Dopo quasi due giorni di gestazione, domenica nel tardo pomeriggio il Consiglio dei ministri ha licenziato il decreto legge con le Disposizioni urgenti per la liquidazione coatta amministrativa di Banca Popolare di Vicenza Spa e di Veneto Banca Spa. La ratifica è stata preceduta dal via libera del consiglio di amministrazione di Intesa San Paolo al mandato all’amministratore delegato Carlo Messina per chiudere l’operazione relativa all’acquisizione di asset buoni delle banche venete. Il costo, per l’istituto milanese sarà meramente simbolico.

Tutto da capire invece il prezzo che verrà pagato dai contribuenti italiani sia per il passaggio di mano che per lo smaltimento degli asset dell’istituto che Intesa non vuole perché indigesti. In queste ore circolano le stime più disparate che vanno da un minimo di cinque fino ad oltre 12 miliardi. Va oltre perfino il ministro dell’Economia Piercarlo Padoan  che parla di risorse mobilizzate “a favore dell’operazione fino a un massimo di 17 miliardi di euro“, spiegando che le risorse aggiuntive servono “per la copertura del rischio di una retrocessione di crediti che non risultino in bonis al termine della due diligence, per un ammontare massimo di 6 miliardi e 300 milioni”, mentre l’altra voce è una “garanzia fino a 4 miliardi per crediti attualmente in bonis ma ad alto rischio”.

Il ministro, però, parla ma di un esborso per lo Stato che “ammonta a circa 5,2 miliardi di euro“: lo Stato “mette a disposizione risorse a Banca Intesa per 4 miliardi e 785 milioni in termini di anticipo di cassa, relativi a operazioni necessarie per mantenere la capitalizzazione e ottenere il rafforzamento patrimoniale di Banca Intesa a fronte dell’acquisizione delle banche venete”, ha aggiunto precisando che altri “400 milioni andranno a copertura di garanzie” e che non ci sarà impatto sulla finanza pubblica perché “si utilizzano risorse già disponibili”. Affermazioni sulle quali si attende il commento di Bruxelles, in ore in cui il quadro è ancora molto opaco, anche perché finalmente qualcuno si è accorto dell’urgenza della questione veneta. E le contromisure, al di là della loro discutibilità, vengono prese proprio quando l’emergenza è arrivata agli sgoccioli: tutto dovrà essere sistemato in tempo per l’apertura dei mercati e, soprattutto, degli sportelli.

“Di quali alternative stiamo parlando? Vorrei che le persone fanno critiche e dicono che ci sono alternative migliori dal punto di vista del sostegno alle famiglie, a costi inferiori, mi dicessero qual era l’alternativa migliore perché io francamente non le vedo. L’unica alternativa era la liquidazione disordinata o spezzatino che avrebbe completamente distrutto la capacità operativa delle due banche”, ha quindi concluso Padoan.

Il decreto “va a favore della buona salute del nostro sistema bancario, della sua efficienza. E’ chiaro che dalla buona salute e dall’efficienza del nostro sistema bancario, in particolare in un Paese come il nostro dove il sistema bancario è così importante per gli investimenti, dipende anche la possibilità di incoraggiare e non ostacolare la ripresa economica in atto. Risaniamo il sistema in un momento in cui il suo stato di salute è cruciale per la ripresa”, ha poi commentato più che diplomaticamente il premier Paolo Gentiloni

Questa crisi “ha raggiunto livelli che hanno reso necessario l’intervento di salvataggio a favore dei correntisti e dei risparmiatori, di chi in queste banche lavora e a favore dell’economia del territorio, del nostro sistema bancario e della sua efficienza, per evitare i rischi di un fallimento disordinato”, ha detto ancora. L’approvazione del decreto, ha quindi aggiunto, “è una decisione molto importante, molto urgente, e necessaria e io confido che questa decisione avrà in Parlamento il sostegno che merita, cioè il più ampio possibile”.

Quindi il ringraziamento a Intesa: del nostro sistema bancario, sostiene il premier, “il gruppo Intesa San Paolo, che acquisisce queste banche venete, è un asset tra quelli di maggior valore”.

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