La fuga dei cervelli all’estero fa perdere all’Italia in termini capitale umano circa 14 miliardi all’anno, pari a 1 punto percentuale di pil. Il calcolo è del centro studi di Confindustria, che nel suo ultimo rapporto Le sfide della politica economica sottolinea come “la bassa occupazione giovanile è il vero tallone d’Achille del sistema economico e sociale italiano” e abbassa il nostro potenziale di sviluppo, causando un “doppio spreco”. Dal 2008 al 2015, periodo in cui il tasso di disoccupazione in Italia è passato dal 6,7% all’11,9%, hanno spostato la residenza all’estero 509mila italiani: di questi, circa 260mila avevano tra i 15 e i 39 anni, il 51% del totale degli emigrati, un’incidenza quasi doppia rispetto a quella della stessa classe di età sulla popolazione (28,3%).
Considerando che la spesa familiare per la crescita e l’educazione di un figlio, dalla nascita ai 25 anni, può essere stimata intorno ai 165mila euro, è come se l’Italia, con l’emigrazione dei giovani, in questi anni avesse perso 42,8 miliardi di euro di investimenti in capitale umano. Per il solo 2015, con un picco di oltre 51mila emigrati under 40 (dai 21mila del 2008), la perdita si aggira sugli 8,4 miliardi. A questa va aggiunta la perdita associata alla spesa sostenuta dallo stato per la formazione di quei giovani che hanno lasciato il Paese: 5,6 miliardi se si considera la spesa media per studente dalla scuola primaria all’università. In totale 14 miliardi nel 2015.
“L’Italia ha tassi di occupazione molto ridotti soprattutto tra gli under 30. Nel 2016 un sesto dei 15-24enni era occupato (16,6%) contro il 45,7% della Germania e il 31,2% dell’Eurozona. Tra i 25-29enni il tasso di occupazione italiano sale al 53,7% ma il divario con gli altri paesi si amplia da 14,6 punti percentuali a 17. La posizione dell’Italia comincia a migliorare nella fascia di età immediatamente successiva (30-34) con un tasso di occupazione al 66,3%, 10 punti sotto la media Eurozona”, si legge nel rapporto.
“L’inadeguato livello dell’occupazione giovanile”, continuano gli economisti di Confindustria, “sta producendo gravi conseguenze permanenti sulla società e sull’economia dell’Italia, sotto forma di depauperamento del capitale sociale e del capitale umano”. E’ “una emergenza”, “il vero tallone di Achille del sistema economico e sociale italiano” oltre che un “doppio spreco per il Paese” perché “si traduce in abbassamento del potenziale di crescita” e “vanifica in parte il potenziale delle riforme strutturali faticosamente realizzate”.