La procura di Roma continuerà a portare avanti l’inchiesta su Gian Paolo Scafarto. I pm capitolini, infatti, si sono dichiarati competenti a indagare sull’ufficiale del Noe accusato di falso e rivelazione del segreto istruttorio nell’ambito dell’inchiesta Consip. I magistrati di piazzale Clodio hanno quindi respinto l’istanza avanzata il 26 giugno scorso dai difensori dell’ufficiale dei carabinieri.

Gli avvocati di Scafarto chiedevano la trasmissione degli atti riguardanti il loro assistito alla procura di Napoli, dove è tuttora applicato, o a quella di Firenze, dove ha prestato servizio per un certo periodo di tempo. Dopo il pollice verso della procura, i legali dell’ufficiale dell’Arma potranno adesso ricorrere in Cassazione. Secondo gli inquirenti, Scafarto avrebbe alterato in alcuni punti l’informativa sulla quale si basavano alcune delle accuse a Tiziano Renzi, indagato per traffico di influenze.

Sono due i fascicoli aperti dalla procura di Roma per la fuga di notizie sulla vicenda Consip: uno è legato alle notizie relative a atti istruttori coperti da segreto di cui sono venuti a conoscenza organi di stampa. Proprio per questa vicenda il Noe venne sollevato dalle indagini che furono affidate al Nucleo investigativo di Roma. Nello stesso fascicolo sono indagati il magistrato di Napoli, John Henry Woodcock e la giornalista Federica Sciarelli, per violazione del segreto d’ufficio. La conduttrice di Chi l’ha visto, è accusata di aver fatto da tramite tra i magistrato e il giornalista del Fatto Quotidiano, Marco Lillo, autore di una serie di scoop sull’inchiesta Consip. Sia Sciarelli che Woodcock sono già stati interrogati dai pm della procura capitolina, negando ogni addebito. Il magistrato che ha aperto l’indagine Consip ha fornito ai colleghi romani una serie di elementi che potrebbero allargare lo scenario investigativo. 

Nell’altra indagine, quella legata a informazioni giunte ai vertici Consip che erano a conoscenza di intercettazioni e pedinamenti in corso, rispondono di rivelazione di segreto d’ufficio il ministro dello Sport, Luca Lotti, il comandante generale dei carabinieri, Tullio Del Sette e il generale di brigata dell’Arma, Emanuele Saltalamacchia. Inoltre è indagato di favoreggiamento il presidente di Publiacqua Firenze, Filippo Vannoni. Il vice comandante del Nucleo operativo ecologico, Alessandro Sessa, è invece accusato di depistaggio per aver mentito nel corso di un’audizione testimoniale con i pm.

Ovviamente è l’indagine per depistaggio e per rivelazione di segreto su Sessa e Scafarto a provocare l’ennesimo commento di Matteo Renzi sull’indagine Consip. L’ex premier è intervenuto più volte per commentare l’inchiesta ma ha sempre evitato battute dello stesso tenore sul filone che coinvolge il fidato Lotti, quello cioè che con la fuga di notizie verso i vertici Consip ha praticamente bruciato l’indagine.  “La cosa che ancora oggi fatico a comprendere – ha detto oggi Renzi nella newsletter Enews – non è la sconfitta al referendum o la pubblicazione di intercettazioni personali, non è la scissione o la polemica post-primarie quando uno sperava di poter finalmente parlare di politica anziché di polemica. La cosa che proprio fatico a digerire è la possibilità che pezzi delle istituzioni abbiano fabbricato prove false contro l’allora presidente del Consiglio. Perché questa vicenda – su cui continuiamo a chiedere verità e giustizia – continua a sembrarmi enorme per la credibilità delle istituzioni”.

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