“L’amministrazione capitolina si è attivata immediatamente per erogare assistenza e supporto a tutte le persone coinvolte” ma in 59 “non hanno accettato le sistemazioni proposte” pur “continuando a ricevere tutta l’assistenza necessaria”. E’ arrivata solo a pomeriggio inoltrato la posizione del Campidoglio sullo sgombero di piazza Indipendenza a Roma e sugli scontri, nelle ore successive, nell’adiacente piazza dei Cinquecento (davanti alla Stazione Termini). Nella nota, Roma Capitale ha difeso l’operato, dichiarando di aver agito correttamente. I responsabili della giunta, contattati direttamente da ilfattoquotidiano.it, hanno scelto di non rilasciare dichiarazioni e per tutta la giornata dal Campidoglio sono emersi nervosismo e tensione per la vicenda. Silenzio dall’assessorato alle Politiche sociali: la titolare è all’Estero e rimanda all’ufficio stampa, mentre la presidente della commissione competente si è rifiutata di rispondere alle domande. L’accusa delle opposizioni e delle associazioni umanitarie impegnate sul posto è che l’amministrazione sia intervenuta in ritardo e senza essere stata in grado, nei giorni precedenti al primo sgombero di sabato e nei cinque giorni successivi, di mediare con i rifugiati eritrei e i loro rappresentanti, così da trovare una soluzione potesse evitare la rimozione forzata di donne, bambini e disabili. Le famiglie di ex occupanti – come confermato dal Campidoglio nei giorni scorsi – avevano tutte ottenuto dallo Stato italiano l’asilo politico, potendo godere della protezione del nostro Paese con diritti assimilabili a quelli delle persone con cittadinanza.
La nota del Campidoglio: “Abbiamo assistito tutti”. Ma ancora manca una soluzione
Il caso di via Curtatone si trascina da sabato scorso e già nelle scorse ore l’amministrazione aveva lasciato intendere che, se l’accampamento abusivo fosse continuato sarebbe diventato un “problema di ordine pubblico”. Oggi pomeriggio, ore dopo lo sgombero, il Campidoglio ha di fatto difeso la propria posizione. “Gli operatori della Sala Operativa Sociale (SOS) – si legge nella nota – sono intervenuti garantendo priorità a tutte le fragilità: famiglie con minori, anziani non autosufficienti e disabili. Durante le procedure effettuate presso l’Ufficio Immigrazione della Questura, in via Patini, sono stati forniti viveri e bevande a tutti i presenti”. Inoltre, “nel complesso, all’interno dell’immobile privato, erano state censite 107 fragilità: 20 erano state prese in carico presso il circuito di assistenza capitolino nei giorni scorsi. Altri 28, di cui 9 minorenni, sono stati collocati oggi. Gli altri non hanno accettato le sistemazioni proposte ma continuano a ricevere tutta l’assistenza necessaria”. Infine, “Roma Capitale continuerà a mettere in campo tutti gli strumenti e le opzioni, come previsto dal decreto legge n. 14/2017 a propria disposizione per assistere le persone sgomberate dall’immobile di via Curtatone”. Nessun riferimento viene fatto alla futura destinazione di chi non ha accettato le soluzioni temporanee e di chi resta accampato per strada. Poco dopo la nota ufficiale del Campidoglio, fonti dello stesso palazzo capitolino hanno anche spiegato che “gli uffici della Prefettura non sono stati precisi nel censimento effettuato prima dello sgombero, in quanto dal documento consegnato a Roma Capitale non risultavano esserci minorenni all’interno dello stabile, mentre gli operatori della nostra Sala Operativa Sociale ne hanno contati ben 37”; fonti capitoline polemiche anche con la Regione Lazio “poco presente con la necessaria assistenza sanitaria nei giorni dell’emergenza”.
Silenzio dalle giunta: l’assessora Baldassarre è all’estero, la presidente della commissione non commenta
Personalmente non si esprime nessuno. Non parla Marco Cardilli, vice-capo di Gabinetto di Virginia Raggi e delegato alla Sicurezza – colui che ha rappresentato Roma Capitale presso il vertice in Prefettura di ieri mattina. Contattato da ilfattoquotidiano.it, ha prima rinviato il colloquio “al termine di un’altra telefonata” salvo poi non rispondere più per le successive due ore. L’assessora alle Politiche Sociali, Laura Baldassarre ed ex dirigente Unicef risulta ancora all’estero: con un sms spiega di “non poter rispondere” e rimanda all’ufficio stampa del Campidoglio. Solo nel pomeriggio di mercoledì 23 agosto, dunque prima dello sgombero finale, Palazzo Senatorio spiegava che “Roma Capitale ha prospettato delle soluzioni condivise dal Comitato per l’Ordine e la Sicurezza, chi vuole può accettare, poi diventerà una questione di ordine pubblico”. Come in effetti è stato. Nessun commento pure da Maria Agnese Catini, presidente della commissione alle Politiche sociali, in pratica il numero due per competenza dopo l’assessora: “Non ho alcuna intenzione di parlare con voi”, ha risposto a ilfattoquotidiano.it.
Sul posto, invece, negli ultimi cinque giorni si sono visti solo gli operatori della Sala Operativa Sociale di Roma Capitale, l’organo che l’assessore Baldassarre ha affidato nei mesi scorsi a Raffaella Modafferi, fino allo scorso anno vicecomandante della Polizia Locale di Roma Capitale e dirigente del Gruppo Intervento Traffico. E’ evidente, poi, che la rimozione della “tendopoli” e lo sgombero dell’edificio di 11 piani di via Curtatone – a cui si erano interessate una nota catena alberghiera, una multinazionale del fitness e una compagnia aerea – non possa che rappresentare “il ripristino di condizioni di legalità e di vivibilità, anche sotto l’aspetto igienico-sanitario, a piazza Indipendenza”, a detta del prefetto di Roma, Paola Basilone, sebbene lo stesso titolare di Palazzo Valentini abbia voluto anche mandare una frecciata al Campidoglio, rendendo noto che “il prefetto richiama l’attenzione di tutte le Istituzioni coinvolte sulla necessità di tenere fede agli impegni assunti”.
“CLIMA DI FORTE INTIMIDAZIONE”
A quanto risulta a ilfattoquotidiano.it – notizia parzialmente confermata dalle dichiarazioni successive al vertice in Prefettura di mercoledì – la soluzione abitativa temporanea per i rifugiati sarebbe dovuta essere il trasferimento in otto villette in provincia di Rieti, immobili gestiti dallo stesso fondo immobiliare di via Curtatone, che comunque non sarebbero state in grado di accogliere tutti e avrebbero determinato la separazione dei nuclei familiari. Nella serata di mercoledì, tuttavia, l’agenzia AdnKronos ha rilanciato le informazioni di “fonti del dipartimento Politiche sociali”, dove si parla di “un clima di forte intimidazione” fra i rifugiati e si racconta che “a oltre 60 persone gli operatori della Sala Operativa Sociale hanno proposto una soluzione in strutture nell’area di Torre Maura, ma dopo aver inizialmente accettato l’opzione, l’hanno rifiutata in seguito a intimidazioni ricevute da altri ex occupanti o comunque persone presenti all’esterno”. Indiscrezioni che parrebbero collimare con quelle del prefetto Basilone, secondo cui “l’azione di infiltrazione posta in essere dai Movimenti di Lotta per la Casa, ha indotto gli occupanti accampatisi in piazza Indipendenza a rifiutare sistemazioni alloggiative alternative”.