L’Italia invia nuovamente un ambasciatore al Cairo, dopo che dall’Egitto sono stati mandati nuovi atti alla procura di Roma sulla morte di Giulio Regeni. Ma gli sviluppi nel caso del ricercatore italiano ucciso in Egitto nel febbraio del 2016 contrappongono il governo e i genitori. Mentre il presidente del Consiglio Paolo Gentiloni e il ministro degli Esteri Angelino Alfano interpretano il ritorno di un rappresentante diplomatico nella capitale egiziana come un passo avanti per arrivare alla verità, la famiglia di Regeni giudica l’apertura “una resa confezionata ad arte” e parla di “dignità calpestata”.
Gentiloni: “Contribuirà alla ricerca della verità” – Il governo, infatti, ha deciso di inviare nella capitale egiziana l’ambasciatore Giampaolo Cantini “alla luce degli sviluppi registrati nel settore della cooperazione tra gli organi inquirenti di Italia ed Egitto sull’omicidio di Giulio Regeni”, si legge in una nota della Farnesina, “dopo che l’allora capo Missione Maurizio Massari venne richiamato a Roma per consultazioni”. E Gentiloni afferma che l’ambasciatore “avrà, tra l’altro, il compito di contribuire alla azione per la ricerca della verità sull’assassinio di Giulio Regeni”. Una ricerca, spiega che il premier, “su cui prosegue la collaborazione tra le Procure dei due Paesi, come chiarito oggi dal procuratore di Roma Giuseppe Pignatone“. Impegno al quale “non rinunceremo, come ho confermato anche oggi ai genitori di Giulio Regeni”, aggiunge.
La famiglia: “Singolare sincronia” – Però la famiglia del ricercatore attacca pubblicamente la decisione presa nell’“obnubilamento di ferragosto” spiegando che “ha il sapore di una resa confezionata ad arte”. “Solo quando avremo la verità sul perché e chi ha ucciso Giulio – continuano – quando ci verranno consegnati, vivi, i suoi torturatori e tutti i loro complici, solo allora l’ambasciatore potrà tornare al Cairo senza calpestare la nostra dignità”. E i genitori del ricercatore specificano che “si ignora il contenuto degli atti, tutti in lingua araba, inviati oggi”, un “invio – sottolineano – avvenuto con singolare sincronia mentre il governo ordiva l’invio dell’ambasciatore Cantini”. “Sappiamo che il popolo Giallo di Giulio, le migliaia di persone che hanno a cuore la sua tragedia e la dignità di questo Paese – aggiungono – sapranno stare dalla nostra parte, dalla parte di tutti i Giuli e le Giulie del mondo e non si faranno confondere”.
Amnesty: “Decisione grave”. Antigone: “Rapporti commerciali prima dei diritti umani” – Meraviglia per la decisione del governo viene espressa da Amnesty International: “A meno di mezz’ora da quando è stata data la notizia che la procura di Roma ha ricevuto alcuni documenti ulteriori dalle autorità egiziane – dice il presidente della sezione italiana, Antonio Marchesi – il governo ha preso una decisione grave: quella di rinunciare all’unico strumento di pressione per ottenere verità nel caso di Giulio Regeni di cui l’Italia finora disponeva. Ora tocca al governo dimostrare che questa mossa temeraria può servire davvero, com’è stato sostenuto, a ottenere verità per Giulio”. Anche il presidente di Antigone, Patrizio Gonnella, esprime meraviglia per la decisione del governo: “Nonostante gli ultimi documenti arrivati agli inquirenti italiani, ad oggi, siamo lontani da una piena cooperazione giudiziaria in un caso che possiamo definire di tortura di stato. Prendiamo atto che per il governo italiano sono più importanti i rapporti commerciali che la difesa dei diritti umani”.
Alfano: “L’impegno resta quello di fare chiarezza” – Di segno diametralmente opposto l’interpretazione del ministro degli Esteri Angelino Alfano, secondo il quale “l’impegno del Governo italiano rimane quello di fare chiarezza sulla tragica scomparsa di Giulio, inviando a Il Cairo un autorevole interlocutore che avrà il compito di contribuire, tramite i contatti con le autorità egiziane, al rafforzamento della cooperazione giudiziaria e, di conseguenza, alla ricerca della verità. In qualità di rappresentante della Repubblica italiana l’Ambasciatore Cantini curerà gli interessi nazionali in Egitto e la nostra importante comunità in quel Paese”.
Nuovi atti a Roma – L’8 aprile del 2016 l’ex ambasciatore italiano in Egitto, Maurizio Massari, era stato richiamato in Italia dal presidente del consiglio Paolo Gentiloni, all’epoca ministro degli Esteri, dopo il fallimento di un incontro tra la delegazione italiana coordinata dal procuratore di Roma Giuseppe Pignatone e gli investigatori egiziani che stavano indagando sulla morte del dottorando. L’invio di un nuovo ambasciatore arriva dunque poche ore dopo che alla procura capitolina sono stati trasmessi nuovi atti investigativi dai magistrati del Cairo. Si tratta dei verbali relativi ad un nuovo interrogatorio dei poliziotti che hanno avuto un ruolo negli accertamenti sulla morte del giovane. Interrogatori che erano stati sollecitati proprio da piazzale Clodio. La consegna viene considerata “un passo avanti nella collaborazione” tra le due procure, come viene sottolineato in una nota congiunta firmata dai numero uno degli inquirenti romani e da Nabil Ahmed Sadek, procuratore generale della Repubblica Araba d’Egitto.
I magistrati: “Collaborazione fino alla verità” – Durante un colloquio telefonico con Pignatone, Sadek ha detto che l’attività di recupero dei video della metropolitana è stata affidata ad una società esterna. Attività che prenderà il via a settembre con una riunione tra l’azienda e la procura egiziana, alla quale sono stati invitati anche gli inquirenti italiani. Nel corso della telefonata è stato concordato un nuovo incontro tra i due uffici, che sarà organizzato dopo la riunione di settembre “per fare il punto della situazione e confrontarsi su quanto fin qui raccolto e sui possibili ulteriori sviluppi investigativi“. “Entrambe le parti – si legge nella nota congiunta dei due magistrati – hanno assicurato che le attività investigative e la collaborazione continueranno fino a quando non sarà raggiunta la verità in ordine a tutte le circostanze che hanno portato al sequestro, alle torture e alla morte di Giulio Regeni”.