Il 2 agosto era stato l’uomo forte di Tobruk, Khalifa Haftar, a minacciare Roma dando ordine alle sue forze di bombardare le navi italiane impegnate nella imminente missione di supporto navale alla Libia, approvata lo stesso giorno dal Parlamento italiano. Ora anche parte del governo di unità nazionale di Tripoli, patrocinato dalla comunità internazionale, si ribella all’accordo stretto tra Fayez Al Sarraj e Paolo Gentiloni il 26 luglio.
Il vice presidente del Consiglio presidenziale libico Fathi Al-Mejbari ha chiesto all’Italia “di cessare immediatamente la violazione della sovranità libica” e fa appello alla comunità internazionale e al Consiglio di Sicurezza Onu perché prendano una posizione sulla missione navale italiana. Secondo la tv Libya Channel “Al-Mejbari ha anche chiesto alla Lega Araba e all’Unione Africana di esprimersi al riguardo condannando “tale violazione, sostenendo e appoggiando la Libia”. Una presa di posizione ad uso interno: il governo di Tripoli ha il problema di spiegare alle tribù che lo appoggiano la parziale cessione di sovranità sul proprio mare che la missione navale italiana comporta.
Al Mejbari ha precisato che la decisione del presidente del Consiglio Al Sarraj di avere permesso alle forze italiane di effettuare delle operazioni nelle acque libiche non rappresenta e “non esprime né la volontà dell’intero Consiglio presidenziale né tantomeno del governo di intesa“. Tale decisione è dunque considerata – a detta del vice di Sarraj – una “infrazione esplicita all’accordo politico e alle sue clausole che riguardano la sovranità della Libia, segnalando allo stesso tempo che il trattato di amicizia italo-libico e i memorandum di intesa tra i due Paesi non contemplano interventi del genere”. Al Mejbari – prosegue il sito di Libya Channel – ha dunque chiesto all’Italia di “cessare immediatamente la violazione della sovranità della Libia, di rispettare gli accordi internazionali” e a tutte le forze nazionali di superare le divisioni interne e a lottare contro questo nuovo “tentativo di rioccupazione” della Libia.
Nonostante l’accordo, quindi, il clima è molto teso. Al punto che la Farnesina è costretta a precisare tramite alcune fonti che “le iniziative del programma italiano a sostegno della Guardia Costiera libica saranno effettuate solo su espressa richiesta della stessa Guardia Costiera e del Governo libico”.
Il 28 luglio era stato lo stesso governo Al Sarraj a frenare sull’accordo stretto due giorni prima con Gentiloni: “Il Consiglio presidenziale ha chiesto al governo italiano solo supporto logistico e tecnico per la Guardia costiera libica”, si leggeva in una nota del ministero degli Esteri di Tripoli, che smentiva le notizie secondo cui la Libia avrebbe chiesto all’Italia aiuto navale in acque libiche contro i trafficanti. In realtà la richiesta era stata inviata a Roma da Al Sarraj il 23 luglio. Fonti diplomatiche sottolineavano come, a tre giorni dal vertice di Parigi tra Serraj ed il generale Khalifa Haftar organizzato dal presidente francese Emmanuel Macron, “sul terreno siano evidenti già le prime complicazioni, si assiste ad un certo nervosismo a Tripoli e Misurata, Serraj comincia a sentire un po’ di pressione“. L’attrito poi rientrava e lo stesso Al Sarraj confermava di aver chiesto aiuto a Roma.
La missione non nasce, quindi, sotto i migliori auspici. Mercoledì la tv Al Arabiya aveva annunciato che il generale Haftar, capo delle milizie fedeli al governo di Tobruk, ha dato ordine alle sue forze di bombardare le navi italiane impegnate nella missione. L’ordine di Haftar arrivava poche ore dopo che il parlamento della Cirenaica aveva espresso la sua opposizione all’operazione.
Il giorno successivo il colonnello Ahmed Al Mesmari, portavoce delle forze di Haftar, confermava la notizia all’agenzia Dpa spiegando che il contrasto a qualsiasi nave militare straniera che entri in acque libiche senza permesso, compreso quelle italiane, avverrà “in base alle regole di ingaggio seguite dalle nostre forze, ovvero l’intercettazione, l’avvertimento e il confronto diretto”. “Ci impegneremo a usare tutte le nostre capacità di combattimento in modo da portare avanti la nostra missione. La nostra preparazione è adeguata”, aggiungeva Al Mesmari, senza fornire ulteriori dettagli.