“Mi piacerebbe tanto sapere quanti tra i 505.686 maturandi hanno scelto l’analisi della poesia di Giorgio Caproni. Mi piacerebbe tanto guardare in faccia i fantomatici autori delle tracce e spiegare loro che cosa e quanto si spiega a scuola. Mi piacerebbe tanto sapere se sono mai entrati in una classe a fare lezione”. Il post su Facebook di Monica Cartia, poche ore dopo la dettatura delle tracce dei temi della maturità 2017, è una bella occasione per alcune riflessioni. Non sulla qualità dei temi, ma piuttosto sulle modalità che sembrano aver indirizzato le scelte. Monica Cartia è un’insegnante di una scuola superiore e conosce bene programmi scolastici e ragazzi. Conosce bene quali siano le differenze tra quanto i funzionari del Miur immaginano (di sapere) e quanto gli insegnanti sanno.
“Giorgio Caproni, impagabile traduttore proustiano, verrà interpretato dagli studenti come un’amplificazione dell’insulto di Sgarbi. La poesia, oggetto della maturità, fu pubblicata postuma, nel 1991. Generalmente, le classi che riescono ad arrivare al 1901 col programma di italiano possono ritenersi fortunate”, scrive ancora su Facebook Beatrice Dondi, che invece di professione fa la giornalista. Anche lei conosce la realtà. Per motivi professionali e familiari.
Ecco qual è il punto. Il Miur sembra lontanissimo da quel che accade nelle classi. Sembra ignaro di cosa si fa e di come lo si fa. I funzionari del Miur sembrano avulsi dalla realtà. Dalla vita scolastica. Insomma, loro, i magnifici funzionari del Miur, ogni anno regalano tracce che suscitano riflessioni, che richiamano l’attenzione. Tracce che utilizzano il contemporaneo con disinvoltura. In letteratura, nelle arti. Tracce che prendono spunto da Caproni, da Bevilacqua e Ginsborg, Marro. Oggi. Nel passato recente, Piano e Magris. Tracce che partono dall’idea che l’attualità sia nota. Che le grandi questioni siano patrimonio di tutti i ragazzi. Dalla cucitura delle periferie proposta da Renzo Piano, sottoposto qualche anno fa, ai “disastri e ricostruzione” di quest’anno. Tracce che partono dall’idea che il secondo Novecento sia trattato e discusso in tutte le sue diverse accezioni. Circostanza che non si verifica, quasi mai. Certo sarebbe bello se accadesse. Ma nella realtà non può accadere se non in casi sporadici. “Le ore sono quelle che sono. Bisogna fare delle scelte, è necessario tagliare”, ho sentito dire in tanti consigli di classe e poi nei consigli docenti.
Così diventa un po’ paradossale che dal Miur si ostinino a chiedere ai maturandi competenze (mi verrebbe dire, anche abilità) che non possono avere. Si badi bene, non per demerito degli insegnanti che, anzi, s’ingegnano, il più delle volte, a fare l’impossibile. Semplicemente non possono avere perché è evidente che arrivare a trattare diffusamente di Caproni e di Magris nel corso delle lezioni è praticamente impossibile, non volendo tagliare oltremodo. Non possono avere perché l’attualità dovrebbe essere un patrimonio personale, una curiosità, allenata negli anni. Nel corso dell’anno si può accennare ad alcuni accadimenti, ma non soffermarcisi a lungo. Dunque della cosiddetta “attualità” dovrebbero occuparsi i ragazzi. Quanto ciò avvenga in maniera diffusa è lecito dubitare, frequentando il mondo dei giovani liceali.
Se la vicenda fosse solo paradossale probabilmente non ci sarebbe poi così tanto da stupirsi. Siamo in Italia. Di esempi ne esistono un’enormità, purtroppo. Ma c’è anche dell’altro. La vicenda è anche un segno della demagogia con la quale anche al Miur tratta professori e studenti, programmi scritti e programmi reali. Un enorme imbroglio nel quale ad avere la peggio sono proprio loro, i giovani, gli studenti. Prima depressi, poi esaltati. “Ma sono più maturi gli studenti, o chi scrive una traccia su un poeta come Caproni che agli studenti stessi non viene mai insegnato?”, scrive su Facebook, Riccardo Bocca, editorialista de L’Espresso.
Il dubbio che abbia ragione rimane.
Manlio Lilli
Archeologo e giornalista
Scuola - 21 Giugno 2017
Maturità 2017, i temi dimostrano che il Miur non conosce la scuola
“Mi piacerebbe tanto sapere quanti tra i 505.686 maturandi hanno scelto l’analisi della poesia di Giorgio Caproni. Mi piacerebbe tanto guardare in faccia i fantomatici autori delle tracce e spiegare loro che cosa e quanto si spiega a scuola. Mi piacerebbe tanto sapere se sono mai entrati in una classe a fare lezione”. Il post su Facebook di Monica Cartia, poche ore dopo la dettatura delle tracce dei temi della maturità 2017, è una bella occasione per alcune riflessioni. Non sulla qualità dei temi, ma piuttosto sulle modalità che sembrano aver indirizzato le scelte. Monica Cartia è un’insegnante di una scuola superiore e conosce bene programmi scolastici e ragazzi. Conosce bene quali siano le differenze tra quanto i funzionari del Miur immaginano (di sapere) e quanto gli insegnanti sanno.
“Giorgio Caproni, impagabile traduttore proustiano, verrà interpretato dagli studenti come un’amplificazione dell’insulto di Sgarbi. La poesia, oggetto della maturità, fu pubblicata postuma, nel 1991. Generalmente, le classi che riescono ad arrivare al 1901 col programma di italiano possono ritenersi fortunate”, scrive ancora su Facebook Beatrice Dondi, che invece di professione fa la giornalista. Anche lei conosce la realtà. Per motivi professionali e familiari.
Ecco qual è il punto. Il Miur sembra lontanissimo da quel che accade nelle classi. Sembra ignaro di cosa si fa e di come lo si fa. I funzionari del Miur sembrano avulsi dalla realtà. Dalla vita scolastica. Insomma, loro, i magnifici funzionari del Miur, ogni anno regalano tracce che suscitano riflessioni, che richiamano l’attenzione. Tracce che utilizzano il contemporaneo con disinvoltura. In letteratura, nelle arti. Tracce che prendono spunto da Caproni, da Bevilacqua e Ginsborg, Marro. Oggi. Nel passato recente, Piano e Magris. Tracce che partono dall’idea che l’attualità sia nota. Che le grandi questioni siano patrimonio di tutti i ragazzi. Dalla cucitura delle periferie proposta da Renzo Piano, sottoposto qualche anno fa, ai “disastri e ricostruzione” di quest’anno. Tracce che partono dall’idea che il secondo Novecento sia trattato e discusso in tutte le sue diverse accezioni. Circostanza che non si verifica, quasi mai. Certo sarebbe bello se accadesse. Ma nella realtà non può accadere se non in casi sporadici. “Le ore sono quelle che sono. Bisogna fare delle scelte, è necessario tagliare”, ho sentito dire in tanti consigli di classe e poi nei consigli docenti.
Così diventa un po’ paradossale che dal Miur si ostinino a chiedere ai maturandi competenze (mi verrebbe dire, anche abilità) che non possono avere. Si badi bene, non per demerito degli insegnanti che, anzi, s’ingegnano, il più delle volte, a fare l’impossibile. Semplicemente non possono avere perché è evidente che arrivare a trattare diffusamente di Caproni e di Magris nel corso delle lezioni è praticamente impossibile, non volendo tagliare oltremodo. Non possono avere perché l’attualità dovrebbe essere un patrimonio personale, una curiosità, allenata negli anni. Nel corso dell’anno si può accennare ad alcuni accadimenti, ma non soffermarcisi a lungo. Dunque della cosiddetta “attualità” dovrebbero occuparsi i ragazzi. Quanto ciò avvenga in maniera diffusa è lecito dubitare, frequentando il mondo dei giovani liceali.
Se la vicenda fosse solo paradossale probabilmente non ci sarebbe poi così tanto da stupirsi. Siamo in Italia. Di esempi ne esistono un’enormità, purtroppo. Ma c’è anche dell’altro. La vicenda è anche un segno della demagogia con la quale anche al Miur tratta professori e studenti, programmi scritti e programmi reali. Un enorme imbroglio nel quale ad avere la peggio sono proprio loro, i giovani, gli studenti. Prima depressi, poi esaltati. “Ma sono più maturi gli studenti, o chi scrive una traccia su un poeta come Caproni che agli studenti stessi non viene mai insegnato?”, scrive su Facebook, Riccardo Bocca, editorialista de L’Espresso.
Il dubbio che abbia ragione rimane.
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Roma, 30 gen (Adnkronos) - "Sembra che parliamo di cose astratte o di fantasie ma le alleanze le abbiamo già fatte e abbiamo vinto due elezioni in Regioni in cui governava la destra, costruendo una coalizione attorno a un programma di cose concrete". Lo ha detto Elly Schlein a Piazzapulita, a proposito del centrosinistra.
"Sento anche io questo ritornello dell'opposizione che manca, ma non tiriamoci più sfiga di quella che c'è. Lavoriamo per unire le opposizioni su cose concrete. In Parlamento sono più le cose che votiamo insieme di quelle che su cui dividiamo", ha spiegato la leader del Pd.
Roma, 30 gen (Adnkronos) - "Io continuo a insistere, sono testardamente unitaria, ce lo chiede la gente. Rispetto il dibattito di questi giorni, l'aspetto positivo è che siamo tutti d'accordo sul fatto che non può andare come l'altra volta. Ma prima degli accori tattici ho una ambizione più alta, unire su una prospettiva comune l'Italia che vuole mandare a casa la destra". Lo ha detto Elly Schlein a Piazzapulita sul dibattito innescato dalle parole di Dario Franceschini.
Roma, 30 gen (Adnkronos) - "L'attacco giudiziario è un altro modo di Giorgia Meloni di spostare l'attenzione dall'economia che è ferma, dalla produzione industriale che cala da 20 mesi, dai salari che calano. Cosa sale, mentre la Meloni cerca di farci parlare d'altro? Le accise, le liste d'attesa, le bollette". Lo ha detto Elly Schlein a Piazzapulita parlando del caso Almasri.
Roma, 30 gen (Adnkronos) - "Una vergogna, dichiaravano guerra ai trafficanti in tutto il globo terracqueo, hanno fatto il rimpatrio più veloce della storia d'Italia. Meloni deve riferire in aula, si fa vedere solo suo social. La devono smettere di scappare, devono spiegare". Lo ha detto Elly Schlein a Piazzapulita sul caso Almasri.
Roma, 30 gen (Adnkronos) - "Stupiscono le critiche superficiali alle dichiarazioni dell’onorevole Giovanni Donzelli. Le polemiche che imperversano non aiutano la coalizione anche se capisco sono frutto della passione e la gratitudine verso il grande leader che è stato Berlusconi". Lo ha dichiarato Edmondo Cirielli, coordinatore della Direzione nazionale di Fratelli d'Italia.
"Le dichiarazioni di Donzelli invece sono un'analisi elettorale, perché la figura di Berlusconi non è in discussione per nessuno di noi in Fdi; molti hanno militato nel Pdl e molti provengono da Forza Italia. Egli ha conquistato un posto nella storia, è stato il leader della coalizione e ognuno di noi è riconoscente alla sua opera e alla sua azione", ha continuato Cirielli.
"Donzelli ha fatto solo un esame quantitativo. Prima della discesa in campo di Berlusconi nelle comunali del 1993 di Napoli e Roma, il MSI aveva raccolto oltre il 30%; con la discesa in campo di Forza Italia nel 1994 - pochi mesi dopo - il Msi scese al 13.5% -precisa Cirielli-. Se questa è storia, è altrettanto un fatto storico che grazie a Berlusconi nacque la Destra di Governo. La coalizione che seppe mettere in campo e che solo lui poteva creare ancora oggi, con la guida di Giorgia Meloni, è protagonista. Di questo gli saremo grati per sempre".