Una scelta definitiva il sindaco Giuseppe Sala non l’ha ancora presa. Ma per ora il comandante dei vigili di Milano Antonio Barbato è salvo. Di ulteriori approfondimenti è stato incaricato il comitato per la Legalità del comune presieduto da Gherardo Colombo: “Solo a valle di tutto ciò – spiega il sindaco in una nota – sarò in grado di valutare la posizione del comandante”. Il nome di Barbato è finito, seppure da non indagato, nelle carte dell’inchiesta dei pm della Dda di Milano che lo scorso maggio ha portato a scoperchiare, tra l’altro, presunte infiltrazioni in appalti relativi alla vigilanza privata a palazzo di giustizia. Dalle carte depositate in questi giorni sono venute a galla alcune conversazioni tra Barbato e Domenico Palmieri, ex dipendente provinciale e sindacalista della Uil finito agli arresti in quanto accusato di avere svolto un ruolo di “facilitatore per il clan catanese dei Laudani.

I pm hanno appurato come Palmieri abbia offerto a Barbato la possibilità di fare pedinare un vigile-sindacalista “nemico” del comandante dalla società di vigilanza privata di Alessandro Fazio, anche lui finito agli arresti. Scopo dei pedinamenti, poi non eseguiti, sarebbe stato controllare come il vigile-sindacalista utilizzava le ore di permesso sindacale. Mentre la contropartita sarebbero state informazioni su appalti del comune legati alla sicurezza, a cui era interessato Fazio, presentato a Barbato da Palmieri. Quando un mese fa i pm hanno sentito Barbato come testimone, gli hanno domandato: “Le pare normale che lei accetti la proposta di far seguire un suo dipendente sostanzialmente dalla polizia privata di Fazio che era comunque interessato a gare in tema di sicurezza bandite dal Comune?”. Ed ecco la risposta messa a verbale: “Sono perfettamente consapevole che in funzione del mio incarico non sarebbe stato convenienteeticamente corretto (…). Infatti anche se ho accettato la proposta di Palmieri non se ne è fatto mai niente”.

Barbato non è stato indagato, ma rimane aperta la questione dell’opportunità di quegli incontri. Da una parte ci sono le critiche delle opposizioni a Palazzo Marino e i dubbi della stessa maggioranza, con il capogruppo del Pd Filippo Barberis che ha chiesto “un chiarimento sufficiente per l’amministrazione a considerarlo ancora adeguato all’onorabilità che richiede l’incarico di comandante dei vigili”. Dall’altra parte la difesa sinora garantita a Barbato dai sindacati, mondo da cui proviene lo stesso comandante. Ex sindacalista della Usb, Barbato ha alle spalle un licenziamento dal corpo, seguito da reintegro, quando nel 1998 criticò un’ordinanza anti prostituzione dell’allora sindaco Gabriele Albertini. In passato ha anche tentato il salto in politica, candidandosi per due volte al consiglio comunale nelle liste di Rifondazione comunista. Dopo essere stato promosso vice comandante della polizia locale sotto la giunta Pisapia, a inizio 2016 ha preso il posto del dimissionario Tullio Mastrangelo.

Oggi la sua posizione è stata al centro di due distinti incontri. Il primo tra lo stesso Barbato e l’assessora milanese alla Sicurezza Carmela Rozza, che aveva chiesto al comandante la presentazione di una relazione scritta. Il secondo tra l’assessora e Sala. Come detto, la decisione per il momento è stata quella di confermare il comandante al suo posto. “Non possiamo prendere decisioni solo su notizie di stampa – ha commentato Rozza al termine dell’incontro con il sindaco – ma ci deve essere un percorso chiaro. Io e il sindaco abbiamo ritenuto giusto inviare la relazione di Barbato alla commissione Legalità perché possa approfondire i fatti. Sul piano formale e sostanziale non c’è nessuna illegalità, ma c’è una questione legata a un punto di vista etico e gestionale, che è giusto approfondire. Il comandante non aveva preso sul serio questa proposta di pedinamento e anche il magistrato a quanto sembra si è fatto l’idea che non c’è reato”.

Barbato non è l’unica figura legata a Palazzo Marino su cui l’inchiesta della dda ha gettato ombre. Nelle carte, infatti, è finito anche l’ex assessore al Commercio della giunta Pisapia e oggi consigliere comunale delegato al Bilancio della Città metropolitana, Franco D’Alfonso. Il suo nome, a differenza di quello di Barbato, è stato addirittura iscritto nel registro degli indagati per corruzione, ma la sua posizione è stata successivamente destinata a una richiesta di archiviazione. Restano però anche per lui le questioni di opportunità, considerate le conversazioni con Palmieri in cui D’Alfonso, secondo quanto riferito da Palmieri ai pm, si era detto interessato alle prossime elezioni regionali, per le quali l’imprenditore Arcangelo Giamundo avrebbe potuto garantire un pacchetto di voti. E tra i discorsi fatti, i due avrebbero parlato anche dell’apertura di un bar all’Idroscalo, di competenza della Città Metropolitana, a cui era interessato Giamundo.

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