In principio fu l’attico del cardinale Tarcisio Bertone a destare scandalo in Vaticano. Due appartamenti, quello dell’ex comandante della Gendarmeria Vaticana Camillo Cibin e di monsignor Bruno Bertagna, uniti in una sola grande residenza di 700 metri quadrati al terzo piano di Palazzo San Carlo, accanto a Casa Santa Marta, la residenza di Papa Francesco. Poi il trasloco di lusso, in occasione degli 80 anni del porporato salesiano, festeggiato con un rinfresco per una quarantina di fedelissimi gustando anche il pregiato tartufo d’Alba per richiamare le origini piemontesi di Bertone. E, infine, lo scandalo emerso grazie al libro-inchiesta Avarizia del giornalista de L’Espresso Emiliano Fittipaldi riguardo i lavori di ristrutturazione pagati dall’Ospedale pediatrico della Santa Sede Bambino Gesù. Ben 422mila euro per rendere l’attico degno del suo inquilino. Ma non è tutto. Dall’inchiesta, nata durante lo scandalo Vatileaks 2, è emerso che i lavori di ristrutturazione sono stati pagati due volte: sia dalla Fondazione Bambino Gesù, sia dal Governatorato che, stando alle fatture, ha sborsato 300mila euro poi restituiti da Bertone. Sempre il porporato aveva restituito in due rate (dicembre 2015 e gennaio 2016) 150mila euro al Bambino Gesù quando il costo della ristrutturazione, come aveva scritto Fittipaldi, sembrava essere di 200mila euro. Ma poi l’inchiesta vaticana ha evidenziato, fatture alla mano, che le spese sono state molto più alte.
L’accusa del pm vaticano – Per volere di Bergoglio il 18 luglio 2017 si aprono nuovamente le porte del Tribunale penale della Santa Sede. Alla sbarra ci sono l’ex presidente e l’ex tesoriere dell’ospedale pediatrico, Giuseppe Profiti e Massimo Spina, che secondo il pm vaticano “hanno utilizzato in modo illecito, a vantaggio dell’imprenditore Bandera, denaro appartenente alla Fondazione Bambino Gesù, denaro del quale entrambi avevano la disponibilità in ragione delle funzioni dagli stessi ricoperte. In particolare sono stati pagati per fini completamente extraistituzionali euro 422.005,16, utilizzandoli per effettuare lavori di ristrutturazione edilizia di un immobile di proprietà del Governatorato, destinato a residenza del Segretario di Stato emerito, per avvantaggiare l’impresa di Gianantonio Bandera. Reato commesso nella Città del Vaticano, dal novembre 2013 al 28 maggio 2014”.
Giuseppe Profiti – Legatissimo a Bertone che lo volle a capo del Bambino Gesù, Profiti, nato a Catanzaro, classe 1961, è un vero e proprio manager della sanità cattolica. Ex ufficiale della Guardia di finanza ed ex direttore generale delle Risorse finanziarie della Regione Liguria era stato ritenuto responsabile di concorso in turbativa d’asta nell’inchiesta sulle presunte tangenti per gli appalti delle mense ospedaliere di Savona. In Cassazione arrivò poi l’assoluzione per non aver commesso il fatto. Al suo arrivo a Roma Bergoglio manifestò immediatamente e pubblicamente la sua totale disistima nei confronti di Profiti. Nella sua prima e al momento unica visita al Bambino Gesù, il 21 dicembre 2013, destò notevole scalpore il gesto compiuto dal Papa che, mentre l’allora presidente dell’ospedale pediatrico gli rivolgeva il saluto di benvenuto, prima si mise a giocare con i piccoli degenti e poi abbandonò la sala dell’incontro mentre Profiti stava ancora parlando. In quell’occasione a irritare ulteriormente Bergoglio fu la presenza dell’ex Segretario di Stato, il cardinale Bertone, che ignorato dallo staff papale fu costretto ad abbandonare il nosocomio mentre la visita di Francesco era ancora in corso. Questo gesto a dir poco irrituale del Papa nei confronti di Profiti destò ancora più stupore quando all’ex manager, dopo la revisione contabile voluta da Bergoglio, gli fu rinnovata la guida del Bambino Gesù nel triennio 2014-2016. Incarico, però, che Profiti lasciò nel febbraio 2015 ormai in rotta di collisione con i superiori. Lasciando il Bambino Gesù l’ex manager ha chiesto aiuto ai suoi amici, tra i quali, il cardinale Francesco Coccopalmerio recentemente travolto dalla scandalo che ha visto protagonista il suo segretario beccato dalla Gendarmeria Vaticana nel suo appartamento mentre era in corso un festino gay a base di droga.
Massimo Spina – Ugualmente fedelissimo di Bertone è l’altro imputato del processo, Spina, campano, nato a Piano di Sorrento, classe 1960, anche lui manager di lungo corso nella sanità cattolica. Il suo nome compare anche nell’inchiesta sul “Giubileo della cricca” che ha visto protagonisti il cardinale Crescenzio Sepe, l’ex provveditore alle Opere pubbliche del Lazio Angelo Balducci, il costruttore Diego Anemone, l’ex numero uno della Protezione civile Guido Bertolaso e l’ex ministro berlusconiano Pietro Lunardi. All’epoca delle indagini emerse, infatti, anche un’intercettazione telefonica di monsignor Giovanni Ermes Viale, allora capo ufficio della Congregazione per l’evangelizzazione dei popoli guidata proprio da Sepe, che chiedeva a Balducci di aiutare la figlia di Spina a superare il concorso per l’ammissione al corso di laurea in Architettura presso l’Università La Sapienza di Roma.
Gianantonio Bandera – Non è indagato, invece, l’imprenditore che ha effettuato i lavori di ristrutturazione dell’attico di Bertone. Si tratta di Gianantonio Bandera proprietario dell’impresa edile Castelli Re anche lui da sempre legatissimo al porporato salesiano. Fu proprio l’arcidiocesi di Genova, guidata da Bertone dal 2002 al 2006, a nominare Bandera magistrato della Misericordia, la fondazione che amministra i beni della curia del capoluogo ligure destinati ai poveri e che possiede un patrimonio enorme di lasciti immobiliari. Ma grazie al porporato salesiano l’imprenditore ha fatto diversi lavori: dai parcheggi con centinaia di posti auto nelle parrocchie genovesi al posto dei campetti degli oratori, ad auditorium, uffici e laboratori realizzati nell’ospedale Bambino Gesù nel periodo della presidenza di Profiti.
Una ristrutturazione da 792mila euro – Sono sette le fatture emesse dall’impresa Castelli Re, per un importo di 422mila euro, pagate dalla Fondazione Bambino Gesù per i lavori dell’attico di Bertone. Ma esistono altre quattro fatture, per un totale di 307mila euro, che la stessa ditta ha presentato al Governatorato vaticano che ha poi chiesto a Bertone di coprire le spese. A questa cifra, che era quella del preventivo presentato dalla Castelli Re, si sono poi aggiunte opere per 29mila euro. A essi vanno sommati ancora le maestranze e i materiali messi a disposizione dal Vaticano che si aggirano sui 27mila euro e quelli di ditte terze che ammontano a poco più di 5mila euro. Un totale quindi di 370mila euro che sommati ai 422mila euro pagati dal Bambino Gesù arrivano alla cifra stratosferica di 792mila euro.
Profiti: “La ristrutturazione fu un’operazione di fundraising” – Profiti ha sempre ammesso tutto spiegando che “l’idea di fondo era quella di promuovere incontri con aziende, personaggi, diciamo così, istituzionali ai quale illustrare le attività del Bambino Gesù, fare comunicazione e quindi fundraising. È vero: con i soldi stanziati da noi è stata ristrutturata una parte della casa del cardinale Bertone cercando di ottenere in cambio la disponibilità di potere mettere a disposizione l’appartamento”. L’ex manager ammette, inoltre, di aver ricevuto le fatture dalla ditta di Bandera e aggiunge pure di ricordare l’esistenza di “una lettera con la quale la stessa società si impegnava a fare una donazione al Bambino Gesù per un importo corrispondente”. Alla domanda se Bertone era a conoscenza di tutto ciò, Profiti risponde: “Confesso che questo non lo ricordo, se sia stato comunicato o meno. Credo di aver chiesto al cardinale se c’era questa disponibilità a fare incontri istituzionali, anche culturali diciamo. E se c’era questa sua disponibilità, si poteva contribuire. Credo lui abbia detto di sì”. Diversa è stata, invece, la posizione di Bertone: “Escludo in modo assoluto di aver mai dato indicazioni o autorizzato la Fondazione Bambino Gesù ad alcun pagamento”, aveva detto il porporato allo scoppio del caso precisando di aver “saputo poi di un contributo dato dalla Fondazione Bambino Gesù” allo scopo.
Francesco: “Il cancro più forte di un ospedale è la corruzione” – Ora il Papa, che non ha mai nascosto la sua irritazione per la scelta di Bertone di continuare a vivere in Vaticano da pensionato, vuole finalmente vederci chiaro. “Il Bambino Gesù – ha detto Bergoglio – ha avuto una storia non sempre buona quando i medici sono diventati affaristi facendo di un ospedale pediatrico un’impresa”. Francesco, non nuovo a forti richiami contro la corruzione, ha tuonato con forza: “Non si possono fare affari corrotti con i bambini!”. E ancora: “Il cancro più forte di un ospedale è la corruzione. Oggi una mancia qui, domani una tangente là e si finisce pian piano senza accorgersene nella corruzione. In questo mondo in cui si fanno affari sporchi, il Bambino Gesù deve dire di no. Peccatori sì, corrotti no”.
Aggiornato da Redazione Web il 20 luglio 2017 alle ore 14.33
Twitter: @FrancescoGrana
Cronaca
Tarcisio Bertone e il super attico in Vaticano: al via il processo nella Santa Sede. Nomi, ruoli e accuse dello scandalo
Alla fine la ristrutturazione dei 700 metri quadri extra lusso adibiti a residenza del cardinale è costata 792mila euro. Papa Francesco ha voluto vederci chiaro: alla sbarra ci sono Giuseppe Profiti e Massimo Spina, rispettivamente ex presidente ed ex tesoriere dell’ospedale pediatrico Bambino Gesù. Che, insieme al Governatorato, ha pagato i lavori
In principio fu l’attico del cardinale Tarcisio Bertone a destare scandalo in Vaticano. Due appartamenti, quello dell’ex comandante della Gendarmeria Vaticana Camillo Cibin e di monsignor Bruno Bertagna, uniti in una sola grande residenza di 700 metri quadrati al terzo piano di Palazzo San Carlo, accanto a Casa Santa Marta, la residenza di Papa Francesco. Poi il trasloco di lusso, in occasione degli 80 anni del porporato salesiano, festeggiato con un rinfresco per una quarantina di fedelissimi gustando anche il pregiato tartufo d’Alba per richiamare le origini piemontesi di Bertone. E, infine, lo scandalo emerso grazie al libro-inchiesta Avarizia del giornalista de L’Espresso Emiliano Fittipaldi riguardo i lavori di ristrutturazione pagati dall’Ospedale pediatrico della Santa Sede Bambino Gesù. Ben 422mila euro per rendere l’attico degno del suo inquilino. Ma non è tutto. Dall’inchiesta, nata durante lo scandalo Vatileaks 2, è emerso che i lavori di ristrutturazione sono stati pagati due volte: sia dalla Fondazione Bambino Gesù, sia dal Governatorato che, stando alle fatture, ha sborsato 300mila euro poi restituiti da Bertone. Sempre il porporato aveva restituito in due rate (dicembre 2015 e gennaio 2016) 150mila euro al Bambino Gesù quando il costo della ristrutturazione, come aveva scritto Fittipaldi, sembrava essere di 200mila euro. Ma poi l’inchiesta vaticana ha evidenziato, fatture alla mano, che le spese sono state molto più alte.
L’accusa del pm vaticano – Per volere di Bergoglio il 18 luglio 2017 si aprono nuovamente le porte del Tribunale penale della Santa Sede. Alla sbarra ci sono l’ex presidente e l’ex tesoriere dell’ospedale pediatrico, Giuseppe Profiti e Massimo Spina, che secondo il pm vaticano “hanno utilizzato in modo illecito, a vantaggio dell’imprenditore Bandera, denaro appartenente alla Fondazione Bambino Gesù, denaro del quale entrambi avevano la disponibilità in ragione delle funzioni dagli stessi ricoperte. In particolare sono stati pagati per fini completamente extraistituzionali euro 422.005,16, utilizzandoli per effettuare lavori di ristrutturazione edilizia di un immobile di proprietà del Governatorato, destinato a residenza del Segretario di Stato emerito, per avvantaggiare l’impresa di Gianantonio Bandera. Reato commesso nella Città del Vaticano, dal novembre 2013 al 28 maggio 2014”.
Giuseppe Profiti – Legatissimo a Bertone che lo volle a capo del Bambino Gesù, Profiti, nato a Catanzaro, classe 1961, è un vero e proprio manager della sanità cattolica. Ex ufficiale della Guardia di finanza ed ex direttore generale delle Risorse finanziarie della Regione Liguria era stato ritenuto responsabile di concorso in turbativa d’asta nell’inchiesta sulle presunte tangenti per gli appalti delle mense ospedaliere di Savona. In Cassazione arrivò poi l’assoluzione per non aver commesso il fatto. Al suo arrivo a Roma Bergoglio manifestò immediatamente e pubblicamente la sua totale disistima nei confronti di Profiti. Nella sua prima e al momento unica visita al Bambino Gesù, il 21 dicembre 2013, destò notevole scalpore il gesto compiuto dal Papa che, mentre l’allora presidente dell’ospedale pediatrico gli rivolgeva il saluto di benvenuto, prima si mise a giocare con i piccoli degenti e poi abbandonò la sala dell’incontro mentre Profiti stava ancora parlando. In quell’occasione a irritare ulteriormente Bergoglio fu la presenza dell’ex Segretario di Stato, il cardinale Bertone, che ignorato dallo staff papale fu costretto ad abbandonare il nosocomio mentre la visita di Francesco era ancora in corso. Questo gesto a dir poco irrituale del Papa nei confronti di Profiti destò ancora più stupore quando all’ex manager, dopo la revisione contabile voluta da Bergoglio, gli fu rinnovata la guida del Bambino Gesù nel triennio 2014-2016. Incarico, però, che Profiti lasciò nel febbraio 2015 ormai in rotta di collisione con i superiori. Lasciando il Bambino Gesù l’ex manager ha chiesto aiuto ai suoi amici, tra i quali, il cardinale Francesco Coccopalmerio recentemente travolto dalla scandalo che ha visto protagonista il suo segretario beccato dalla Gendarmeria Vaticana nel suo appartamento mentre era in corso un festino gay a base di droga.
Massimo Spina – Ugualmente fedelissimo di Bertone è l’altro imputato del processo, Spina, campano, nato a Piano di Sorrento, classe 1960, anche lui manager di lungo corso nella sanità cattolica. Il suo nome compare anche nell’inchiesta sul “Giubileo della cricca” che ha visto protagonisti il cardinale Crescenzio Sepe, l’ex provveditore alle Opere pubbliche del Lazio Angelo Balducci, il costruttore Diego Anemone, l’ex numero uno della Protezione civile Guido Bertolaso e l’ex ministro berlusconiano Pietro Lunardi. All’epoca delle indagini emerse, infatti, anche un’intercettazione telefonica di monsignor Giovanni Ermes Viale, allora capo ufficio della Congregazione per l’evangelizzazione dei popoli guidata proprio da Sepe, che chiedeva a Balducci di aiutare la figlia di Spina a superare il concorso per l’ammissione al corso di laurea in Architettura presso l’Università La Sapienza di Roma.
Gianantonio Bandera – Non è indagato, invece, l’imprenditore che ha effettuato i lavori di ristrutturazione dell’attico di Bertone. Si tratta di Gianantonio Bandera proprietario dell’impresa edile Castelli Re anche lui da sempre legatissimo al porporato salesiano. Fu proprio l’arcidiocesi di Genova, guidata da Bertone dal 2002 al 2006, a nominare Bandera magistrato della Misericordia, la fondazione che amministra i beni della curia del capoluogo ligure destinati ai poveri e che possiede un patrimonio enorme di lasciti immobiliari. Ma grazie al porporato salesiano l’imprenditore ha fatto diversi lavori: dai parcheggi con centinaia di posti auto nelle parrocchie genovesi al posto dei campetti degli oratori, ad auditorium, uffici e laboratori realizzati nell’ospedale Bambino Gesù nel periodo della presidenza di Profiti.
Una ristrutturazione da 792mila euro – Sono sette le fatture emesse dall’impresa Castelli Re, per un importo di 422mila euro, pagate dalla Fondazione Bambino Gesù per i lavori dell’attico di Bertone. Ma esistono altre quattro fatture, per un totale di 307mila euro, che la stessa ditta ha presentato al Governatorato vaticano che ha poi chiesto a Bertone di coprire le spese. A questa cifra, che era quella del preventivo presentato dalla Castelli Re, si sono poi aggiunte opere per 29mila euro. A essi vanno sommati ancora le maestranze e i materiali messi a disposizione dal Vaticano che si aggirano sui 27mila euro e quelli di ditte terze che ammontano a poco più di 5mila euro. Un totale quindi di 370mila euro che sommati ai 422mila euro pagati dal Bambino Gesù arrivano alla cifra stratosferica di 792mila euro.
Profiti: “La ristrutturazione fu un’operazione di fundraising” – Profiti ha sempre ammesso tutto spiegando che “l’idea di fondo era quella di promuovere incontri con aziende, personaggi, diciamo così, istituzionali ai quale illustrare le attività del Bambino Gesù, fare comunicazione e quindi fundraising. È vero: con i soldi stanziati da noi è stata ristrutturata una parte della casa del cardinale Bertone cercando di ottenere in cambio la disponibilità di potere mettere a disposizione l’appartamento”. L’ex manager ammette, inoltre, di aver ricevuto le fatture dalla ditta di Bandera e aggiunge pure di ricordare l’esistenza di “una lettera con la quale la stessa società si impegnava a fare una donazione al Bambino Gesù per un importo corrispondente”. Alla domanda se Bertone era a conoscenza di tutto ciò, Profiti risponde: “Confesso che questo non lo ricordo, se sia stato comunicato o meno. Credo di aver chiesto al cardinale se c’era questa disponibilità a fare incontri istituzionali, anche culturali diciamo. E se c’era questa sua disponibilità, si poteva contribuire. Credo lui abbia detto di sì”. Diversa è stata, invece, la posizione di Bertone: “Escludo in modo assoluto di aver mai dato indicazioni o autorizzato la Fondazione Bambino Gesù ad alcun pagamento”, aveva detto il porporato allo scoppio del caso precisando di aver “saputo poi di un contributo dato dalla Fondazione Bambino Gesù” allo scopo.
Francesco: “Il cancro più forte di un ospedale è la corruzione” – Ora il Papa, che non ha mai nascosto la sua irritazione per la scelta di Bertone di continuare a vivere in Vaticano da pensionato, vuole finalmente vederci chiaro. “Il Bambino Gesù – ha detto Bergoglio – ha avuto una storia non sempre buona quando i medici sono diventati affaristi facendo di un ospedale pediatrico un’impresa”. Francesco, non nuovo a forti richiami contro la corruzione, ha tuonato con forza: “Non si possono fare affari corrotti con i bambini!”. E ancora: “Il cancro più forte di un ospedale è la corruzione. Oggi una mancia qui, domani una tangente là e si finisce pian piano senza accorgersene nella corruzione. In questo mondo in cui si fanno affari sporchi, il Bambino Gesù deve dire di no. Peccatori sì, corrotti no”.
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Sankt Moritz, 13 mar. -(Adnkronos) - La prima tappa della Coppa delle Alpi by 1000 Miglia 2025, partita da Brescia alle 9:00 di stamattina, è in conclusione. La classifica aggiornata alla Prova di Media sul Passo Eira vede Francesco e Giuseppe di Petra in testa a bordo della loro Fiat 508C del 1938, seguiti da Belotti-Plebani sulla Bugatti T 37 A del 1927 e da un’altra 508C ma del 1937, quella di Aliverti-Polini. Conclusa la sosta per il pranzo a Tirano, gli equipaggi hanno iniziato a risalire la Valtellina toccando prima Grosio, con la vista del Castello Vecchio di San Faustino sullo sfondo, e poi Bormio, che ha ospitato un controllo timbro in pieno centro storico. Una volta lasciata alle spalle la cittadina, hanno iniziato a profilarsi i primi scorci imbiancati. Ben presto, gli equipaggi si sono visti immersi in un panorama completamente innevato, reso ancor più bello dalla luce del sole del pomeriggio.
Sul Passo Eira, ad un’altitudine di 2000 metri, si è tenuta la prima Prova di Media della manifestazione, dopodiché il convoglio è giunto a Livigno, che ha accolto i piloti per un coffee break nella Piazza del Comune. Il benvenuto del centro cittadino è stato caloroso, con una folla entusiasta che si è riunita nei pressi dell’arco all’arrivo nella cittadina, partner della Coppa delle Alpi 2025. Costeggiando il lago di Livigno, ghiacciato dalle rigide temperature invernali, gli equipaggi sono entrati in Svizzera passando dal tunnel Munt la Schera. Le vetture sono infine giunte a St. Moritz, primo traguardo di tappa della Coppa delle Alpi 2025.
Lasciandosi alle spalle la Torre Pendente di San Maurizio, hanno effettuato le ultime prove di giornata e, dopo aver costeggiato il lago di St. Moritz, sono finalmente giunte al Controllo Orario finale nella centralissima via Serlas sotto una consistente nevicata.
Verona, 13 mar. - (Adnkronos) - "Abbiamo voluto e portato all’interno di una manifestazione fieristica un progetto di natura sociale, per la prima volta in assoluto, in quanto non era mai accaduto che si dedicasse un intero padiglione alla fiera del sociale. Lo abbiamo fatto per la prima volta in occasione del primo evento di LetExpo, e ora siamo alla quarta edizione. Siamo partiti con tre organizzazioni tra fondazioni e associazioni: Fondazione Grimaldi, la Comunità Lautari e l’ospedale pediatrico Santobono Pausilipon, con la sua Fondazione. Oggi sono più di 50 organizzazioni, c’è stata una crescita esponenziale. Sono felice di aver condiviso tutte queste annate con il ministro per le Disabilità Alessandra Locatelli, che ha condiviso con noi questi momenti”. Lo ha detto Eugenio Grimaldi, executive manager del Gruppo Grimaldi e presidente di Alis per il Sociale alla quarta edizione di LetExpo, la fiera di riferimento per i trasporti, la logistica, i servizi alle imprese e la sostenibilità, in programma a Verona fino al 14 marzo. La fiera è promossa da Alis in collaborazione con Veronafiere, LetExpo rappresenta l’evento nazionale e internazionale di riferimento della filiera, con un focus sulle attuali dinamiche geopolitiche e sulla sostenibilità ambientale, economica e sociale.
“Il ministro Locatelli ha ascoltato le istanze di queste fondazioni e organizzazioni, ci ha invitato a Palazzo Chigi, dove abbiamo avuto modo di parlare delle loro criticità e ascoltandole credo che nei nuovi decreti abbiano potuto portare e sollevare delle linee guida presenti oggi in questi nuovi decreti. Quindi, rappresenta un risultato tangibile che ci dà grande soddisfazione - afferma Grimaldi - Ho avuto la percezione anche di una crescita per i prossimi anni e questo dà sicuramente grande soddisfazione e ancora più voglia di lavorare”.
“E’ stato un momento di grande soddisfazione aver avuto momenti di condivisione con i gruppi del ministero della Difesa, come l’esercizio, che hanno partecipato in senso attivo non solo nel padiglione, dove c'è l'organizzazione del Ministero della Difesa, ma si sono avvicinati al padiglione 1, dedicato al sociale - spiega - Già abbiamo condiviso che l'anno prossimo avremo una partecipazione anche all’interno dell’organizzazione da parte loro. Abbiamo avuto anche l'Aeronautica militare, che con la Fanfara ha aperto il padiglione nella giornata inaugurale”. “Voglio ringraziare tutte le imprese, che rappresentano il senso di questo evento e le aziende che hanno già portato a termine alcuni progetti con la Comunità Lautari e con la Fondazione Grimaldi, ma soprattutto che hanno portato a compimento già con la Fondazione Santobono. C'è un senso pratico e tangibile del lavoro espresso in questo padiglione e in questa fiera, che porta sicuramente dei risultati nel terzo settore, dove ci sono i più fragili”, conclude Grimaldi.
Roma, 13 mar. (Adnkronos) - Cresce la consapevolezza degli italiani verso la sostenibilità alimentare. A testimoniarlo è la recente indagine 'Le scelte alimentari degli italiani tra sostenibilità e consumo: percezioni e preferenze verso i prodotti certificati' commissionata a Consumerismo No Profit da Findus e presentata oggi durante un incontro svoltosi presso l’Acquario Civico di Milano.
Secondo il sondaggio, quasi 7 consumatori su 10 (il 68% degli intervistati) considera la sostenibilità un fattore importante, con quasi il 20% che la ritiene un driver fondamentale nella scelta dei prodotti alimentari da acquistare. Inoltre, l’indagine evidenzia come le abitudini d’acquisto stiano cambiando: rispetto a 10 anni fa, il 66% degli intervistati dichiara di aver aumentato la propria attenzione nei confronti di prodotti certificati sostenibili e 2 italiani su 10 li cercano attivamente al supermercato. Quasi la metà degli intervistati (46%) dichiara di leggere spesso le etichette per verificare la provenienza e la filiera dei prodotti alimentari, il 26% lo fa sempre.
Per quanto riguarda i prodotti certificati sostenibili, 1 italiano su 10 (12%) li sceglie sempre, mentre il 71% li acquista occasionalmente, approfittando di offerte e promozioni, dimostrando una predisposizione selettiva che spesso dipende dal prezzo. Quando si tratta di prodotti ittici, la qualità e la freschezza rimangono il principale fattore di scelta per il 64% degli intervistati, seguiti dalla provenienza del pesce (59%) e dal prezzo (51%). Ma è da segnalare anche che 1 consumatore su 4 (26%) indica le certificazioni di sostenibilità come un criterio determinante nella scelta dei prodotti ittici, un dato che suggerisce come le certificazioni stiano entrando tra i criteri di scelta, seppure ci sia da continuare a lavorare.
Roma, 13 mar. (Adnkronos) - Cresce la consapevolezza degli italiani verso la sostenibilità alimentare. A testimoniarlo è la recente indagine 'Le scelte alimentari degli italiani tra sostenibilità e consumo: percezioni e preferenze verso i prodotti certificati' commissionata a Consumerismo No Profit da Findus e presentata oggi durante un incontro svoltosi presso l’Acquario Civico di Milano.
Secondo il sondaggio, quasi 7 consumatori su 10 (il 68% degli intervistati) considera la sostenibilità un fattore importante, con quasi il 20% che la ritiene un driver fondamentale nella scelta dei prodotti alimentari da acquistare. Inoltre, l’indagine evidenzia come le abitudini d’acquisto stiano cambiando: rispetto a 10 anni fa, il 66% degli intervistati dichiara di aver aumentato la propria attenzione nei confronti di prodotti certificati sostenibili e 2 italiani su 10 li cercano attivamente al supermercato. Quasi la metà degli intervistati (46%) dichiara di leggere spesso le etichette per verificare la provenienza e la filiera dei prodotti alimentari, il 26% lo fa sempre.
Per quanto riguarda i prodotti certificati sostenibili, 1 italiano su 10 (12%) li sceglie sempre, mentre il 71% li acquista occasionalmente, approfittando di offerte e promozioni, dimostrando una predisposizione selettiva che spesso dipende dal prezzo. Quando si tratta di prodotti ittici, la qualità e la freschezza rimangono il principale fattore di scelta per il 64% degli intervistati, seguiti dalla provenienza del pesce (59%) e dal prezzo (51%). Ma è da segnalare anche che 1 consumatore su 4 (26%) indica le certificazioni di sostenibilità come un criterio determinante nella scelta dei prodotti ittici, un dato che suggerisce come le certificazioni stiano entrando tra i criteri di scelta, seppure ci sia da continuare a lavorare.
Roma, 13 mar. - (Adnkronos) - Il Gruppo Webuild ha chiuso il 2024 con risultati record, superando gli impegnativi obiettivi previsti per l’anno grazie a una crescita a doppia cifra, con ricavi pari a 12 miliardi (+20% sul 2023) mentre l'Ebitda ammonta a 967 milioni (+18%, rispetto a una guidance fissata sopra i 900 milioni), corrispondente a un margine del’8,1%. Il gruppo sottolinea come la struttura finanziaria si è rafforzata ulteriormente mantenendo per il quarto anno consecutivo una posizione di cassa netta, che si attesta a 1.445 milioni nel 2024 (ben superiore agli oltre 400 milioni fissati nella guidance) mentre la leva finanziaria si è ridotta a 2,9x, attestandosi ad un livello migliore rispetto ai principali player internazionali di settore.
La crescita - si sottolinea - è trainata dallo sviluppo delle attività in Italia (Alta Velocità/Alta Capacità ferroviaria MilanoGenova e Verona-Padova, Alta Velocità ferroviaria Napoli-Bari e Palermo-Catania-Messina), in Australia (Snowy Hydro 2.0, SSTOM Sydney Metro, Perdaman e North East Link di Melbourne) e in Arabia Saudita (Trojena Dams e Connector South).
Il Gruppo ha continuato a consolidare la propria leadership in Italia e nei principali mercati internazionali, tra cui Europa, Australia, Stati Uniti e Medio Oriente, che nel 2024 hanno contribuito per oltre il 90% ai ricavi, a conferma del proseguimento dell’impegno nella politica di de-risking.
A fine 2024 il portafoglio ordini totale di Weibuld risultava pari a 63,2 miliardi di euro, di cui 54,3 miliardi relativi a construction e 8,9 miliardi riferiti a concessions e operation & maintenance. Il backlog construction - si sottolinea in una nota - "si conferma tra i più alti rispetto ai principali peers europei nel segmento construction". Peraltro, ricorda Webuild, circa il 90% del backlog construction del Gruppo è relativo a progetti legati all’avanzamento degli obiettivi di sviluppo sostenibile (SDG) delle Nazioni Unite. In termini di geografie il portafoglio ordini risulta prevalentemente distribuito tra Italia, paesi dell’Europa Centrale e del Nord, Stati Uniti, Medio Oriente ed Australia - principalmente in segmenti legati alla mobilità sostenibile quali l’alta velocità, il settore ferroviario e il settore stradale - portando i progetti in queste geografie a quasi il 90% del backlog construction.
Alla luce dei risultati record raggiunti nel 2024, ma anche "del consolidato posizionamento in un mercato in forte espansione e della robusta piattaforma costruita nel tempo", Webuild ha rivisto al rialzo i target 2025, definiti nel piano "Roadmap al 2025 – The Future is Now", che già prevedevano obiettivi ambiziosi. La nuova guidance prevede per il 2025 ricavi superiori a 12,5 miliardi (il target precedente era di 10,5-11 miliardi), un Ebitda maggiore di 1,1 miliardi, rispetto ad un precedente target di €990-1.050 milioni, e una solida cassa netta superiore a 700 milioni, rispetto all’indicazione di una cassa netta positiva.
Webuild ha chiuso il 2024 con un utile netto attribuibile ai Soci della Controllante adjusted di 247 milioni di euro contro i 236 milioni del 2023.Il risultato prima delle imposte adjusted si attesta a 434 milioni con un aumento del 10% rispetto all’esercizio precedente mentre le Imposte sul reddito adjusted ammontano a 181 milioni. La Posizione finanziaria netta delle attività continuative al 31 dicembre 2024 era positiva per 1.445 (€1.431 milioni al 31 dicembre 2023), registrando un risultato superiore alle attese. Questo risultato - si sottolinea in una nota - "conferma l’efficacia delle strategie adottate per ottimizzare la gestione del capitale circolante e riflette i successi commerciali conseguiti dal Gruppo anche nel 2024, assumendo ancora maggiore rilevanza alla luce degli investimenti in dotazioni tecniche e beni in leasing (970 milioni) per l’avvio dei grandi progetti in corso".
A fine esercizio l’indebitamento lordo, al netto dell’effetto temporaneo di incremento del debito legato all’operazione di liability management di ottobre 2024, si attesta a 2,765 miliardi (2,609 miliardi nel 2023), con un rapporto Indebitamento lordo/EBITDA di 2,9x, in riduzione rispetto al dato di 3,2x al 31 dicembre 2023. Alla luce dei risultati nell'assemblea che sarà convocata per il 16 aprile sarà proposto un dividendo di 0,081 euro per azione ordinaria (+14%) e di 0,26 euro per ciascuna azione di risparmio.
Napoli, 13 mar. (Adnkronos/Labitalia) - In una Campania in crescita, ma ancora segnata dal fenomeno della fuga di talenti, il legame tra formazione universitaria e sviluppo economico diventa cruciale. Se ne è discusso presso la Sala D’Amato dell’Unione Industriale Napoli, durante l’evento 'Muoversi nelle professioni e sul territorio', promosso dalla Luiss e dedicato alle lauree magistrali dell’Ateneo.
“La Luiss lavora in prima linea per costruire corsi di laurea magistrale strettamente legati alle necessità del mercato del lavoro. Pur avendo sede a Roma, dedichiamo particolare attenzione alla Campania, seconda regione di provenienza dei nostri studenti e territorio ricco di opportunità nei settori chiave come turismo, agroalimentare e aerospazio. Il nostro obiettivo è collaborare con le imprese campane affinché i nostri studenti possano realizzarsi professionalmente all’interno di esse, raggiungendo posizioni apicali”, ha spiegato Enzo Peruffo, Dean della Graduate School Luiss e responsabile dello sviluppo dei percorsi magistrali dell’Ateneo.
Durante l’incontro sono state illustrate anche le caratteristiche dell’offerta formativa Luiss: “E' importante farsi guidare dalle proprie passioni e dai propri interessi, ma anche essere pronti a sviluppare nuove competenze trasversali, saper dialogare con l’intelligenza artificiale con solide competenze verticali e lavorare sulle life skills, le cosiddette competenze della vita. Solo così si potranno affrontare le trasformazioni attuali e future. Per noi è fondamentale interagire con tutte le realtà del territorio, da cui traiamo spunto per disegnare un’offerta formativa sempre più aderente alle esigenze del mercato del lavoro. Il nostro obiettivo è formare studenti altamente preparati, motivati e appassionati, in grado non solo di entrare nel mondo del lavoro, ma di costruire percorsi di carriera soddisfacenti e di successo”.
Roma, 13 mar. (Adnkronos/Labitalia) - Si è conclusa oggi la terza edizione del Welfare day evento di riferimento per il mondo del welfare aziendale, organizzato da Comunicazione Italiana in collaborazione con Pluxee Italia, player globale leader nei benefit aziendali e nell’employee engagement. La giornata, ospitata presso Palazzo dell’Informazione in Roma e trasmessa in diretta su www.comunicazioneitaliana.tv, ha offerto spunti concreti su come le imprese possano integrare il welfare nelle proprie strategie, favorendo sostenibilità, engagement dei dipendenti e innovazione.
L'evento si è aperto con il Keynote Speech di Pluxee Italia, in cui Anna Maria Mazzini e Tommaso Palermo - rispettivamente Chief Growth Officer e Managing Director di Pluxee Italia - hanno evidenziato come il welfare aziendale stia evolvendo in una strategia collettiva, guidata dalla digitalizzazione e dalla crescente personalizzazione dei servizi. Attraverso dati e case study, è emerso come la tecnologia stia rivoluzionando la gestione del benessere dei dipendenti, rendendolo più accessibile ed efficace. Durante l’evento Pluxee ha presentato anche la nuova piattaforma welfare: un’innovazione che amplia l’offerta dei servizi offerti, basata su flessibilità, accessibilità e ampiezza del network.
Nel corso delle tre sessioni talk show, con la partecipazione di Chro, welfare manager e altre figure hr chiave di aziende del Paese, sono stati affrontati alcuni dei temi più rilevanti per il futuro del welfare. Nel primo, 'Welfare strategico: l’alleanza tra hr e business e la creazione di valore sostenibile', con la conduzione di Esther Intile di Enel Group, è stato approfondito il legame tra il welfare aziendale e la sostenibilità delle imprese. Tra i punti emersi, la necessità di un approccio integrato tra hr e business per massimizzare l’impatto positivo del welfare sulla produttività e sulla retention dei talenti.
Nel secondo panel, “Il ruolo dei benefit aziendali all'interno della strategia di welfare”, si è discusso di come i benefit siano passati da strumenti standardizzati a soluzioni sempre più personalizzate, grazie all’ascolto attivo delle esigenze dei dipendenti e all’uso di piattaforme digitali. Relatori e relatrici hanno sottolineato l'importanza di costruire un ecosistema aziendale basato sulla flessibilità e sull’inclusione, ma hanno anche posto l’accento su una criticità diffusa: troppi dipendenti non conoscono o non sfruttano i benefit a loro disposizione. Servono quindi strategie di comunicazione più efficaci per favorire un reale engagement.
Il terzo e ultimo talk show, “La centralità del welfare nelle strategie di attraction e retention”, ha posto l’attenzione sulla crescente importanza del welfare come strumento di attrazione e fidelizzazione dei talenti. Tra le best practice emerse, il rafforzamento di benefit legati alla salute, al sostegno alla genitorialità e al benessere psicologico, aspetti ormai fondamentali per le nuove generazioni di lavoratori.
La sfida è coniugare ascolto e personalizzazione, superando l’approccio one-size-fits-all e costruendo soluzioni di welfare sempre più dinamiche, scalabili e in linea con le nuove esigenze del mondo del lavoro. Un welfare aziendale davvero efficace non solo migliora il benessere di lavoratori e lavoratrici, ma genera un impatto positivo sull'intera organizzazione, contribuendo alla sostenibilità e alla crescita nel lungo periodo. Durante l’evento hanno condiviso la loro esperienza le seguenti aziende: Altergon Italia, Atac, Eidosmedia, Fater, Fedegroup, Fendi, Hewlett Packard Enterprise, Philip Morris International, Procter & Gamble, Rheinmetall Italia, Ria Money Transfer e Tim. L’evento potrà a breve essere riascoltato su www.comunicazione.tv. L’appuntamento con il Welfare day si rinnova per il 2026, con l’obiettivo di continuare a tracciare il futuro del welfare aziendale in Italia.