Il nemico numero uno di Putin in carcere per trenta giorni e centinaia di fermi – 1650 per l’ong Ovd Info – tra Mosca, San Pietroburgo da parte della polizia contro la manifestazione anticorruzione organizzata da Alexei Navalny. Il blogger leader dell’opposizione russa è stato nuovamente arrestato dalla polizia all’ingresso della sua casa a Mosca, mezz’ora prima dell’inizio della protesta da lui stesso organizzata. A renderlo noto la moglie, Julia Bulk, tramite l’account Twitter del marito. Il blogger era già stato fermato il 26 marzo in occasione della protesta in piazza Pushkin organizzata in seguito alla pubblicazione, da parte di Navalny, di una video inchiesta di denuncia sul premier Dmitry Medvedev. Il dissidente era stato poi rilasciato il 10 aprile. I media locali riportano che il blogger è accusato di “ripetuta violazione delle norme sull’organizzazione delle manifestazioni” e di “resistenza a un ordine di un funzionario di polizia” e che rischierebbe fino a “30 giorni di arresto amministrativo”. Il suo portavoce ha fatto anche sapere che è stata tolta l’elettricità negli uffici del fondo anticorruzione del blogger, da dove gli organizzatori avrebbero diffuso online in streaming le immagini della manifestazione.

La repressione condotta dalle autorità russe è stata condannata anche dalla Casa Bianca: “I russi meritano un governo che sostenga l’uguaglianza di trattamento davanti alla legge e la possibilità di esercitare i loro diritti senza timori di rappresaglie”, ha detto il portavoce Sean Spicer, dopo aver condannato “con forza” gli arresti . “Gli Usa sorveglieranno la situazione e chiederanno al governo russo di liberare immediatamente tutti i manifestanti pacifici”.

Secondo i media sono state centinaia i fermi in tutto il Paese e nel centro di Mosca la polizia ha lanciato lacrimogeni contro i manifestanti anti-Putin. Per l’ong ‘Ovd Info’ i fermi sono almeno 750 nella capitale e 900 a San Pietroburgo, ma i numeri del ministero dell’Interno sono diversi. Le proteste si sono svolte in tutto il Paese, il più delle volte in modo pacifico e senza arresti. A Mosca invece vi sono stati momenti di alta tensione, soprattutto in piazza Pushkin, dove si è diffusa la notizia che la polizia aveva lanciato i lacrimogeni. In realtà pare che siano stati dei manifestanti a usare gli spray urticanti contro gli agenti. Uno è stato identificato e arrestato (e subito bollato dal braccio destro di Navalni, Leonid Volkov, come un ‘agente provocatore. L’ong ha inoltre fatto sapere su Twitter di aver registrato arresti in numerose città, da Vladivostok in Estremo Oriente a Kaliningrad sul Mar Baltico e da Norilsk nel nord siberiano a Soci in riva al Mar Nero. “È stata una provocazione al 100% di persone non completamente normali, che non sanno rispondere per le proprie azioni e parole”, ha commentato a Interfax Vladimir Chernikov, capo del dipartimento sicurezza di Mosca. La polizia ad ogni modo non ha fatto sconti: vi sono casi documentati di pestaggi da parte degli agenti e su Twitter alcuni attivisti denunciano violenze nei commissariati. Molti oppositori di rango sono stati fermati: così Ilya Yashin, ex vice segretario di Parnas e amico di Boris Nemtsov, così Maria Baronova di Open Russia, l’organizzazione fondata dall’ex oligarca Mikhail Khodorkovsky. Per il Comune di Mosca alla manifestazione hanno preso parte “5mila persone” ed è stata una “provocazione da parte di gente non normale”. In tutto questo Vladimir Putin, al Cremlino, come da tradizione distribuiva i premi per i russi che si sono distinti nel corso dell’anno e consegnava i passaporti ai 14enni vincitori di concorsi, tornei o campioni negli studi.

Denis Krivosheev, vicedirettore per l’Europa e l’Asia centrale di Amnesty International, ha commentato dicendo che “la stretta delle autorità nei confronti della libertà d’espressione si rafforza di giorno in giorno” e “quello di manifestare pacificamente è un diritto umano e non un privilegio che si può concedere o rifiutare”. Il diritto di manifestare pacificamente “è garantito dalla Costituzione, ma non si direbbe a giudicare dalle immagini allarmanti di oggi”, ha aggiunto. “Dopo aver cercato di impedire ai manifestanti di prendere parte alle proteste con minacce e ricatti, le autorità di Mosca, San Pietroburgo e altre città russe hanno punito con arresti e pestaggi centinaia di coloro che vi hanno partecipato”.

In un video di domenica notte, Navalny aveva esortato i suoi sostenitori a recarsi nella centralissima piazza Pushkin per poi arrivare fino in via Tverskaya, importante arteria commerciale che porta direttamente a piazza Rossa e Cremlino. Inizialmente il corteo doveva partire dal periferico corso Sakharov, ma Navalny ha denunciato di essere stato “ostacolato” nell’organizzazione dell’evento attraverso pressioni esercitate dalle autorità sulle imprese che avrebbero dovuto fornire le infrastrutture. Il cambio è stato considerato una provocazione da parte delle autorità russe dato che nelle stesse ore nel centro a Mosca si terranno le celebrazioni per “il giorno della Russia”.

Il comune di Mosca ha autorizzato all’ultimo momento il nuovo percorso. Il comune tuttavia ha imposto ai partecipanti alla protesta di non portare striscioni e scandire slogan, come ha reso noto Radio Ekho Moskvy, citando il responsabile della sicurezza Vladimir Chernikov. “Se qualcuno si presenterà con un simbolo politico o uno slogan, sarà senza dubbio un potenziale obiettivo della polizia. Se invece i cittadini sfilano in modo pacifico e dimostrano spirito di solidarietà con la maggioranza delle persone che sono uscite per festeggiare la giornata della Russia tutto andrà liscio”, ha spiegato. Scontri fra manifestanti e polizia sono stati segnalati a Vladivostok, dove alcune centinaia di persone sono scese in piazza in risposta all’appello di Navalny. Proteste si sono svolte anche a Novosibirsk e Barnaul. Manifestazioni sono state organizzate in oltre 200 città del paese.

Da sabato 10 giugno è in edicola il secondo numero del mensile del Fatto, FQ Millennium, con un’inchiesta sulla macchina della propaganda russa. Raccontata da chi ha lavorato nella “fabbrica dei troll” che inondano internet, in Russia e nel resto del mondo, con notizie gradite al Cremlino e fake news.

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