La colpa della sconfitta? Di certo non sua, ma di chi fa polemica. E dell’inchiesta Consip che gli ha fatto perdere “molto consenso“. E guai a parlargli di coalizioni: “E’ un dibattito che addormenta”. A 48 ore dallo schiaffo rimediato dal Partito Democratico alle amministrative, il copione di Matteo Renzi muta solo in un punto: nella rassegna stampa del Nazareno #OreNove, il segretario un passo avanti lo fa: mette da parte “i risultati a macchia di leopardo“ e ammette a denti stretti il ko. “Ci sono state polemiche perché abbiamo presentato sui social la torta di Ricci – spiega l’ex premier parlando del grafico di YouTrend che proprio lui ha pubblicato su Twitter per dimostrare che il Pd aveva conquistato più comuni del centrodestra – in questi casi ognuno rivendica un pezzo di vittoria. I Cinque stelle avendo vinto 8 comuni su 165 dicono che prosegue l’avanzata trionfale e noi che ne abbiamo vinti 67 non potevamo esser da meno. Ma i nostri lo hanno detto subito in tv che abbiamo perso“.
Ma di riflessioni sulla propria conduzione del partito e sulla scelta di spendersi poco o nulla per i propri candidati, nella concione mattutina non c’è traccia. Anzi, la responsabilità della sconfitta rimediata domenica Renzi la addossa alle “continue esasperanti polemiche nel centrosinistra” che “alla fine non fanno altro che agevolare il fronte avversario. E’ stato sempre così. Ma se in tanti pensano che il problema sia soltanto dentro il Pd, è chiaro che poi alle elezioni rischia di vincere qualcun altro”. Quindi è completamente inutile “il dibattito sulla coalizione“, perché “addormenta gli elettori e non serve. Non è di per sé la coalizione che segna la vittoria. E’ il candidato, il leader, il territorio. Le coalizioni non sono l’argomento su cui intrattenere gli italiani per i prossimi 12 mesi. Quello che interessa loro è cosa facciamo sulle tasse“.
Sul banco degli imputati per flop democratico nei ballottaggi Renzi mette anche l’inchiesta Consip, che coinvolge suo padre Tiziano. “Su questa vicenda ho perso molto consenso, le analisi indicano nella vicenda Consip uno dei problemi maggiori di perdita di consenso – spiega l’ex premier in diretta sul web – è una vicenda enorme su cui non smettiamo di chiedere la verità”. Insiste, Renzi, sulla vicenda del capitano del Noe Giampaolo Scafarto, indagato per falso materiale e ideologico con l’accusa di aver attribuito in un’informativa la frase “Renzi, l’ultima volta che l’ho incontrato” ad Alfredo Romeo, quando invece era stata pronunciata da Italo Bocchino: “Ieri (lunedì, ndr) interessante interrogatorio del capitano del Noe Giampaolo Scafarto che ha deciso di non rispondere: è accusato di aver fabbricato prove false e per la seconda volta ha deciso di restare in silenzio. Io voglio difendere la credibilità delle istituzioni di questo Paese e dare atto che ci sono in tutte le istituzioni professionisti straordinari che non meritano le schifezze che leggiamo in questi giorni”.
Renzi coglie anche l’occasione per attaccare frontalmente il nostro giornale: “Oggi il Fatto Quotidiano dedica un articolo molto interessante al pubblico ministero Woodcock, ‘l’ultimo nemico pubblico nel Paese dei furfanti’. Dalle sue indagini non so quante condanne siano arrivate, ma il Fatto in un passaggio dell’articolo parla degli italiani come “massa di ignoranti e deficienti“. Non sarò mai come il Fatto quotidiano – afferma il segretario Pd – perché non penso che gli italiani siano una massa di ignoranti e deficienti in ogni settore e non penso neanche che sia credibile questo modo di raccontare il Paese”. “L’atteggiamento di complottismo si combatte solo in un modo, con la verità – aggiunge – prima che separare le carriere dei magistrati bisognerebbe separare le opinioni dai fatti, i commenti dalla realtà. Io non grido allo scandalo, voglio che la verità arrivi”.