In un solo mese, da metà giugno a oggi, sono 26.024 gli ettari di boschi andati in fumo: parliamo del 93,8% della superficie bruciata in tutto il 2016. La Sicilia è la regione più colpita, con 13.052 ettari distrutti e roghi in quasi tutte le province, seguita dalla Calabria con 5.826 ettari, la Campania 2.461, Lazio con 1.635, la Puglia (1.541), la Sardegna (496), l’Abruzzo (328), le Marche (264), la Toscana (200), l’Umbria (134) e la Basilicata (84). Oltre alla variabile clima, dietro i roghi c’è soprattutto l’azione di ecomafiosi e piromani. Colpite sempre più anche le aree protette, il Vesuvio ne è un esempio. Cause del disastro anche scarsa prevenzione, controlli non sufficienti e ritardi a livello regionale e nazionale. Questi i numeri elaborati da Legambiente sulla base dei dati raccolti dalla Commissione Europea nell’ambito del progetto Copernico e che vanno a comporre il ‘Dossier Incendi’ realizzato dall’associazione ambientalista, che fa il punto sull’emergenza roghi. “Un’emergenza del tutto prevedibile – scrive Legambiente – dato l’annuale opera da parte di ecomafie e piromani, aggravata dal caldo torrido e dalla siccità, e che poteva essere affrontata per tempo con efficaci attività di prevenzione che sono mancate”.

I RITARDI NELLA GESTIONE DELL’EMERGENZA – La gestione dell’emergenza incendi è stata segnata finora “da troppi e ingiustificati ritardi a livello regionale e nazionale, a partire dalle Regioni che si sono mosse con troppa lentezza”. Tant’è che ancora oggi Campania e Lazio non hanno ancora approvato il Piano AIB 2017 (piano antincendio boschivo) e le relative modalità attuative per organizzare la prevenzione, il lavoro a terra, e gli accordi con i Vigili del fuoco e con la Protezione civile. Il Lazio, con il 35,2% (605.859 ettari) di superficie regionale forestale, ad oggi è la quarta regione per estensione dell’area interessata da incendi (1.635 ettari). Non solo non ha approvato il piano, ma solo a giugno ha definito e sottoscritto l’apposita convenzione con i Vigili del fuoco. La Campania ha il 32,7% della superficie regionale coperta da boschi e foreste. Gli ettari percorsi dal fuoco sono 2461 (aggiornati al 12 luglio). Oltre a non aver approvato il piano, non ha neanche sottoscritto la convenzione. Solo in questi ultimi giorni ha emanato le ordinanze sugli incendi boschivi, trasferendo le competenze dall’assessorato all’Agricoltura a quello alla Protezione Civile, senza però accompagnare il passaggio con un trasferimento di uomini e mezzi.

Calabria e Sicilia si sono mosse in parte e con grande ritardo. La Sicilia, inoltre, non ha ancora stipulato la convenzione con il corpo nazionale dei Vigili del Fuoco. Unica eccezione è la Puglia “che si è mossa su entrambi i fronti per tempo – fa notare Legambiente – ma non si hanno notizie dell’attivazione dei Centri operativi provinciali”. Ma il Piano antincendio boschivo non può bastare a scongiurare devastazioni come quelle in atto in questi giorni, se non accompagnato da un’efficace macchina organizzativa e da politiche di gestione forestale sostenibili. A questa situazione va aggiunto il numero insufficiente delle squadre di operai forestali e “l’assenza di strategie e di misure di adattamento al clima” rileva il dossier. Un ruolo significativo ce l’ha anche il processo di riorganizzazione delle funzioni dell’ex Corpo Forestale ora assorbito nell’Arma dei Carabinieri. Il colpo di grazia, poi, lo danno “i ritardi nazionali dovuti al fatto che il Governo e i Ministeri competenti non abbiano ancora approvato i decreti attuativi necessari al completamento del passaggio di competenze, personale, strumenti e mezzi per quanto riguarda l’antincendio boschivo, in modo da garantire su tutto il territorio squadre operative per gestire l’emergenza e svolgere le attività di prevenzione”.

I NUMERI DELL’EMERGENZA – Intanto, tra il 1 gennaio e il 12 luglio sono arrivate ben 764 richieste di intervento, raggiungendo il record decennale, da parte delle Regioni al Coau (Centro operativo aereo unificato). Secondo i dati del Rapporto Ecomafia 2017, solo nel 2016 sono andati in fumo 27mila ettari di boschi e aree verdi, per colpa di 4.635 incendi (tra dolosi e colposi). Un trend quasi raddoppiato rispetto al 2015 (2.250 incendi). Nelle quattro regioni a tradizionale insediamento mafioso, nel 2016 si sono concentrati nell’ultimo anno più del 58% dei roghi. In queste settimane le fiamme hanno raggiunto anche diverse aree protette. Luoghi “sempre più fragili –  rileva Legambiente – e in sofferenza”. Tra le cause il ritardo nell’aggiornamento dei Piani anticendio boschivo dei parchi e delle riserve naturali dello Stato. Piani che deve predisporre il Ministero dell’Ambiente, attraverso gli Enti Parco, e che poi devono essere assunti – d’intesa con le Regioni interessate – nei Piani delle rispettive Regioni. Allo stato attuale risultano 13 Piani antincendio boschivo vigenti, otto con l’iter non ancora concluso e due Parchi (Stelvio e quello del Cilento e Vallo di Diano) con il piano antincendi recentemente scaduto e da aggiornare. Tra le aree protette più colpite e danneggiate quella del Vesuvio, Majella, Gargano, Alta Murgia, Pollino, Sila, e Aspromonte.

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