Quel che accade di buono nel Paese è merito suo, tutto ciò che non va è colpa degli altri. Anche se i fatti in questione accadono nello stesso periodo, nella fattispecie un lasso di tempo in cui era lui a guidare il governo da Palazzo Chigi. E’ un Matteo Renzi che inforca due diverse lenti per leggere la realtà, quello che su Facebook commenta i dati economici pubblicati negli ultimi giorni dalla Banca d’Italia e dall’Istat.
“Se tutti i giornali oggi scrivono che i dati economici sono migliori delle (loro) previsioni è perché la strategia di crescita e di riforme che abbiamo fatto durante i #MilleGiorni sta dando i primi frutti”, scrive il segretario del Pd – presidente del Consiglio dal 22 febbraio 2014 allo scorso 5 dicembre – riferendosi alle stime per la crescita del Pil nel 2017, riviste al rialzo e fissate da Palazzo Koch a +1,4% contro il precedente 0,9% di gennaio. Un risultato che Renzi si intesta, quindi, attribuendolo all’azione del suo governo.
Che invece non ha nessuna colpa per l’aumento della povertà certificato nello stesso periodo dall’Istat. Di chi è la responsabilità se nel 2016 “sono 1 milione e 619mila le famiglie residenti in condizione di povertà assoluta, nelle quali vivono 4 milioni e 742 mila individui”, come spiegava il 13 luglio l’Istituto nazionale di statistica? Di Mario Monti “che oggi ha fatto una intervista per attaccare le tesi di Avanti : la cultura dell’austerity ha visto aumentare il numero di famiglie in povertà, un PIL negativo e crescere le diseguaglianze”, scrive l’ex premier. Incurante del fatto che i dati si riferiscono al 2016, terzo anno dell’era Renzi a Palazzo Chigi. Anno in cui si registra, tra l’altro, un “incremento significativo” dell’incidenza della povertà assoluta nel Centro Italia rispetto al 2015 (5,9% da 4,2%) e un aumento dal 18,7% a 20,7% dell’intensità della povertà per le famiglie. E “la strategia di crescita e di riforme che abbiamo fatto durante i #MilleGiorni” che ha portato alla crescita del Pil? In questo caso, secondo Renzi, non c’entra. Di sicuro non si è vista.
Al governo c’era lui ma la colpa è di chi c’era prima, quindi. Un’analisi sciorinata con una certa dose di faciloneria a uso dei social network, visto che quelli in questione sono fenomeni causati da una molteplicità di fattori che agiscono sul lungo periodo, la cui corretta interpretazione dovrebbe essere frutto un’osservazione altrettanto estesa nel tempo e che richiederebbero un’analisi più approfondita da parte del leader di quello che resta uno dei maggiori partiti del Paese.
A quale intervista si riferiva Renzi nel post? A quella rilasciata da Monti al Corriere della Sera: “Dibattere con il presidente Matteo Renzi è, purtroppo, impossibile. Le argomentazioni degli altri non gli interessano. Come un disco rotto, ormai ripete senza fine i suoi slogan e le sue accuse. Il rumore e la rissosità crescono esponenzialmente. L’impatto, in Italia e all’estero, tende asintoticamente a zero. Pari a zero è anche il suo rispetto per gli interlocutori e per la realtà”, sibilava il capo del governo dei tecnici sulla proposta del segretario Pd di portare il deficit al 2,9%.