firmato sulla nostra testa a Bruxelles vincoli e tagli sugli investimenti che ci servono davvero su sanità, energia, carovita, industria e lavoro. Potremmo trovarci a spendere oltre 30 miliardi aggiuntivi sulle armi mentre ne mettiamo 3 scarsi sul carobollette".
"Stiamo vivendo pagine davvero buie per l’Europa. I nostri governanti, dopo avere fallito con la strategia dell’escalation militare con la Russia, non hanno la dignità di ravvedersi, anzi rilanciano la propaganda bellica. La conclusione è che il blu di una bandiera di pace scolora nel verde militare. Dai 209 miliardi che noi abbiamo riportato in Italia dall'Europa per aziende, lavoro, infrastrutture, scuole e asili nido, passiamo a montagne di soldi destinati alle armi".
Roma, 6 mar. (Adnkronos) - "Much appreciated". Lo scrive Elon Musk su X commentando un post in cui si riporta la posizione della Lega e di Matteo Salvini sul ddl Spazio e Starlink. Anche il referente in Italia del patron di Tesla, Andrea Stroppa, ringrazia via social Salvini: "Grazie al vice PdC Matteo Salvini per aver preso posizione pubblicamente".
Roma, 6 mar. (Adnkronos) - Gianfranco Librandi, presidente del movimento politico “L’Italia c’è”, ha smentito categoricamente le recenti affermazioni giornalistiche riguardanti una presunta “coalizione di volenterosi” per il finanziamento di Forza Italia. Librandi ha dichiarato: “Sono tutte fantasie del giornalista. Smentisco assolutamente di aver parlato di una coalizione di volenterosi che dovrebbero contribuire al finanziamento del partito”.
Roma, 6 mar. (Adnkronos) - "Il vergognoso oltraggio del Museo della Shoah di Roma è l'ennesimo episodio di un sentimento antisemita che purtroppo sta riaffiorando. È gravissima l'offesa alla comunità ebraica ed è gravissima l'offesa alla centralità della persona umana e all'amicizia tra i popoli. Compito di ognuno deve essere quello di prendere decisamente le distanze da questi vergognosi atti, purtroppo sempre più frequenti in ambienti della sinistra radicale infiltrata da estremisti islamici , che offendono la memoria storica e le vittime della Shoah. Esprimo la mia più sentita solidarietà all'intera Comunità ebraica con l'auspicio che tali autentici delinquenti razzisti antisemiti siano immediatamente assicurati alla giustizia ". Lo ha dichiarato Edmondo Cirielli, Vice Ministro degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale.
Roma, 6 mar. (Adnkronos) - "Meloni ha perso un'occasione rispetto a due mesi fa quando si diceva che sarà il ponte tra l'America di Trump e l'Europa e invece Trump parla con Macron, con Starmer e lo farà con Merz. Meloni è rimasta un po' spiazzata. Le consiglio di non essere timida in Europa perchè se pensa di sistemare i dazi un tete a tete con Trump, quello la disintegra. Meloni deve stare con l'Europa e Schlein quando le dice di non stare nel mezzo tra America e Europa è perchè nel mezzo c'è l'Oceano e si affoga". Lo dice Matteo Renzi a Diritto e Rovescio su Rete4.