Il suo nome resterà nella storia vaticana e in quella della comunicazione. Joaquín Navarro-Valls, morto oggi all’età di 80 anni, dopo una lunga malattia vissuta con grande discrezione, è stato lo storico portavoce di San Giovanni Paolo II. Chiamato inaspettatamente a quel ruolo, nel 1984, resterà alla guida della Sala Stampa della Santa Sede fino al 2006, due anni dopo la morte del “suo” Papa polacco e l’elezione di Benedetto XVI. Wojtyla, che prima di allora non lo conosceva personalmente, gli chiese di curare la comunicazione del Vaticano invitandolo una sera a cena nell’appartamento privato, nella terza loggia del Palazzo Apostolico. Navarro-Valls rimase spiazzato dalla richiesta, ma accettò. Ne nacque un binomio formidabile tra il Papa polacco e il suo portavoce.
Il giornalista e medico spagnolo, nato a Cartagena il 16 novembre 1936, era, infatti, molto più che un semplice direttore della Sala Stampa della Santa Sede. Era un vero e proprio ambasciatore del Papa slavo che preparava la strada alla caduta dei muri che il pontificato wojtyliano avrebbe ben presto abbattuto. Come la delicatissima missione a Cuba con Fidel Castro per preparare lo storico viaggio nell’isola di Giovanni Paolo II nel 1998. Negli anni Navarro-Valls non era diventato un semplice spin doctor, ma un amico e un vero e proprio confidente del Papa polacco.
Bastava uno sguardo d’intesa tra i due per prepararsi a una delle tantissime conferenze stampa improvvisate da Wojtyla sul volo papale durante uno dei 104 viaggi internazionali. Così come non fu una scelta facile, questa volta presa in totale solitudine, quella di comunicare quasi in diretta l’agonia e la morte di un Pontefice che non si era mai risparmiato davanti ai media. E non certo per esibire la sua malattia, ma per testimoniare che anche nella sofferenza si può governare la Chiesa. Navarro-Valls rispettò quella scelta che fece sua informando tempestivamente la stampa mondiale di quelle difficili ultime ore nelle quali l’intero pianeta, al di là di ogni barriera religiosa, seguì la morte di Wojtyla. Una scelta che si rivelò coraggiosa e anche molto efficace consegnando alla storia anche la parte finale di un pontificato monumentale.
Navarro-Valls non aveva un manuale di giornalismo a portata di mano per poter risolvere tutte le crisi del pontificato del Papa polacco. Non aveva una ricetta per sanare ogni scandalo come quello che vide protagonista monsignor Emmanuel Milingo che lasciò l’episcopato per sposare la figlia del reverendo Sun Myung Moon, Maria Sung. O le roventi polemiche e proteste suscitate dalla foto di Giovanni Paolo II affacciato al balcone con il dittatore Augusto Pinochet durante il viaggio in Cile. O ancora lo scandalo della pedofilia del clero deflagrato in modo impressionante nell’arcidiocesi di Boston tanto da costringere Wojtyla a rimuovere l’arcivescovo Bernard Francis Law. Ma in tutte queste “crisi” il portavoce di Giovanni Paolo II è sempre riuscito a tenere stretto nelle sua mani il timone della Chiesa cattolica senza far travolgere il Papa e la stessa istituzione ecclesiale dalla tempesta, anche quando la burrasca era davvero forte.
La comunicazione era nel suo dna, così come la capacità di inquadrare subito l’interlocutore e di entrare in comunicazione con lui. Ereditata la direzione della Sala Stampa della Santa Sede da padre Romeo Panciroli, poi promosso arcivescovo e nunzio, Navarro-Valls è stato l’artefice di quel salto di qualità dei media vaticani che rimane nella storia al di là di ogni riforma. Nel 2006, quando ha passato il testimone al gesuita padre Federico Lombardi è emerso maggiormente il cambiamento epocale che il giornalista spagnolo era riuscito a far fare in poco più di due decenni a un’istituzione che fino al suo arrivo non aveva saputo sincronizzarsi davvero con le esigenze della stampa internazionale.
Prima di affermarsi nel campo dei media, Navarro-Valls aveva studiato alla Deutsche Schule, la scuola tedesca della sua città natale. Subito dopo frequentò la Facoltà di Medicina presso l’Università di Granada e di Barcellona e successivamente la Facoltà di Scienze della Comunicazione a Pamplona. Dopo aver ottenuto la borsa di studio all’Università di Harvard, si laureò “summa cum laude” in medicina e chirurgia nel 1961, continuando gli studi per un dottorato in psichiatria. Nel 1968 arrivò la laurea in giornalismo e nel 1980 quella in scienze della comunicazione. È stato sia corrispondente per Nuestro Tiempo, sia inviato estero per il quotidiano di Madrid ABC. Fu eletto prima membro del consiglio d’amministrazione, nel 1979, e successivamente, nel 1983, presidente dell’Associazione della stampa estera in Italia. È in questa veste che Giovanni Paolo II lo chiamò a guidare la Sala Stampa della Santa Sede. Dal 1996 al 2001 è stato anche presidente del consiglio d’amministrazione della Fondazione Maruzza Lefebvre D’Ovidio Onlus per malati terminali di cancro.
A nome della Santa Sede ha presenziato alle conferenze internazionali delle Nazioni Unite al Cairo, nel 1994, a Copenaghen, nel 1995, a Pechino, sempre nel 1995, e a Istanbul, nel 1996. Nel 2007, dopo aver lasciato il Vaticano, è diventato presidente dell’Advisory Board dell’Università Campus Bio-Medico di Roma, gestita dall’Opus Dei di cui era membro numerario, e nel 2009 presidente della Fondazione Telecom Italia. Il suo impegno nell’Opus Dei risaliva agli anni ’50, ma fu dal 1970 che, trasferendosi a Roma, visse a lungo accanto al fondatore della prelatura, san Josemaria Escrivà.
Grace under pressure. Keep smiling. Così lo saluta via Twitter il suo secondo successore alla direzione della Sala Stampa della Santa Sede, Greg Burke, come Navarro-Valls membro numerario dell’Opus Dei. “Ho passato quasi 11 anni con lui”, ricorda a ilfattoquotidiano.it padre Ciro Benedettini che di Navarro-Valls fu il braccio destro come vicedirettore della Sala Stampa della Santa Sede. “Fu lui – prosegue il sacerdote passionista – a scegliermi chiamandomi da una piccola rivista che dirigevo in Abruzzo. Non mi ha mai mancato di rispetto. Aveva un grande fiuto giornalistico, anche se spesso ai giornalisti non dava risposte di contenuto ma se la cavava con qualche battuta e riusciva così a calmare le cose. Pur essendo molto presenzialista, come era giusto che fosse del resto, riusciva a creare in ufficio un clima di entusiasmo che anche l’ultimo usciere si sentiva partecipe di una missione più alta. Navarro-Valls ha forgiato il ruolo di portavoce. Ruolo che non esisteva in nessun documento vaticano. Ma lui c’è riuscito e i giornalisti glielo hanno riconosciuto”.
Twitter: @FrancescoGrana
Cronaca
Navarro Valls morto, addio al portavoce storico di Papa Giovanni Paolo II
Nel delicatissimo compito di direttore della Sala stampa della Santa Sede era stato chiamato da Wojtyla il 4 dicembre del 1984, svolgendo questo compito con discrezione e stile, forte di un rapporto strettissimo col pontefice polacco, ma anche con forte determinazione, reggendo il peso di una responsabilità enorme
Il suo nome resterà nella storia vaticana e in quella della comunicazione. Joaquín Navarro-Valls, morto oggi all’età di 80 anni, dopo una lunga malattia vissuta con grande discrezione, è stato lo storico portavoce di San Giovanni Paolo II. Chiamato inaspettatamente a quel ruolo, nel 1984, resterà alla guida della Sala Stampa della Santa Sede fino al 2006, due anni dopo la morte del “suo” Papa polacco e l’elezione di Benedetto XVI. Wojtyla, che prima di allora non lo conosceva personalmente, gli chiese di curare la comunicazione del Vaticano invitandolo una sera a cena nell’appartamento privato, nella terza loggia del Palazzo Apostolico. Navarro-Valls rimase spiazzato dalla richiesta, ma accettò. Ne nacque un binomio formidabile tra il Papa polacco e il suo portavoce.
Il giornalista e medico spagnolo, nato a Cartagena il 16 novembre 1936, era, infatti, molto più che un semplice direttore della Sala Stampa della Santa Sede. Era un vero e proprio ambasciatore del Papa slavo che preparava la strada alla caduta dei muri che il pontificato wojtyliano avrebbe ben presto abbattuto. Come la delicatissima missione a Cuba con Fidel Castro per preparare lo storico viaggio nell’isola di Giovanni Paolo II nel 1998. Negli anni Navarro-Valls non era diventato un semplice spin doctor, ma un amico e un vero e proprio confidente del Papa polacco.
Bastava uno sguardo d’intesa tra i due per prepararsi a una delle tantissime conferenze stampa improvvisate da Wojtyla sul volo papale durante uno dei 104 viaggi internazionali. Così come non fu una scelta facile, questa volta presa in totale solitudine, quella di comunicare quasi in diretta l’agonia e la morte di un Pontefice che non si era mai risparmiato davanti ai media. E non certo per esibire la sua malattia, ma per testimoniare che anche nella sofferenza si può governare la Chiesa. Navarro-Valls rispettò quella scelta che fece sua informando tempestivamente la stampa mondiale di quelle difficili ultime ore nelle quali l’intero pianeta, al di là di ogni barriera religiosa, seguì la morte di Wojtyla. Una scelta che si rivelò coraggiosa e anche molto efficace consegnando alla storia anche la parte finale di un pontificato monumentale.
Navarro-Valls non aveva un manuale di giornalismo a portata di mano per poter risolvere tutte le crisi del pontificato del Papa polacco. Non aveva una ricetta per sanare ogni scandalo come quello che vide protagonista monsignor Emmanuel Milingo che lasciò l’episcopato per sposare la figlia del reverendo Sun Myung Moon, Maria Sung. O le roventi polemiche e proteste suscitate dalla foto di Giovanni Paolo II affacciato al balcone con il dittatore Augusto Pinochet durante il viaggio in Cile. O ancora lo scandalo della pedofilia del clero deflagrato in modo impressionante nell’arcidiocesi di Boston tanto da costringere Wojtyla a rimuovere l’arcivescovo Bernard Francis Law. Ma in tutte queste “crisi” il portavoce di Giovanni Paolo II è sempre riuscito a tenere stretto nelle sua mani il timone della Chiesa cattolica senza far travolgere il Papa e la stessa istituzione ecclesiale dalla tempesta, anche quando la burrasca era davvero forte.
La comunicazione era nel suo dna, così come la capacità di inquadrare subito l’interlocutore e di entrare in comunicazione con lui. Ereditata la direzione della Sala Stampa della Santa Sede da padre Romeo Panciroli, poi promosso arcivescovo e nunzio, Navarro-Valls è stato l’artefice di quel salto di qualità dei media vaticani che rimane nella storia al di là di ogni riforma. Nel 2006, quando ha passato il testimone al gesuita padre Federico Lombardi è emerso maggiormente il cambiamento epocale che il giornalista spagnolo era riuscito a far fare in poco più di due decenni a un’istituzione che fino al suo arrivo non aveva saputo sincronizzarsi davvero con le esigenze della stampa internazionale.
Prima di affermarsi nel campo dei media, Navarro-Valls aveva studiato alla Deutsche Schule, la scuola tedesca della sua città natale. Subito dopo frequentò la Facoltà di Medicina presso l’Università di Granada e di Barcellona e successivamente la Facoltà di Scienze della Comunicazione a Pamplona. Dopo aver ottenuto la borsa di studio all’Università di Harvard, si laureò “summa cum laude” in medicina e chirurgia nel 1961, continuando gli studi per un dottorato in psichiatria. Nel 1968 arrivò la laurea in giornalismo e nel 1980 quella in scienze della comunicazione. È stato sia corrispondente per Nuestro Tiempo, sia inviato estero per il quotidiano di Madrid ABC. Fu eletto prima membro del consiglio d’amministrazione, nel 1979, e successivamente, nel 1983, presidente dell’Associazione della stampa estera in Italia. È in questa veste che Giovanni Paolo II lo chiamò a guidare la Sala Stampa della Santa Sede. Dal 1996 al 2001 è stato anche presidente del consiglio d’amministrazione della Fondazione Maruzza Lefebvre D’Ovidio Onlus per malati terminali di cancro.
A nome della Santa Sede ha presenziato alle conferenze internazionali delle Nazioni Unite al Cairo, nel 1994, a Copenaghen, nel 1995, a Pechino, sempre nel 1995, e a Istanbul, nel 1996. Nel 2007, dopo aver lasciato il Vaticano, è diventato presidente dell’Advisory Board dell’Università Campus Bio-Medico di Roma, gestita dall’Opus Dei di cui era membro numerario, e nel 2009 presidente della Fondazione Telecom Italia. Il suo impegno nell’Opus Dei risaliva agli anni ’50, ma fu dal 1970 che, trasferendosi a Roma, visse a lungo accanto al fondatore della prelatura, san Josemaria Escrivà.
Grace under pressure. Keep smiling. Così lo saluta via Twitter il suo secondo successore alla direzione della Sala Stampa della Santa Sede, Greg Burke, come Navarro-Valls membro numerario dell’Opus Dei. “Ho passato quasi 11 anni con lui”, ricorda a ilfattoquotidiano.it padre Ciro Benedettini che di Navarro-Valls fu il braccio destro come vicedirettore della Sala Stampa della Santa Sede. “Fu lui – prosegue il sacerdote passionista – a scegliermi chiamandomi da una piccola rivista che dirigevo in Abruzzo. Non mi ha mai mancato di rispetto. Aveva un grande fiuto giornalistico, anche se spesso ai giornalisti non dava risposte di contenuto ma se la cavava con qualche battuta e riusciva così a calmare le cose. Pur essendo molto presenzialista, come era giusto che fosse del resto, riusciva a creare in ufficio un clima di entusiasmo che anche l’ultimo usciere si sentiva partecipe di una missione più alta. Navarro-Valls ha forgiato il ruolo di portavoce. Ruolo che non esisteva in nessun documento vaticano. Ma lui c’è riuscito e i giornalisti glielo hanno riconosciuto”.
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Roma, 7 mar. (Adnkronos) - Esperti e stakeholder del settore energetico si sono riuniti ieri mattina a Key, in occasione del convegno 'Accelerating Sustainable Electrification: Key to Economic and Social Development on the African Continent' curato da Res4Africa Foundation, per parlare del ruolo fondamentale dell'elettrificazione nella trasformazione socioeconomica dell'Africa. Con una popolazione prevista di 2,5 miliardi entro il 2050, il continente deve prepararsi per affrontare una crescente domanda di energia, che richiede soluzioni urgenti e sostenibili.
La conferenza, organizzata in due panel, ha evidenziato la necessità di uno sviluppo di energia rinnovabile su larga scala, di modernizzazione delle reti elettriche e di investimenti in soluzioni per l’accumulo di energia, in modo da garantire l'accesso universale a un'elettricità affidabile, sicura e conveniente.
Oltre alle discussioni, le delegazioni africane presenti hanno avuto l'opportunità di esplorare le soluzioni innovative presenti a Key, rafforzando ulteriormente le collaborazioni pubblico-private volte all'elettrificazione sostenibile.
“I porti e le infrastrutture costiere rivestono un ruolo fondamentale per lo sviluppo dei progetti di energia rinnovabile offshore, poiché rappresentano il punto di partenza e di supporto logistico per la costruzione, l'installazione e la manutenzione degli impianti”. È quanto ha dichiarato ieri mattina Fulvio Mamone Capria, presidente di Aero, Associazione delle Energie Rinnovabili Offshore, al termine del convegno 'Portualità, logistica, trasporti e filiera industriale per l’eolico offshore in Italia'.
I porti sono destinati a diventare sempre di più hub dell’energia, capaci di garantire l'efficienza e la sostenibilità delle operazioni, ma anche di favorire l'innovazione tecnologica e il coordinamento delle attività tra i diversi attori del settore. “L'adeguamento e il potenziamento delle infrastrutture portuali sono determinanti per ridurre i costi e migliorare la competitività delle energie rinnovabili marine, rendendo i progetti più scalabili e accessibili”, ha continuato Mamone.
Il decreto ministeriale sui porti permetterà di semplificare gli investimenti e incentivare la creazione di un'infrastruttura solida e ben collegata.
Roma, 7 mar. (Adnkronos) - Esperti e stakeholder del settore energetico si sono riuniti ieri mattina a Key, in occasione del convegno 'Accelerating Sustainable Electrification: Key to Economic and Social Development on the African Continent' curato da Res4Africa Foundation, per parlare del ruolo fondamentale dell'elettrificazione nella trasformazione socioeconomica dell'Africa. Con una popolazione prevista di 2,5 miliardi entro il 2050, il continente deve prepararsi per affrontare una crescente domanda di energia, che richiede soluzioni urgenti e sostenibili.
La conferenza, organizzata in due panel, ha evidenziato la necessità di uno sviluppo di energia rinnovabile su larga scala, di modernizzazione delle reti elettriche e di investimenti in soluzioni per l’accumulo di energia, in modo da garantire l'accesso universale a un'elettricità affidabile, sicura e conveniente.
Oltre alle discussioni, le delegazioni africane presenti hanno avuto l'opportunità di esplorare le soluzioni innovative presenti a Key, rafforzando ulteriormente le collaborazioni pubblico-private volte all'elettrificazione sostenibile.
“I porti e le infrastrutture costiere rivestono un ruolo fondamentale per lo sviluppo dei progetti di energia rinnovabile offshore, poiché rappresentano il punto di partenza e di supporto logistico per la costruzione, l'installazione e la manutenzione degli impianti”. È quanto ha dichiarato ieri mattina Fulvio Mamone Capria, presidente di Aero, Associazione delle Energie Rinnovabili Offshore, al termine del convegno 'Portualità, logistica, trasporti e filiera industriale per l’eolico offshore in Italia'.
I porti sono destinati a diventare sempre di più hub dell’energia, capaci di garantire l'efficienza e la sostenibilità delle operazioni, ma anche di favorire l'innovazione tecnologica e il coordinamento delle attività tra i diversi attori del settore. “L'adeguamento e il potenziamento delle infrastrutture portuali sono determinanti per ridurre i costi e migliorare la competitività delle energie rinnovabili marine, rendendo i progetti più scalabili e accessibili”, ha continuato Mamone.
Il decreto ministeriale sui porti permetterà di semplificare gli investimenti e incentivare la creazione di un'infrastruttura solida e ben collegata.
(Adnkronos) - Stefano Conti è un uomo libero. L'Adnkronos può rivelare che al processo a Panama City sono cadute tutte le accuse. Raggiunto al telefono, Andrea Di Giuseppe, il parlamentare di Fratelli d'Italia eletto nella Circoscrizione Centro e Nord America, festeggia il risultato raggiunto dopo oltre due anni: "Dieci minuti fa ho parlato con il padre, si è commosso alla notizia che Stefano era finalmente stato prosciolto. Ha passato oltre 400 giorni in una delle peggiori galere del mondo, un luogo che non si riesce neanche a immaginare, e senza nessuna condanna, ma solo per una carcerazione preventiva in attesa di un processo che sembrava non arrivare mai. Ma insieme alla Farnesina e all'ambasciata, ho fatto di tutto per fargli ridurre la misura cautelare e farlo stare in una condizione meno disumana. L'anno scorso siamo riusciti a fargli avere i domiciliari, oggi la notizia più bella. Una grande vittoria per il nostro Paese".
Stefano Conti è un trader brianzolo di 40 anni, che per oltre due anni è stato accusato di tratta di esseri umani a scopo sessuale. Rischiava una condanna fino a 30 anni di reclusione, nonostante le presunte vittime avessero ritrattato le accuse, sostenendo di aver subito pressioni dalla polizia panamense.
Conti ha anche pubblicato un libro intitolato 'Ora parlo io: 423 giorni nell'inferno di Panama', in cui racconta la sua esperienza nel carcere panamense e ribadisce la sua innocenza. Il libro è uscito a dicembre scorso, in attesa dell'inizio del processo.
Andrea Di Giuseppe ha partecipato alle udienze preliminari, "non per influire sul merito della vicenda", spiega all'Adnkronos, ma per fargli avere il giusto processo che qualunque essere umano merita. Ho coinvolto la comunità italiana, ho parlato con i politici panamensi, sono stato accanto a lui davanti al giudice, per far capire al sistema giudiziario che quell'uomo non era solo, ma aveva accanto a sé il suo Paese”.
Conti "rimarrà ancora a Panama fino al 4 aprile, per motivi burocratici, ma appena avrà tutti i documenti in ordine potrà tornare in Italia", aggiunge il deputato italiano. Che non ha finito quella che è diventata una sorta di missione. "Dopo aver aiutato a liberare i due italiani in Venezuela, e dopo il più famoso caso di Chico Forti, il prossimo per cui mi impegnerò è l'ingegner Maurizio Cocco, rinchiuso in Costa d’Avorio da oltre due anni. Ne sentirete parlare presto". Sì perché gli italiani rinchiusi all'estero sono circa duemila, "e molti di questi sono in stato di carcerazione preventiva. Dei conti di Montecristo dimenticati da tutti. Ma ora il nostro governo, grazie anche all'azione dei sottosegretari agli Esteri Silli e Cirielli, e ovviamente all'attivismo della premier Meloni, sta finalmente affrontando questi casi. Non sono più dei fantasmi, ma dei nostri connazionali che devono poter avere tutta l'assistenza legale, politica e umana che possiamo dargli. È solo l'inizio. L'Italia sta contando e pesando di più nel mondo", conclude Di Giuseppe. (Di Giorgio Rutelli)
(Adnkronos) - Stefano Conti è un uomo libero. L'Adnkronos può rivelare che al processo a Panama City sono cadute tutte le accuse. Raggiunto al telefono, Andrea Di Giuseppe, il parlamentare di Fratelli d'Italia eletto nella Circoscrizione Centro e Nord America, festeggia il risultato raggiunto dopo oltre due anni: "Dieci minuti fa ho parlato con il padre, si è commosso alla notizia che Stefano era finalmente stato prosciolto. Ha passato oltre 400 giorni in una delle peggiori galere del mondo, un luogo che non si riesce neanche a immaginare, e senza nessuna condanna, ma solo per una carcerazione preventiva in attesa di un processo che sembrava non arrivare mai. Ma insieme alla Farnesina e all'ambasciata, ho fatto di tutto per fargli ridurre la misura cautelare e farlo stare in una condizione meno disumana. L'anno scorso siamo riusciti a fargli avere i domiciliari, oggi la notizia più bella. Una grande vittoria per il nostro Paese".
Stefano Conti è un trader brianzolo di 40 anni, che per oltre due anni è stato accusato di tratta di esseri umani a scopo sessuale. Rischiava una condanna fino a 30 anni di reclusione, nonostante le presunte vittime avessero ritrattato le accuse, sostenendo di aver subito pressioni dalla polizia panamense.
Conti ha anche pubblicato un libro intitolato 'Ora parlo io: 423 giorni nell'inferno di Panama', in cui racconta la sua esperienza nel carcere panamense e ribadisce la sua innocenza. Il libro è uscito a dicembre scorso, in attesa dell'inizio del processo.
Andrea Di Giuseppe ha partecipato alle udienze preliminari, "non per influire sul merito della vicenda", spiega all'Adnkronos, ma per fargli avere il giusto processo che qualunque essere umano merita. Ho coinvolto la comunità italiana, ho parlato con i politici panamensi, sono stato accanto a lui davanti al giudice, per far capire al sistema giudiziario che quell'uomo non era solo, ma aveva accanto a sé il suo Paese”.
Conti "rimarrà ancora a Panama fino al 4 aprile, per motivi burocratici, ma appena avrà tutti i documenti in ordine potrà tornare in Italia", aggiunge il deputato italiano. Che non ha finito quella che è diventata una sorta di missione. "Dopo aver aiutato a liberare i due italiani in Venezuela, e dopo il più famoso caso di Chico Forti, il prossimo per cui mi impegnerò è l'ingegner Maurizio Cocco, rinchiuso in Costa d’Avorio da oltre due anni. Ne sentirete parlare presto". Sì perché gli italiani rinchiusi all'estero sono circa duemila, "e molti di questi sono in stato di carcerazione preventiva. Dei conti di Montecristo dimenticati da tutti. Ma ora il nostro governo, grazie anche all'azione dei sottosegretari agli Esteri Silli e Cirielli, e ovviamente all'attivismo della premier Meloni, sta finalmente affrontando questi casi. Non sono più dei fantasmi, ma dei nostri connazionali che devono poter avere tutta l'assistenza legale, politica e umana che possiamo dargli. È solo l'inizio. L'Italia sta contando e pesando di più nel mondo", conclude Di Giuseppe. (Di Giorgio Rutelli)
Roma, 6 mar. (Adnkronos) - "Più che le conclusioni del Consiglio europeo sembrano un bollettino di guerra, con i nostri governanti che, in un clima di ubriacatura collettiva, programmano una spesa straordinaria di miliardi su miliardi per armi, missili e munizioni. E la premier Meloni cosa dice? 'Riarmo non è la parola adatta' per questo piano. Si preoccupa della forma e di come ingannare i cittadini. Ma i cittadini non sono stupidi! Giorgia Meloni come lo vuoi chiamare questo folle programma che, anziché offrire soluzioni ai bisogni concreti di famiglie e imprese, affossa l’Europa della giustizia e della civiltà giuridica per progettare l’Europa della guerra?". Lo scrive Giuseppe Conte sui social.
"I fatti sono chiari: dopo 2 anni e mezzo di spese, disastri e fallimenti in Ucraina anziché chiedere scusa agli italiani, Meloni ha chiesto a Von der Leyen di investire cifre folli in armi e spese militari dopo aver firmato sulla nostra testa a Bruxelles vincoli e tagli sugli investimenti che ci servono davvero su sanità, energia, carovita, industria e lavoro. Potremmo trovarci a spendere oltre 30 miliardi aggiuntivi sulle armi mentre ne mettiamo 3 scarsi sul carobollette".
"Stiamo vivendo pagine davvero buie per l’Europa. I nostri governanti, dopo avere fallito con la strategia dell’escalation militare con la Russia, non hanno la dignità di ravvedersi, anzi rilanciano la propaganda bellica. La conclusione è che il blu di una bandiera di pace scolora nel verde militare. Dai 209 miliardi che noi abbiamo riportato in Italia dall'Europa per aziende, lavoro, infrastrutture, scuole e asili nido, passiamo a montagne di soldi destinati alle armi".
Roma, 6 mar. (Adnkronos) - "Much appreciated". Lo scrive Elon Musk su X commentando un post in cui si riporta la posizione della Lega e di Matteo Salvini sul ddl Spazio e Starlink. Anche il referente in Italia del patron di Tesla, Andrea Stroppa, ringrazia via social Salvini: "Grazie al vice PdC Matteo Salvini per aver preso posizione pubblicamente".
Roma, 6 mar. (Adnkronos) - Gianfranco Librandi, presidente del movimento politico “L’Italia c’è”, ha smentito categoricamente le recenti affermazioni giornalistiche riguardanti una presunta “coalizione di volenterosi” per il finanziamento di Forza Italia. Librandi ha dichiarato: “Sono tutte fantasie del giornalista. Smentisco assolutamente di aver parlato di una coalizione di volenterosi che dovrebbero contribuire al finanziamento del partito”.