Da pilastro del chavismo a nemico pubblico: questa la parabola di Luisa Ortega Diaz, la procuratrice generale del Venezuela destituita sabato dall’Assemblea Costituente appena eletta. Diventata scomoda per le sue critiche al governo di Nicolas Maduro, subito dopo la sua rimozione ha denunciato “il golpe contro la Costituzione del Venezuela”, e annunciato che non si arrenderà “di fronte alla barbarie, l’illegalità, la fame, l’oscurità e la morte. Continuerò a lottare fino al mio ultimo respiro”.
Prima di diventare una spina nel fianco per il governo di Maduro e un idolo dell’opposizione, Ortega, nata nel 1958 nello stato di Guarico, dopo la laurea in legge all’università di Carabobo, si è specializzata con un dottorato in Diritto costituzionale, e poi in diritto processuale e penale. Ha assunto il suo incarico come procuratrice su designazione del Parlamento, tra il 2007 e 2014, mandato che le poi è stato rinnovato per una seconda volta fino al 2021. Entrata al Ministero Pubblico nel 2002, è stata poi designata Direttore generale dei procedimenti, e ha rivestito il ruolo di presidente della Commissione per la giustizia e verità, creata per investigare sui crimini, sparizioni e torture verificatesi tra il 1958 e 1998 per ragioni politiche.
Anche la sua storia personale mostra un profondo legame con il chavismo. Suo marito è German Ferrer, deputato del Gran Polo Patriottico, coalizione di partiti politici e movimenti del Venezuela che appoggiano la rivoluzione bolivariana, mentre suo fratello Humberto ha partecipato, insieme a Hugo Chavez, al fallito tentativo di colpo di Stato del 4 febbraio 1992 contro l’allora presidente Carlos Andres Peres. In un’intervista alla Bbc, alla domanda se fosse chavista, dopo aver negato con forza di aver mai militato in qualsiasi organizzazione politica, aggiunse di considerare “Chavez il più grande umanista mai esistito sul pianeta”.
In più occasioni ha avallato la linea di Maduro, difendendo la detenzione di Leopoldo Lopez e altri oppositori politici, o accusando i membri dell’ong Sumate, tra cui una delle leader dell’opposizione, Maria Corina Machado, di cospirazione contro la nazione. È inoltre uno dei funzionari colpiti dalle sanzioni Usa per il suo coinvolgimento nelle violazioni dei diritti umani e la repressione delle proteste dell’opposizione del febbraio 2014, in cui sono morte 43 persone. Come l’ha definita il politologo venezuelano Nicmar Evans, “è una combinazione di attività politica e donna di legge”. Per lei “il chavismo è una corrente di pensiero, una filosofia di vita, la principale eredità lasciata dal presidente Chavez”, e la sua missione difendere la costituzione del 1999.
Per il governo di Maduro ha iniziato a diventare un elemento scomodo dallo scorso 31 marzo, quando ha qualificato come violazione dell’ordine costituzionale le due sentenze del Tribunale supremo di giustizia, che sopprimevano i poteri del Parlamento, controllato dall’opposizione. Poi, in un’intervista al Wall Street Journal, aveva definito la Costituzione “insuperabile” e detto che “non possiamo chiedere un comportamento legale ai cittadini, se lo Stato non rispetta la legge”, riferendosi alla gestione delle proteste contro Maduro. Il 28 giugno ha denunciato il “terrorismo di Stato” da parte dell’attuale amministrazione, fino a mostrare tutto il suo disaccordo con l’elezione della Costituente. Dichiarazioni che non sono piaciute, e che via via l’hanno messa sotto attacco.
Ha iniziato il ministro degli Interni, Néstor Reverol, accusandola di non aver garantito l’applicazione della giustizia. Poi membri del governo e del partito hanno detto che con la sua inazione ha favorito la violenza nelle marce dell’opposizione. Il deputato Nestor Carreno si è invece spinto a chiedere al Tribunale supremo di giustizia di valutare il suo stato mentale. Adesso a Luisa Ortega toccherà continuare la sua lotta fuori dalla procura, mentre il suo posto sarà preso dal difensore del popolo, Tarek William Saab.