No, Matteo no. La campagna elettorale per le amministrative in Toscana si è chiusa senza i fuochi di artificio dei comizi del segretario del Pd Matteo Renzi. Che è rimasto a casa e si potrà consolare con i fuochi di San Giovanni, la festa del patrono di Firenze, che si festeggia il 24 giugno. La Toscana rossa è in bilico, nelle tre città più importanti chiamate al voto – Carrara, Lucca e Pistoia – il Pd rischia il flop ma i vertici regionali del partito hanno ritenuto di non far scendere in campo l’ex premier. Si è ritenuto che anziché portarli i voti avrebbe potuto sottrarli. Ecco le motivazioni, città per città.
A Lucca, città tradizionalmente bianca, moderata, ex democristiana, non sono molto amati “quelli fuori le mura”. Persino la potente famiglia Marcucci, il senatore Andrea, renziano doc, in testa, non sono ben visti a Lucca, loro che hanno il quartier generale a Barga. Figurarsi Renzi. Che viene da Firenze, storicamente avversa a Lucca, tanto che ancora dalla città del giglio alle mura il treno viaggia su un solo binario come ai tempi del Granduca. E poi Lucca, ragionano in casa Pd, ama i toni moderati. Lo scontro tra il sindaco uscente Alessandro Tambellini, dem legato al governatore Enrico Rossi, e il giornalista della Nazione Remo Santini, candidato del centrodestra, è sul filo del rasoio. La venuta di Renzi avrebbe potuto alterare gli equilibri di una campagna vecchio stile tra due lucchesi purosangue. Infine, ultima ragione della rinuncia a Renzi, è la presenza di CasaPound, lista che al primo turno ha conquistato un sorprendente 7,8 contro ad esempio il 7,6 del M5S. La venuta del segretario del Pd avrebbe potuto scatenare reazioni: meglio evitare, i lucchesi non amano le risse.
A Pistoia il sindaco uscente Samuele Bertinelli ha conquistato al primo turno il 37,1%, una decina di punti in più rispetto al candidato del centrodestra Alessandro Tomasi. Che sulla carta sembrerebbero rassicuranti, ma non lo sono affatto. Intanto perché Bertinelli è un rossiano e i renziani non lo amano, a tal punto che un ex fedelissimo di Renzi, Roberto Bartoli, per reazione ha lasciato il Pd e si è presentato con una propria lista che ha conquistato l’11,72 per cento di voti, che solo in parte potrebbero confluire, al ballottaggio, su Bertinelli. A Carrara infine la situazione per il Pd è messa ancora peggio perché nella città del marmo il candidato del M5S Francesco De Pasquale al primo turno ha superato quello del Pd, Andrea Zanetti (27,27 contro il 25,28). Terzo incomodo Andrea Vannucci, ex assessore della giunta Zubbani, esponente del Pd uscito dal partito per aderire a Articolo 1-Mpd, che ha conquistato al primo turno un buon 15,16. Voti che difficilmente potranno confluire su Zanetti. Situazione che appare disperata per il Pd. Con o senza i comizi di Renzi.
Il segretario del Pd è stato al largo dai comizi ma è rimasto molto deluso dai risultati toscani a tal punto che il 13 giugno scorso ha convocato al circolo Vie Nuove di Firenze tutti i circoli dem della Toscana. Obiettivo? Evitare il flop nei ballottaggi di Carrara, Lucca e Pistoia. Sì perché se il Pd dovesse perderli Renzi rischia grosso a livello di immagine proprio nella sua regione. Dove prima del suo avvento, nel 2013 , alla guida del Pd, soltanto Prato – tra i capoluoghi di provincia – era guidato dal centrodestra. Poi una serie di crolli di città storicamente rosse: nel 2014 Livorno con sindaco Filippo Nogarin del M5S, nel 2015 Arezzo con Alessandro Ghinelli, centrodestra, infine nel 2016 Grosseto con Antonfrancesco Vivarelli, centrodestra. Se il Pd dovesse perdere anche Lucca, Pistoia e Carrara sarebbe per la Toscana una sconfitta storica: solo metà rossa, il resto diviso tra centrodestra e M5S.