Guai a chi tocca Unipol. L’amministratore delegato della compagnia delle Coop, Carlo Cimbri, ha infatti sporto denuncia dopo che un giornalista della Stampa, la settimana scorsa, ha pubblicato un’inchiesta su come nel 2013-14 i vertici della compagnia hanno manovrato i loro referenti politici per modificare il più possibile, a loro favore, il testo della riforma sulla Rc Auto contenuto nel decreto Destinazione Italia. E così venerdì mattina la Guardia di Finanza ha perquisito l’abitazione del giornalista, Gianluca Paolucci, per poi passare al setaccio la redazione del quotidiano che fa capo ai De Benedetti e agli Agnelli. Lo si apprende da un comunicato della rappresentanza sindacale interna dei giornalisti della Stampa, il Comitato di Redazione, che “interpretando le preoccupazioni e l’allarme di tutti i colleghi, manifesta la più profonda inquietudine per le modalità con cui la Guardia di Finanza è intervenuta nei confronti del nostro collega Gianluca Paolucci che ha subìto una perquisizione a casa e in redazione con il sequestro di tutti gli strumenti di lavoro e materiale privato”.
L’operazione, spiega la nota, “su mandato della procura di Torino, è avvenuta per l’ipotesi di rivelazione del segreto istruttorio, in relazione a due articoli pubblicati su La Stampa la settimana scorsa sulle manovre di Unipol”, circa la riforma della Rc Auto del 2014. “Si tratta di fatti avvenuti tra la fine del 2013 e l’inizio del 2014. La denuncia è stata fatta da Carlo Cimbri, amministratore delegato del gruppo Unipol”, spiega ancora la nota raccontando che “la Guardia di Finanza, che si è presentata stamattina alle 8 nell’abitazione del collega e poi alle 10 sul posto di lavoro, presso la sede di Torino, ha sequestrato i suoi telefoni, il computer che usa al giornale, un iPad, numerose chiavette Usb e schede di memoria. Sono stati sequestrati anche un vecchio iPad non più funzionante e due telefoni della sua compagna, non più in uso. Hanno prelevato materiale privato del collega e due dvd con il backup dei dati relativi al suo precedente lavoro, che ha lasciato oltre dieci anni fa, materiale poi in parte restituito. Hanno setacciato con scrupolo la camera dei suoi figli, le scatole con i loro giocattoli, i libri, la cantina, il baule della Vespa in garage”.
A La Stampa, invece, “sono stati perquisiti materiali, archivio, documenti del giornalista. Dopo averne clonato il contenuto, al collega sono stati restituiti i telefoni che ha in uso (ma non quelli della compagna) e il suo iPad. Nei telefoni ci sono chat e contatti con le sue fonti, molte delle quali non hanno nessuna attinenza con la cronaca giudiziaria ma con il cuore della sua attività giornalistica, la cronaca economica e finanziaria. Venerdì scorso la procura aveva già acquisito una parte delle intercettazioni, peraltro ancora disponibili online. Da allora, il collega ha continuato a lavorare e ha trovato altra documentazione“. Come sottolineano i colleghi della Stampa, esprimendo la massima solidarietà a Paolucci e ribadendo l’impegno “a informare i propri lettori raccontando i fatti anche se spiacevoli per qualcuno”, si tratta di atti risalenti a tre anni e mezzo fa. “Ma che evidentemente suscitano ancora imbarazzo a Unipol e al suo amministratore delegato”, chiosa la nota sindacale. Mentre la compagnia fa sapere a stretto giro che la sua denuncia “non è stata indirizzata verso il giornalista o il giornale”, ma “lamenta la possibile violazione del segreto istruttorio, trattandosi di atti d’indagine che, a prescindere dalla loro assoluta irrilevanza penale, non risultano depositati alle parti in alcun procedimento”.
Sia come sia, quel che è certo è che non c’è stato invece nessun imbarazzo, tra i vertici di Unipol, quando all’epoca dei fatti raccontati dalla Stampa si lavorava alacremente ai dettagli della riforma della Rc Auto che stava per vedere la luce sotto il governo Letta. Un settore chiave per la compagnia delle coop che, grazie alla conquista di Fondiaria Sai, aveva scalato il mercato del ramo danni. E così, secondo quanto riportano gli atti giudiziari citati dal quotidiano torinese, ogni tassello della normativa veniva seguito con grande attenzione dal responsabile delle relazioni istituzionali della compagnia bolognese, Stefano Genovese, che riferisce passo passo al presidente di Unipol, Pierluigi Stefanini. “Il rapporto della compagnia assicurativa delle Coop con la politica è ancora ben saldo – nota il giornalista ricordando la celebre telefonata di Piero Fassino su Bnl del 2005 -. Con parlamentari e leader politici che aggiornano l’uomo delle relazioni istituzionali di Unipol passo passo sull’iter legislativo della riforma, che raccolgono gli emendamenti scritti da Unipol e li fanno propri”.
E in effetti dalla documentazione citata dalla Stampa emerge come la compagnia conti o ritenga di poter contare su una rete di rapporti molto stretti con politici del calibro del renziano Yoram Gutgeld, relatore del testo sulla Rc Auto nelle commissioni Finanze e Attività produttive della Camera; di Guglielmo Epifani, già allora presidente della commissione Attività produttive, commercio e turismo e addirittura di Dario Franceschini, che del governo Letta era ministro per il Rapporti con il Parlamento. Un sottobosco dove volano persino emendamenti bipartisan perfettamente identici l’uno all’altro e che combacia con il teatrino andato in scena a inizio 2014, culminato, il 21 gennaio in commissione Giustizia, con l’accusa dell’onorevole Andrea Colletti (M5S) membro della stessa Commissione, secondo cui il testo della riforma era “talmente sbilanciato a favore delle imprese di assicurazione e a sfavore degli assicurati da sembrare scritto direttamente dalla Unipol”.
Come dargli torto dopo che, a tre anni e mezzo di distanza le intercettazioni telefoniche riportate dalla Stampa ci trasmettono l’eloquente scambio di sms tra Genovese e Stefanini del 28 gennaio 2014, dove il presidente di Unipol invita il lobbista alla prudenza: “Stefano, meno scrivi che sono i nostri emendamenti e meglio è…”. Pronta la replica: “Condivido prudenza, si tratta comunque di attività del tutto legittima pur se certamente riservata. Da questo punto di vista i destinatari sono dirigenti, già parte del gruppo di lavoro”. Una settimana prima era stato lo stesso Genovese a distribuire gli emendamenti: “Stamattina abbiamo rivisto Yoram e gli ho dato già una prima tornata di emendamenti, adesso stiamo finendo gli altri”, riferisce il 21 gennaio ricordando che “ci servono tutti in questo momento” e sottolineando come “stiamo… in un triangolo tutto democristiano, perché Dario è così, Renzi è così, Franceschini è così”, per poi correggersi: “Letta è così”, riferisce ancora La Stampa nell’inchiesta incriminata.
Dopo di che arriva l’emendamento fotocopia per ridurre anche i risarcimenti ai danni gravi e presentato in triplice copia dell’onorevole Antonio Distaso (Fi) che, come i colleghi Gianfranco Giovanni Chiarelli (Fi) ed Ernesto Carbone (Pd), propose l’inserimento di tre nuovi articoli nella nuova normativa, incentrati rispettivamente sul “danno non patrimoniale da morte subita dai prossimi congiunti”, sul “danno non patrimoniale dei prossimi congiunti del macroleso” e sulla “tabella unica nazionale per il risarcimento del danno non patrimoniale subito dai prossimi congiunti”. L’emendamento, spiegava una nota illustrativa del testo, si basava sull’assunto secondo il quale il 2/3 dei costi per le imprese di assicurazione riguardano i danni alla persona, mentre solo un terzo riguarda i danno alle cose. Se si vogliono abbassare le tariffe Rc Auto, quindi, è fondamentale affrontare tale tipologia di costo in modo efficace. Gli interventi sui danni a cose non saranno mai in grado da soli di garantire l’abbassamento delle tariffe”.
Ma l’obiettivo è troppo alto, l’emendamento denunciato all’epoca da ilfattoquotidiano.it salta e poco dopo sarà seguito dalla riforma stessa. “Guarda, altre novità, il Pd ha ritirato un emendamento che invece gli avevamo fatto presentare sui danni mortali… (…) un emendamento che avevamo fatto presentare a Carbone e Carbone lo ha ritirato e m’ha commentato: “Qui dentro ci sono un po’ di furbetti”. Quindi insomma anche dentro al Pd ci sono spaccature”, riferisce Genovese in una delle telefonate riportate dalla Stampa la settimana scorsa. La situazione precipita rapidamente finché la riforma non finisce in cassetto. Più di tre anni dopo la dettagliata ricostruzione di Paolucci scatena la “caccia al ladro” (sbagliato). Non senza precedenti, come quello recentissimo di Marco Lillo per il caso Consip. Senza dimenticare quello dei colleghi di Repubblica che, nell’ambito di uno dei tanti filoni dell’inchiesta Unipol-Fonsai, tra i più delicati, rei di aver pubblicato delle notizie sgradite tanto a Unipol quanto alla Consob, finirono nel mirino della Commissione di Giuseppe Vegas. Che chiese e ottenne i loro tabulati telefonici.