Anthony Scaramucci, il nuovo capo della comunicazione di Donald Trump, ha fatto un parallelo ardito. In un’intervista alla BBC, Scaramucci ha spiegato che “anche a Lincoln ci sono volute tre o quattro volte per ottenere ciò che voleva dalla Camera e dal Senato, cioè la piena abolizione della schiavitù”. Mettere sullo stesso piano l’abolizione della schiavitù e l’abolizione dell’Obamacare non è forse storicamente appropriato, ma rivela bene quello che il presidente e la leadership repubblicana stanno ancora cercando di fare: abolire, o quanto meno rendere il più possibile inefficace, la riforma sanitaria di Barack Obama.
Non devono infatti trarre in inganno le due sconfitte al Senato delle scorse ore. I repubblicani non mollano e vogliono, entro la fine della settimana – il voto ci sarà con ogni probabilità oggi – portare a casa una prima forma di riforma dell’Obamacare, su cui poi far partire i negoziati con la Camera per arrivare a una piena revisione. In queste ore Mitch McConnell sta dando gli ultimi ritocchi a quello che viene definito lo skinny repeal, una riforma che abolisce l’obbligatorietà di un’assicurazione sanitaria e alcune imposte mediche. Si tratta di un testo molto meno ambizioso, rispetto a quello che si pensava e voleva in un primo tempo; ma è, appunto, solo l’inizio per arrivare a un pieno smantellamento dell’Obamacare.
In effetti, potrebbe apparire imperizia politica quella che ha condotto Mitch McConnell, il leader del Senato, a collezionare due voti negativi: uno sulla riforma ampia che i repubblicani avevano preparato in questi mesi; l’altro sulla cancellazione dell’attuale legge, rimandando al futuro un nuovo provvedimento. In realtà McConnell ha alle spalle una lunghissima storia politica e la sua strategia è tutt’altro che casuale. L’obiettivo è infatti quello di far votare un testo minimo, su cui i conservatori e i repubblicani del suo partito possano accordarsi, per poi arrivare ad ulteriori limature nei negoziati con la Camera e presentarsi infine all’opinione pubblica americana, soprattutto repubblicana, con l’Obamacare smantellato e rimpiazzato.
McConnell sapeva del resto, fin dall’inizio, di non avere i numeri per la riforma ampia che Trump aveva promesso in campagna elettorale. Sono troppo profonde, e inconciliabili – e simboliche dello scontro in corso nel G.O.P. – le divisioni tra le opposte ali del partito. I conservatori, gente come Ted Cruz, Mike Lee, Rand Paul, vogliono abbattere l’Obamacare; i moderati pensano a qualche aggiustamento, magari a cancellare la clausola dell’obbligatorietà del mandato, ma vogliono soprattutto evitare quei tagli al Medicaid che ha portato benefici a molti dei loro stessi elettori. È una posizione espressa in queste ore da John Boehner, l’ex speaker della Camera, secondo cui “l’Obamacare è ormai entrato nella vita delle persone, con i suoi diritti e doveri, quindi sarà difficile sostituirlo”.
Per conciliare posizioni così lontane, McConnell ha scelto un percorso per gradi. È partito dal massimo ottenibile, ha fatto esplodere tensioni e scontri nel suo partito per poi rendere necessaria una qualche forma di accordo: che dovrebbe essere, per l’appunto, lo skynny repeal, una revisione per il momento parziale dell’Obamacare. Questa strategia, nelle scorse ore, è stata espressa in modo molto chiaro da Tom Price, il segretario alla salute, che in un’intervista a CNBC ha spiegato: “Quello che dobbiamo fare ora al Senato è fissare un minimo comun denominatore, ciò che ci porta ai 50 voti di cui abbiamo bisogno e quindi a una prima riforma”.
Quello che al momento appare ancora non molto chiaro è se i repubblicani hanno davvero i 50 voti necessari per far passare lo skinny repeal. Ci sono segnali, dal punto di vista della leadership repubblicana, piuttosto confortanti. Rand Paul, uno dei senatori più ostici, portabandiera dei conservatori, ha spiegato che alla fine potrebbe dire sì: “Ho sempre detto che voterò per qualsiasi forma di modifica o revoca – ha chiarito – Voglio tutto quello che posso, ma voterò una riforma su cui c’è consenso”. Una posizione altrettanto possibilista l’ha assunta Mike Lee, il senatore dello Utah, altro esponente di punta dei conservatori, che ha detto di contemplare la possibilità di votare per lo skinny repeal, “ma dipende quanto skinny, quanto magro, sarà”. E anche Susan Collins, la senatrice del Maine che in questi mesi ha difeso l’Obamacare, ha assunto una posizione più attendista, spiegando di “essere in attesa di un testo, poi deciderò”.
Il testo dovrebbe arrivare nelle prossime ore, per essere poi portato al voto. Si tratterebbe di un piano che lascia fuori le questioni più calde e contese – i tagli al Medicaid, la creazione di un sistema di incentivi fiscali e aiuti per dotarsi di un’assicurazione sanitaria – che dovrebbero essere discussi soltanto in un secondo momento nei negoziati con i repubblicani della Camera. Non è comunque detto che McConnell abbia davvero i voti per far passare anche questa forma ridotta di revisione. In queste ore dieci governatori – cinque democratici e dieci repubblicani – hanno firmato una lettera in cui chiedono al Senato di non votare lo skinny repeal. La Blue Cross Blue Shield Association, un gruppo assicurativo, ha spiegato che abolire l’obbligatorietà del mandato potrebbe far salire di molto i prezzi delle polizze: “Un sistema che consente di acquistare la copertura sanitaria soltanto quando è necessaria, farà inevitabilmente salire i costi per tutti”. E il Congressional Budget Office ha calcolato che gli esiti dello skinny repeal saranno meno radicali rispetto alle proposte precedenti, ma comunque significativi: quindici milioni di persone non avranno più alcun tipo di copertura sanitaria.
Ecco perché la strategia di McConnell è sicuramente studiata, ma tutt’altro che sicura. Al fondo, comunque, l’obiettivo rimane soprattutto uno: partire da una serie di revisioni limitate, per poi, nel corso della discussione con i repubblicani della Camera (su posizioni ben più radicali rispetto a quelli del Senato) arrivare alla distruzione definitiva dell’odiato Obamacare. Lo hanno capito molto bene i democratici, che in queste ore rifiutano ogni richiesta di collaborazione e lavoro bipartisan. “Quello di McConnell è solo uno stratagemma politico – ha detto Charles Schumer, il capo dei senatori democratici -. Quello che i repubblicani vogliono non è fare alcune revisioni, è seppellire l’Obamacare”.