Lo Stato li ha tartassati senza pietà, tagliando loro 40 miliardi di euro in otto anni, costringendoli ad aumentare le imposte ai cittadini che li hanno votati. Ed ecco servita la vendetta dei comuni e dei sindaci italiani: la Corte dei Conti registra un crollo del 41,3% delle entrate tributarie derivanti dagli accertamenti realizzati dall’Agenzia delle Entrate con il loro aiuto. In pratica i comuni hanno smesso di battere cassa, di fare controlli, di stanare debitori, elusori ed evasori tramite gli strumenti a loro disposizione (ad esempio la verifica delle utenze domestiche). Si è passati da 16,8 milioni di euro a meno di sette (6.938.4000), toccando così il punto più basso da quando lo Stato ha deciso di incentivare la compartecipazione egli enti locali all’accertamento dei tributi erariali (iva, irpef, irap) tramite il riconoscimento di una parte delle somme recuperate. E’ come se quasi la metà delle città italiane avessero smesso di fare da sostituto d’imposta nella lotta e nel recupero dell’evasione, la più grande piaga per il bilancio e lo sviluppo dell’Italia. Lasciar correre quasi mille evasori l’anno nel 2016 ci è costato 10 milioni di euro.
Il calo del 2016 conferma un trend in atto da anni. Per la precisione si è scesi da 3.455 accertamenti del 2012 a 1.156 del 2016 passando per i 2.916 del 2013, i 2.701 del 2014 e i 1.970 del 2015. Considerando l’intero quinquennio 2012-2016 la diminuzione degli accertamenti realizzati con il contributo dei comuni raggiunge il 66,5%. Il dato che impressiona di più, oltre all’evidente segnale di cedimento ai furbi d’Italia, è che la quota di recupero riconosciuta ai comuni per l’attività dal 2012 al 2017 è stata elevata al 100% rispetto al 30 riconosciuto prima del 2005. Il paradosso è dunque che l’intera “fetta della torta” andrebbe agli stessi comuni che si rifiutano però di apparecchiare la tavola e di brandire forchetta e coltello. Diverse sono le ragioni di tale disimpegno. “Anzitutto – spiega all’Adnkronos Guido Castelli, delegato Anci alla fiscalità e sindaco di Ascoli Piceno – abbiamo notato che rispetto alle nostre segnalazioni l’Agenzia delle Entrate ha sempre maggiori difficoltà a lavorarle. All’inizio, quando la normativa fu introdotta vi fu una adesione significativa dei Comuni, soprattutto nelle regioni del Centro. Siccome tale attività di segnalazione comporta un lavoro e l’impiego di risorse da parte dei comuni nel tempo gli Enti hanno deciso di concentrare l’attività di collaborazione, che all’inizio riguardava anche casi di piccola evasione, sui casi più significativi dai quali ci si attende un risultato economico in termini di recupero adeguato. E ciò anche per evitare di utilizzare risorse per una attività dispendiosa non sempre in grado di produrre un ritorno”.
Va anche detto che il meccanismo per una buona parte d’Italia non è mai partito, specie al Sud dove intere metropoli e grandi città come Napoli, Bari, Foggia, Caserta, Taranto, Avellino e Cosenza sono rimaste inattive. Alcune amministrazioni comunali ‘renitenti’ si ritrovano anche al centro nord: Lodi, Sondrio, Biella, Vercelli, Grosseto, Lucca, Pisa, Siena, Belluno, Rovigo e Treviso. Non a caso esattamente un’anno fa la Cgia di Mestre, sempre su dati Viminale-Agenza delle Entrate, denunciava che “solo il 7% dei Comuni italiani si è attivato nella lotta all’evasione fiscale. Su poco più di 8.000 Comuni presenti in Italia, infatti, solo 550 hanno dato origine ad un’azione collaborativa con l’amministrazione finanziaria”. Se il picco massimo è stato ottenuto nel 2012 (pari a 3.455 accertamenti), nel 2013 il dato è sceso a 2.916, nel 2014 a 2.701 e l’anno scorso a 1.970. Oggi siamo a 814 di meno.
A livello regionale i comuni che maggiormente hanno utilizzato lo strumento nel 2016 sono quelli della Calabria, con 230 segnalazioni seguiti dagli Enti della Lombardia con 161 segnalazioni e dall’Emilia Romagna con 160 segnalazioni. Fanalino di coda la Basilicata con zero segnalazioni, preceduta da Valle d’Aosta con una segnalazione, Abruzzo con 4 e Molise con 5 segnalazioni. La lettura di questi dati nelle serie storiche però rivela la lenta disaffezione anche da parte delle aree virtuose: nel quinquennio il crollo più significativo nelle segnalazioni si è registrato proprio in Lombardia che è passata da 1.127 del 2012 a 161 del 2016 e in Emilia Romagna passata da 1.061 a 160.
Il trend lascia intendere che avanti di questo passo e il recupero dal basso dell’evasione sarà un ricordo. Ma come rilanciare questo strumento di contrasto all’infedeltà fiscale? Per Castelli la soluzione passa per il superamento dell’attuale meccanismo premiale. “Da tempo -spiega – i comuni chiedono un riordino delle loro funzioni. All’interno di tale processo occorre introdurre la lotta all’evasione tra le funzioni fondamentali obbligatorie. Solo così tutti gli Enti saranno tenuti ad impegnarsi in maniera strutturale e continuativa nel contrastare chi non paga le tasse”.
Economia
Evasione, i comuni non incassano e i furbi ingrassano: nel 2016 il recupero locale crollato del 41%, persi 10 milioni di euro
Dopo aver subito tagli per 40 miliardi in otto anni gli enti locali tirano in remi in barca e smettono di fare gli accertamenti anche se il recupero sarebbe tutto a loro vantaggio. Solo nel 2016 abbiamo lasciato ai furbetti dell'Irpef, Iva e Irap. Lasciar correre quasi mille evasori l'anno nel 2016 ci è costato 10 milioni di euro.
Lo Stato li ha tartassati senza pietà, tagliando loro 40 miliardi di euro in otto anni, costringendoli ad aumentare le imposte ai cittadini che li hanno votati. Ed ecco servita la vendetta dei comuni e dei sindaci italiani: la Corte dei Conti registra un crollo del 41,3% delle entrate tributarie derivanti dagli accertamenti realizzati dall’Agenzia delle Entrate con il loro aiuto. In pratica i comuni hanno smesso di battere cassa, di fare controlli, di stanare debitori, elusori ed evasori tramite gli strumenti a loro disposizione (ad esempio la verifica delle utenze domestiche). Si è passati da 16,8 milioni di euro a meno di sette (6.938.4000), toccando così il punto più basso da quando lo Stato ha deciso di incentivare la compartecipazione egli enti locali all’accertamento dei tributi erariali (iva, irpef, irap) tramite il riconoscimento di una parte delle somme recuperate. E’ come se quasi la metà delle città italiane avessero smesso di fare da sostituto d’imposta nella lotta e nel recupero dell’evasione, la più grande piaga per il bilancio e lo sviluppo dell’Italia. Lasciar correre quasi mille evasori l’anno nel 2016 ci è costato 10 milioni di euro.
Il calo del 2016 conferma un trend in atto da anni. Per la precisione si è scesi da 3.455 accertamenti del 2012 a 1.156 del 2016 passando per i 2.916 del 2013, i 2.701 del 2014 e i 1.970 del 2015. Considerando l’intero quinquennio 2012-2016 la diminuzione degli accertamenti realizzati con il contributo dei comuni raggiunge il 66,5%. Il dato che impressiona di più, oltre all’evidente segnale di cedimento ai furbi d’Italia, è che la quota di recupero riconosciuta ai comuni per l’attività dal 2012 al 2017 è stata elevata al 100% rispetto al 30 riconosciuto prima del 2005. Il paradosso è dunque che l’intera “fetta della torta” andrebbe agli stessi comuni che si rifiutano però di apparecchiare la tavola e di brandire forchetta e coltello. Diverse sono le ragioni di tale disimpegno. “Anzitutto – spiega all’Adnkronos Guido Castelli, delegato Anci alla fiscalità e sindaco di Ascoli Piceno – abbiamo notato che rispetto alle nostre segnalazioni l’Agenzia delle Entrate ha sempre maggiori difficoltà a lavorarle. All’inizio, quando la normativa fu introdotta vi fu una adesione significativa dei Comuni, soprattutto nelle regioni del Centro. Siccome tale attività di segnalazione comporta un lavoro e l’impiego di risorse da parte dei comuni nel tempo gli Enti hanno deciso di concentrare l’attività di collaborazione, che all’inizio riguardava anche casi di piccola evasione, sui casi più significativi dai quali ci si attende un risultato economico in termini di recupero adeguato. E ciò anche per evitare di utilizzare risorse per una attività dispendiosa non sempre in grado di produrre un ritorno”.
Va anche detto che il meccanismo per una buona parte d’Italia non è mai partito, specie al Sud dove intere metropoli e grandi città come Napoli, Bari, Foggia, Caserta, Taranto, Avellino e Cosenza sono rimaste inattive. Alcune amministrazioni comunali ‘renitenti’ si ritrovano anche al centro nord: Lodi, Sondrio, Biella, Vercelli, Grosseto, Lucca, Pisa, Siena, Belluno, Rovigo e Treviso. Non a caso esattamente un’anno fa la Cgia di Mestre, sempre su dati Viminale-Agenza delle Entrate, denunciava che “solo il 7% dei Comuni italiani si è attivato nella lotta all’evasione fiscale. Su poco più di 8.000 Comuni presenti in Italia, infatti, solo 550 hanno dato origine ad un’azione collaborativa con l’amministrazione finanziaria”. Se il picco massimo è stato ottenuto nel 2012 (pari a 3.455 accertamenti), nel 2013 il dato è sceso a 2.916, nel 2014 a 2.701 e l’anno scorso a 1.970. Oggi siamo a 814 di meno.
A livello regionale i comuni che maggiormente hanno utilizzato lo strumento nel 2016 sono quelli della Calabria, con 230 segnalazioni seguiti dagli Enti della Lombardia con 161 segnalazioni e dall’Emilia Romagna con 160 segnalazioni. Fanalino di coda la Basilicata con zero segnalazioni, preceduta da Valle d’Aosta con una segnalazione, Abruzzo con 4 e Molise con 5 segnalazioni. La lettura di questi dati nelle serie storiche però rivela la lenta disaffezione anche da parte delle aree virtuose: nel quinquennio il crollo più significativo nelle segnalazioni si è registrato proprio in Lombardia che è passata da 1.127 del 2012 a 161 del 2016 e in Emilia Romagna passata da 1.061 a 160.
Il trend lascia intendere che avanti di questo passo e il recupero dal basso dell’evasione sarà un ricordo. Ma come rilanciare questo strumento di contrasto all’infedeltà fiscale? Per Castelli la soluzione passa per il superamento dell’attuale meccanismo premiale. “Da tempo -spiega – i comuni chiedono un riordino delle loro funzioni. All’interno di tale processo occorre introdurre la lotta all’evasione tra le funzioni fondamentali obbligatorie. Solo così tutti gli Enti saranno tenuti ad impegnarsi in maniera strutturale e continuativa nel contrastare chi non paga le tasse”.
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Papa Francesco, dopo tre settimane un audio per i fedeli: “Grazie per le vostre preghiere”. Il bollettino: “È stabile”. Il prossimo sarà sabato
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Vertice Ue, veto di Orban su sostegno a Kiev. Zelensky: martedì summit tra i “volenterosi”. Meloni: “Riarmo? Termine non chiaro. No all’uso dei fondi di coesione”
Mondo
‘In Ucraina è guerra per procura’: a dirlo è il segretario di Stato Usa Marco Rubio. E il Cremlino plaude
Roma, 6 mar. (Adnkronos) - "Più che le conclusioni del Consiglio europeo sembrano un bollettino di guerra, con i nostri governanti che, in un clima di ubriacatura collettiva, programmano una spesa straordinaria di miliardi su miliardi per armi, missili e munizioni. E la premier Meloni cosa dice? 'Riarmo non è la parola adatta' per questo piano. Si preoccupa della forma e di come ingannare i cittadini. Ma i cittadini non sono stupidi! Giorgia Meloni come lo vuoi chiamare questo folle programma che, anziché offrire soluzioni ai bisogni concreti di famiglie e imprese, affossa l’Europa della giustizia e della civiltà giuridica per progettare l’Europa della guerra?". Lo scrive Giuseppe Conte sui social.
"I fatti sono chiari: dopo 2 anni e mezzo di spese, disastri e fallimenti in Ucraina anziché chiedere scusa agli italiani, Meloni ha chiesto a Von der Leyen di investire cifre folli in armi e spese militari dopo aver firmato sulla nostra testa a Bruxelles vincoli e tagli sugli investimenti che ci servono davvero su sanità, energia, carovita, industria e lavoro. Potremmo trovarci a spendere oltre 30 miliardi aggiuntivi sulle armi mentre ne mettiamo 3 scarsi sul carobollette".
"Stiamo vivendo pagine davvero buie per l’Europa. I nostri governanti, dopo avere fallito con la strategia dell’escalation militare con la Russia, non hanno la dignità di ravvedersi, anzi rilanciano la propaganda bellica. La conclusione è che il blu di una bandiera di pace scolora nel verde militare. Dai 209 miliardi che noi abbiamo riportato in Italia dall'Europa per aziende, lavoro, infrastrutture, scuole e asili nido, passiamo a montagne di soldi destinati alle armi".
Roma, 6 mar. (Adnkronos) - "Much appreciated". Lo scrive Elon Musk su X commentando un post in cui si riporta la posizione della Lega e di Matteo Salvini sul ddl Spazio e Starlink. Anche il referente in Italia del patron di Tesla, Andrea Stroppa, ringrazia via social Salvini: "Grazie al vice PdC Matteo Salvini per aver preso posizione pubblicamente".
Roma, 6 mar. (Adnkronos) - Gianfranco Librandi, presidente del movimento politico “L’Italia c’è”, ha smentito categoricamente le recenti affermazioni giornalistiche riguardanti una presunta “coalizione di volenterosi” per il finanziamento di Forza Italia. Librandi ha dichiarato: “Sono tutte fantasie del giornalista. Smentisco assolutamente di aver parlato di una coalizione di volenterosi che dovrebbero contribuire al finanziamento del partito”.
Roma, 6 mar. (Adnkronos) - "Il vergognoso oltraggio del Museo della Shoah di Roma è l'ennesimo episodio di un sentimento antisemita che purtroppo sta riaffiorando. È gravissima l'offesa alla comunità ebraica ed è gravissima l'offesa alla centralità della persona umana e all'amicizia tra i popoli. Compito di ognuno deve essere quello di prendere decisamente le distanze da questi vergognosi atti, purtroppo sempre più frequenti in ambienti della sinistra radicale infiltrata da estremisti islamici , che offendono la memoria storica e le vittime della Shoah. Esprimo la mia più sentita solidarietà all'intera Comunità ebraica con l'auspicio che tali autentici delinquenti razzisti antisemiti siano immediatamente assicurati alla giustizia ". Lo ha dichiarato Edmondo Cirielli, Vice Ministro degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale.
Roma, 6 mar. (Adnkronos) - "Meloni ha perso un'occasione rispetto a due mesi fa quando si diceva che sarà il ponte tra l'America di Trump e l'Europa e invece Trump parla con Macron, con Starmer e lo farà con Merz. Meloni è rimasta un po' spiazzata. Le consiglio di non essere timida in Europa perchè se pensa di sistemare i dazi un tete a tete con Trump, quello la disintegra. Meloni deve stare con l'Europa e Schlein quando le dice di non stare nel mezzo tra America e Europa è perchè nel mezzo c'è l'Oceano e si affoga". Lo dice Matteo Renzi a Diritto e Rovescio su Rete4.
Roma, 6 mar. (Adnkronos) - "La politica estera cambia la vita delle famiglie, aiuta la gente a capire e anche gli errori fatti. In Italia il casino sui consumi lo ha fatto Salvini: ha fatto una norma sul codice della strada per ridurre gli incidenti e va bene ma non è giusto fare una campagna terroristica sul vino. E poi c'è Trump che fa i dazi ma la roba nostra piace nel mondo e se ci mettono i dazi, ci fregano. I sovranisti di casa nostra dicono 'viva Trump' ma Trump ci distrugge l'economia". Lo dice Matteo Renzi a Diritto e Rovescio su Rete4. "E poi c'è anche l'Europa che è un po' troppo burocratica".
Roma, 6 mar. (Adnkronos) - “La sicurezza delle telecomunicazioni è fondamentale, nell’interesse italiano sarebbe singolare scegliere un soggetto francese (con partecipazione azionaria anche cinese?) anziché un sistema tecnologicamente più sviluppato ed all’avanguardia come quello americano. Peraltro notiamo con stupore che, come già avvenuto per alcune case farmaceutiche durante il Covid, un titolo francese abbia guadagnato in Borsa più del 500% in pochi giorni. Siamo certi che, in una fase delicata come questa, ogni scelta vada ponderata esclusivamente nel nome dell’interesse nazionale italiano, senza pregiudizi ideologici, ritenendo gli Usa un partner imprescindibile per la sicurezza e la crescita del nostro Paese”. Così in una nota Paolo Borchia, capo delegazione Lega al Parlamento europeo, e Paolo Formentini, deputato Lega, responsabile dipartimento Esteri della Lega.