L’onda lunga dello scandalo Mose torna a sommergere la laguna. Ma stavolta le dighe mobili alle bocche di porto non c’entrano nulla. E neppure la ragnatela di potere e di interessi messa in piedi dall’ingegner Giovanni Mazzacurati. E’ un’altra storia di soldi e di tangenti, di regali e favori, ma questa volta ruota attorno ai controlli fiscali e ai modi per evitare sanzioni. A scoprirli sono stati i finanzieri del nucleo di polizia tributaria di Venezia che si erano insospettiti perché in alcune intercettazioni telefoniche dell’inchiesta Mose erano emerse pressioni per la nomina di dirigenti dell’Agenzia delle Entrate. A che scopo? Chi ne beneficiava?
Le domande sono diventate spunti investigativi che hanno aperto nuovi filoni, con altre intercettazioni telefoniche. Si è così arrivati a ricostruire un quadro complesso di interessi illeciti sull’asse Venezia-Verona, partendo dall’Agenzia delle Entrate del capoluogo lagunare. L’inchiesta ha messo a fuoco il pagamento di somme di denaro a pubblici ufficiali, la consegna di regali molto costosi e una promessa di assunzione da parte di privati, per avere in cambio sconti nelle sanzioni pecuniarie riguardanti evasioni fiscali. Il pubblico ministero veneziano Stefano Ancilotto ha chiesto e ottenuto dal gip 16 misure cautelari (due ai domicialiri). Sono state eseguite dalla guardia di finanza nella notte.
Il drappello degli arrestati è composto di diversi livelli. Al primo livello troviamo i dipendenti dell’amministrazione finanziaria (quelli ancora in servizio sono stati immediatamente sospesi,”pur nella speranza che possano dimostrare la propria innocenza”) come Elio Borrelli dell’Agenzia delle Entrate, oggi direttore provinciale Pesaro-Urbino che era in servizio a Venezia, Christian David responsabile delle verifiche e Massimo Esposito, già direttore dell’Agenzia di Venezia. Ci sono poi due ufficiali della Finanza, Vincenzo Corrado e Massimo Nicchinello. Spunta perfino un giudice tributario della Commissione regionale, Cesare Rindone.
Nel secondo livello troviamo alcuni professionisti che si occupavano di questioni fiscali: Tiziana Mesirca, commercialista di Treviso e Augusto Sartore, commercialista di Chioggia. Nel terzo livello ci sono gli imprenditori, che erano oggetto delle verifiche e degli accertamenti fiscali, che riguardavano il gruppo edile Bison di Jesolo, specializzato in costruzioni, Cattolica assicurazioni, la società Baggio di Marghera (logistica) e la società friulana Burimec, produttrice di sistemi di pesatura industriale. Si tratta di Paolo Maria Baggio, Aldo Bison, Fabio Bison (ai domiciliari), Giuseppe Milone, dal 2010 direttore amministrativo di Cattolica assicurazioni, Pietro Schneider (Burimec), Paolo Tagnin e Albino Zatachetto, ex dirigente Cattolica assicurazioni.
La Finanza ha sequestrato anche 440mila euro, che si ritengono provento dell’attività illecita. I filoni d’inchiesta sono numerosi. Il primo riguarda la supposta corruzione di un dirigente dell’Agenzia delle Entrate di Venezia da parte di un imprenditore di Jesolo; quando il funzionario è stato trasferito, un suo collega è stato coinvolto al suo posto. Le tangenti pagate sarebbero pari a 140mila euro, per una riduzione dell’80 per cento di imposte (da 41 milioni dell’originaria pretesa di gettito a 8 milioni di euro effettivamente pagati) dovute da tre società dell’imprenditore jesolano in provincia di Venezia. I fatti sono accaduti tra il settembre 2016 e il maggio scorso. Secondo l’accusa i due funzionari avrebbero poi ricevuto 50mila euro da un commercialista di Chioggia per “accomodare” un accertamento tributario.
Un secondo capitolo riguarda la presunta corruzione di un finanziere e di un funzionario delle Entrate con la mediazione della commercialista trevigiana, per far ottenere benefici a una società immobiliare e a una ditta veneziana di trasporti. Soldi e regali per 40mila euro: questo il prezzo dell’accordo che aveva consentito di ridurre del 70 per cento (da 13 milioni di euro a 3,7 milioni di euro) l’importo del debito complessivo delle aziende interessate a una verifica fiscale. Il terzo filone riguarda l’aggiustamento delle pendenza della società assicuratrice di Verona. In questo capitolo entra in scena anche il giudice tributario con funzioni di “mediatore” (oltre a un finanziere e un funzionario delle Entrate). In questo caso i regali assommano a 20mila euro, in cambio il debito erariale scese da 8,8 milioni di euro a 2,6 milioni di euro. L’ultimo filone risale al 2015-16 e a un accertamento nell’azienda metalmeccanica di Buttrio Burimec. Coinvolto un secondo finanziere oltre al primo di Venezia. L’imprenditore avrebbe assunto il figlio di quest’ultimo. In cambio la verifica fiscale risultava poco approfondita.