Lo scontro tra Madrid e Barcellona sale di livello a dieci giorni dalla data prevista per il referendum sull’indipendenza della Catalogna, sospeso dalla Corte costituzionale spagnola. Mercoledì mattina la Guardia Civil spagnola ha arrestato nelle sedi del governo catalano 14 persone legate all’organizzazione del voto: tra loro anche Josep Maria Jové, segretario dell’Economia e braccio destro del vicepresidente catalano Oriol Junqueras, e molti funzionari ministeriali.
Nel corso dell’operazione – 22 le perquisizioni effettuate – il corpo di gendarmeria ha setacciato, alla ricerca di “prove”, l’Agenzia tributaria della Catalogna e i dipartimenti dell’economia, degli esteri, del lavoro e degli affari sociali del governo catalano, che l’8 settembre è stato denunciato in blocco per “disobbedienza, abuso di potere e malversazione di denaro pubblico proprio per aver firmato il decreto di convocazione del referendum.
L’operazione puntava a smantellare completamente la rete logistica e organizzativa del referendum. La Guardia Civil ha sequestrato oggi 10 milioni di schede per il voto nella consultazione del 1° ottobre e altro materiale elettorale durante una perquisizione in un magazzino a Bigues i Riells, vicino a Barcellona. Unità antisommossa della polizia hanno preso posizione davanti alla sede del partito indipendentista di sinistra Cup, riferisce El Periodico online, in attesa di un ordine giudiziario per entrare. Su Twitter il partito antisistema ha reso noto di avere tolto dalla sede e “distribuito in tutto il paese” tutto il materiale elettorale per il referendum del primo ottobre, dichiarato “illegale” da Madrid.
Il sindaco di Barcellona Ada Colau, eletta con Podemos, ha definito il blitz “uno scandalo democratico” e il suo partito En Comu Podem ha invitato a manifestare contro “l’attacco” del governo alle istituzioni catalane. Circa 2mila persone sono scese in piazza a Barcellona, dove si sono verificati momenti di tensione e brevi tafferugli fra manifestanti indipendentisti e Guardia Civil davanti ad una sede del governo catalano, mentre gli agenti scortavano uno dei dirigenti dell’amministrazione arrestati nel blitz. Non risulta ci siano stati feriti o persone arrestate. I manifestanti hanno cercato di bloccare il passaggio del convoglio.
“Il governo ha oltrepassato la linea rossa che lo separava dai regimi totalitari ed è diventato una vergogna democratica”, ha detto in una conferenza stampa il presidente catalano Carles Puigdemont, che ha parlato di “atteggiamento totalitario” e ha accusato l’esecutivo di Madrid di avere “sospeso di fatto, illegittimamente, l’autogoverno della Catalogna, instaurando uno stato di eccezione: la libertà è sospesa“. “E’ una situazione inaccettabile in democrazia – ha proseguito il capo della Generalitat – una operazione coordinata per impedire che i catalani possano esprimersi in pace e libertà il 1 ottobre”. Puigdemont ha ribadito che il referendum si farà. Il 1° ottobre “usciremo da casa con una scheda e la useremo” nonostante le “illegalità”, le “minacce del governo spagnolo” e “l’atteggiamento antidemocratico di un governo che ha mostrato il suo volto intollerante”, ha detto ancora il governatore. E in vista della consultazione, il ministero degli interni di Madrid ha annullato permessi e ferie degli agenti della polizia nazionale e della Guardia Civil assegnati alla crisi in Catalogna: la misura è prevista per il periodo dal 20 settembre al 5 ottobre, ma può essere prorogata.
Xavier Domènech, portavoce di En Comu Podem al Parlamento, ha annunciato la convocazione di “una mobilitazione perché siamo in un momento grave di attacco alle libertà. Alcuni di noi stanno andando in Catalogna, altri rimarranno a Madrid per coordinare le cose”. Sono già migliaia, intanto, le persone scese in strada per protesta nel centro di Barcellona bloccando il traffico in alcune strade: cantano l’inno catalano Els Segadors e gridano ‘Libertà’, ‘Indipendenza’, ‘Vogliamo essere liberi’, ‘Vergogna!’. Un gruppo di manifestanti ha anche circondato un’auto della Guardia Civil urlando “fuori le forze di occupazione”.
Il leader di Podemos Pablo Iglesias ha denunciato che ora in Spagna “tornano ad esserci detenuti politici“. “E’ una vergogna”, ha aggiunto, “mentre un partito corrotto controlla le istituzioni”. Dal canto suo il premier spagnolo Mariano Rajoy ha ribadito davanti al Congresso dei deputati che davanti alla sfida indipendentista di Barcellona, definita “una follia che non porta da nessuna parte”, “logicamente lo stato deve reagire“. “Non c’è nessuno stato democratico nel mondo che accetti quello che stanno facendo queste persone – ha detto – erano state avvisate, sapevano che il referendum non poteva essere celebrato perché si tratta di liquidare la sovranità nazionale e il diritto che hanno tutti gli spagnoli di decidere cosa vogliono per il loro paese”. Il premier ha visto oggi a Palazzo della Moncloa i leader dei due grandi partiti di opposizione, il socialista Pedro Sanchez e Albert Rivera di Ciudadanos (Cs), che appoggiano il governo nella sua strategia contro il referendum. Podemos è il solo grande partito spagnolo favorevole al ‘diritto di deciderè dei catalani.
Martedì sera la Guardia Civil era entrata – dopo tre ore di teso faccia a faccia con un centinaio di manifestanti indipendentisti – nella sede della società di posta privata Unipost a Terrassa, per sequestrare alcune buste intestate del governo catalano collegate con l’organizzazione del referendum. Secondo la tv pubblica Tve sono state portate via l’80% delle notifiche di convocazione per i seggi elettorali del referendum del primo ottobre. La folla ha cantato l’inno catalano Els Segadors e slogan come “Voteremo” e “Voteremo e lasceremo la Spagna”. Le società operatrici delle telecomunicazioni hanno poi ricevuto ordini giudiziari per la chiusura di 22 domini web che informano sul referendum. Un primo sito, referendum.cat, era stato chiuso per decisione di un giudice la settimana corsa, ma il presidente catalano Carles Puigdemont aveva annunciato pochi minuti dopo che continuava a essere disponibile su altri indirizzi internet aperti all’estero.
Anche il principale club calcistico della città si schiera contro la decisione di Madrid: “”Di fronte agli eventi degli ultimi giorni, e in particolare oggi, in relazione alla situazione politica in Catalogna – si legge in una nota – il Barcellona, fedele al suo impegno storico per la difesa del Paese, della democrazia, della libertà di espressione e dell’autodeterminazione, condanna qualsiasi azione che possa impedire l’esercizio pieno di questi diritti”, si legge nella nota. “A tal proposito, il Barcellona manifesta pubblicamente il suo sostegno a tutte le persone, entità e istituzioni che lavorano per garantire questi diritti. Nel massimo rispetto del suo vasto assetto, il Barcellona continuerà a sostenere la volontà della maggioranza del popolo della Catalogna, sempre espressa in modo civico, pacifico ed esemplare”.
Mondo
Catalogna, blitz spagnolo sul governo indipendentista: 14 arresti. Barcellona in piazza. Puigdemont: “Libertà sospesa”
Migliaia protestano in strada a Barcellona al grido di "Vogliamo essere liberi". L'8 settembre l'esecutivo catalano è stato denunciato in blocco da Madrid per "disobbedienza, abuso di potere e malversazione di denaro pubblico" per aver firmato il decreto di convocazione del referendum sull'indipendenza. La Corte costituzionale ha sospeso la consultazione
Lo scontro tra Madrid e Barcellona sale di livello a dieci giorni dalla data prevista per il referendum sull’indipendenza della Catalogna, sospeso dalla Corte costituzionale spagnola. Mercoledì mattina la Guardia Civil spagnola ha arrestato nelle sedi del governo catalano 14 persone legate all’organizzazione del voto: tra loro anche Josep Maria Jové, segretario dell’Economia e braccio destro del vicepresidente catalano Oriol Junqueras, e molti funzionari ministeriali.
Nel corso dell’operazione – 22 le perquisizioni effettuate – il corpo di gendarmeria ha setacciato, alla ricerca di “prove”, l’Agenzia tributaria della Catalogna e i dipartimenti dell’economia, degli esteri, del lavoro e degli affari sociali del governo catalano, che l’8 settembre è stato denunciato in blocco per “disobbedienza, abuso di potere e malversazione di denaro pubblico proprio per aver firmato il decreto di convocazione del referendum.
L’operazione puntava a smantellare completamente la rete logistica e organizzativa del referendum. La Guardia Civil ha sequestrato oggi 10 milioni di schede per il voto nella consultazione del 1° ottobre e altro materiale elettorale durante una perquisizione in un magazzino a Bigues i Riells, vicino a Barcellona. Unità antisommossa della polizia hanno preso posizione davanti alla sede del partito indipendentista di sinistra Cup, riferisce El Periodico online, in attesa di un ordine giudiziario per entrare. Su Twitter il partito antisistema ha reso noto di avere tolto dalla sede e “distribuito in tutto il paese” tutto il materiale elettorale per il referendum del primo ottobre, dichiarato “illegale” da Madrid.
Il sindaco di Barcellona Ada Colau, eletta con Podemos, ha definito il blitz “uno scandalo democratico” e il suo partito En Comu Podem ha invitato a manifestare contro “l’attacco” del governo alle istituzioni catalane. Circa 2mila persone sono scese in piazza a Barcellona, dove si sono verificati momenti di tensione e brevi tafferugli fra manifestanti indipendentisti e Guardia Civil davanti ad una sede del governo catalano, mentre gli agenti scortavano uno dei dirigenti dell’amministrazione arrestati nel blitz. Non risulta ci siano stati feriti o persone arrestate. I manifestanti hanno cercato di bloccare il passaggio del convoglio.
“Il governo ha oltrepassato la linea rossa che lo separava dai regimi totalitari ed è diventato una vergogna democratica”, ha detto in una conferenza stampa il presidente catalano Carles Puigdemont, che ha parlato di “atteggiamento totalitario” e ha accusato l’esecutivo di Madrid di avere “sospeso di fatto, illegittimamente, l’autogoverno della Catalogna, instaurando uno stato di eccezione: la libertà è sospesa“. “E’ una situazione inaccettabile in democrazia – ha proseguito il capo della Generalitat – una operazione coordinata per impedire che i catalani possano esprimersi in pace e libertà il 1 ottobre”. Puigdemont ha ribadito che il referendum si farà. Il 1° ottobre “usciremo da casa con una scheda e la useremo” nonostante le “illegalità”, le “minacce del governo spagnolo” e “l’atteggiamento antidemocratico di un governo che ha mostrato il suo volto intollerante”, ha detto ancora il governatore. E in vista della consultazione, il ministero degli interni di Madrid ha annullato permessi e ferie degli agenti della polizia nazionale e della Guardia Civil assegnati alla crisi in Catalogna: la misura è prevista per il periodo dal 20 settembre al 5 ottobre, ma può essere prorogata.
Xavier Domènech, portavoce di En Comu Podem al Parlamento, ha annunciato la convocazione di “una mobilitazione perché siamo in un momento grave di attacco alle libertà. Alcuni di noi stanno andando in Catalogna, altri rimarranno a Madrid per coordinare le cose”. Sono già migliaia, intanto, le persone scese in strada per protesta nel centro di Barcellona bloccando il traffico in alcune strade: cantano l’inno catalano Els Segadors e gridano ‘Libertà’, ‘Indipendenza’, ‘Vogliamo essere liberi’, ‘Vergogna!’. Un gruppo di manifestanti ha anche circondato un’auto della Guardia Civil urlando “fuori le forze di occupazione”.
Il leader di Podemos Pablo Iglesias ha denunciato che ora in Spagna “tornano ad esserci detenuti politici“. “E’ una vergogna”, ha aggiunto, “mentre un partito corrotto controlla le istituzioni”. Dal canto suo il premier spagnolo Mariano Rajoy ha ribadito davanti al Congresso dei deputati che davanti alla sfida indipendentista di Barcellona, definita “una follia che non porta da nessuna parte”, “logicamente lo stato deve reagire“. “Non c’è nessuno stato democratico nel mondo che accetti quello che stanno facendo queste persone – ha detto – erano state avvisate, sapevano che il referendum non poteva essere celebrato perché si tratta di liquidare la sovranità nazionale e il diritto che hanno tutti gli spagnoli di decidere cosa vogliono per il loro paese”. Il premier ha visto oggi a Palazzo della Moncloa i leader dei due grandi partiti di opposizione, il socialista Pedro Sanchez e Albert Rivera di Ciudadanos (Cs), che appoggiano il governo nella sua strategia contro il referendum. Podemos è il solo grande partito spagnolo favorevole al ‘diritto di deciderè dei catalani.
Martedì sera la Guardia Civil era entrata – dopo tre ore di teso faccia a faccia con un centinaio di manifestanti indipendentisti – nella sede della società di posta privata Unipost a Terrassa, per sequestrare alcune buste intestate del governo catalano collegate con l’organizzazione del referendum. Secondo la tv pubblica Tve sono state portate via l’80% delle notifiche di convocazione per i seggi elettorali del referendum del primo ottobre. La folla ha cantato l’inno catalano Els Segadors e slogan come “Voteremo” e “Voteremo e lasceremo la Spagna”. Le società operatrici delle telecomunicazioni hanno poi ricevuto ordini giudiziari per la chiusura di 22 domini web che informano sul referendum. Un primo sito, referendum.cat, era stato chiuso per decisione di un giudice la settimana corsa, ma il presidente catalano Carles Puigdemont aveva annunciato pochi minuti dopo che continuava a essere disponibile su altri indirizzi internet aperti all’estero.
Anche il principale club calcistico della città si schiera contro la decisione di Madrid: “”Di fronte agli eventi degli ultimi giorni, e in particolare oggi, in relazione alla situazione politica in Catalogna – si legge in una nota – il Barcellona, fedele al suo impegno storico per la difesa del Paese, della democrazia, della libertà di espressione e dell’autodeterminazione, condanna qualsiasi azione che possa impedire l’esercizio pieno di questi diritti”, si legge nella nota. “A tal proposito, il Barcellona manifesta pubblicamente il suo sostegno a tutte le persone, entità e istituzioni che lavorano per garantire questi diritti. Nel massimo rispetto del suo vasto assetto, il Barcellona continuerà a sostenere la volontà della maggioranza del popolo della Catalogna, sempre espressa in modo civico, pacifico ed esemplare”.
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Mondo
‘In Ucraina è guerra per procura’: a dirlo è il segretario di Stato Usa Marco Rubio. E il Cremlino plaude
(Adnkronos) - Stefano Conti è un uomo libero. L'Adnkronos può rivelare che al processo a Panama City sono cadute tutte le accuse. Raggiunto al telefono, Andrea Di Giuseppe, il parlamentare di Fratelli d'Italia eletto nella Circoscrizione Centro e Nord America, festeggia il risultato raggiunto dopo oltre due anni: "Dieci minuti fa ho parlato con il padre, si è commosso alla notizia che Stefano era finalmente stato prosciolto. Ha passato oltre 400 giorni in una delle peggiori galere del mondo, un luogo che non si riesce neanche a immaginare, e senza nessuna condanna, ma solo per una carcerazione preventiva in attesa di un processo che sembrava non arrivare mai. Ma insieme alla Farnesina e all'ambasciata, ho fatto di tutto per fargli ridurre la misura cautelare e farlo stare in una condizione meno disumana. L'anno scorso siamo riusciti a fargli avere i domiciliari, oggi la notizia più bella. Una grande vittoria per il nostro Paese".
Stefano Conti è un trader brianzolo di 40 anni, che per oltre due anni è stato accusato di tratta di esseri umani a scopo sessuale. Rischiava una condanna fino a 30 anni di reclusione, nonostante le presunte vittime avessero ritrattato le accuse, sostenendo di aver subito pressioni dalla polizia panamense.
Conti ha anche pubblicato un libro intitolato 'Ora parlo io: 423 giorni nell'inferno di Panama', in cui racconta la sua esperienza nel carcere panamense e ribadisce la sua innocenza. Il libro è uscito a dicembre scorso, in attesa dell'inizio del processo.
Andrea Di Giuseppe ha partecipato alle udienze preliminari, "non per influire sul merito della vicenda", spiega all'Adnkronos, ma per fargli avere il giusto processo che qualunque essere umano merita. Ho coinvolto la comunità italiana, ho parlato con i politici panamensi, sono stato accanto a lui davanti al giudice, per far capire al sistema giudiziario che quell'uomo non era solo, ma aveva accanto a sé il suo Paese”.
Conti "rimarrà ancora a Panama fino al 4 aprile, per motivi burocratici, ma appena avrà tutti i documenti in ordine potrà tornare in Italia", aggiunge il deputato italiano. Che non ha finito quella che è diventata una sorta di missione. "Dopo aver aiutato a liberare i due italiani in Venezuela, e dopo il più famoso caso di Chico Forti, il prossimo per cui mi impegnerò è l'ingegner Maurizio Cocco, rinchiuso in Costa d’Avorio da oltre due anni. Ne sentirete parlare presto". Sì perché gli italiani rinchiusi all'estero sono circa duemila, "e molti di questi sono in stato di carcerazione preventiva. Dei conti di Montecristo dimenticati da tutti. Ma ora il nostro governo, grazie anche all'azione dei sottosegretari agli Esteri Silli e Cirielli, e ovviamente all'attivismo della premier Meloni, sta finalmente affrontando questi casi. Non sono più dei fantasmi, ma dei nostri connazionali che devono poter avere tutta l'assistenza legale, politica e umana che possiamo dargli. È solo l'inizio. L'Italia sta contando e pesando di più nel mondo", conclude Di Giuseppe. (Di Giorgio Rutelli)
(Adnkronos) - Stefano Conti è un uomo libero. L'Adnkronos può rivelare che al processo a Panama City sono cadute tutte le accuse. Raggiunto al telefono, Andrea Di Giuseppe, il parlamentare di Fratelli d'Italia eletto nella Circoscrizione Centro e Nord America, festeggia il risultato raggiunto dopo oltre due anni: "Dieci minuti fa ho parlato con il padre, si è commosso alla notizia che Stefano era finalmente stato prosciolto. Ha passato oltre 400 giorni in una delle peggiori galere del mondo, un luogo che non si riesce neanche a immaginare, e senza nessuna condanna, ma solo per una carcerazione preventiva in attesa di un processo che sembrava non arrivare mai. Ma insieme alla Farnesina e all'ambasciata, ho fatto di tutto per fargli ridurre la misura cautelare e farlo stare in una condizione meno disumana. L'anno scorso siamo riusciti a fargli avere i domiciliari, oggi la notizia più bella. Una grande vittoria per il nostro Paese".
Stefano Conti è un trader brianzolo di 40 anni, che per oltre due anni è stato accusato di tratta di esseri umani a scopo sessuale. Rischiava una condanna fino a 30 anni di reclusione, nonostante le presunte vittime avessero ritrattato le accuse, sostenendo di aver subito pressioni dalla polizia panamense.
Conti ha anche pubblicato un libro intitolato 'Ora parlo io: 423 giorni nell'inferno di Panama', in cui racconta la sua esperienza nel carcere panamense e ribadisce la sua innocenza. Il libro è uscito a dicembre scorso, in attesa dell'inizio del processo.
Andrea Di Giuseppe ha partecipato alle udienze preliminari, "non per influire sul merito della vicenda", spiega all'Adnkronos, ma per fargli avere il giusto processo che qualunque essere umano merita. Ho coinvolto la comunità italiana, ho parlato con i politici panamensi, sono stato accanto a lui davanti al giudice, per far capire al sistema giudiziario che quell'uomo non era solo, ma aveva accanto a sé il suo Paese”.
Conti "rimarrà ancora a Panama fino al 4 aprile, per motivi burocratici, ma appena avrà tutti i documenti in ordine potrà tornare in Italia", aggiunge il deputato italiano. Che non ha finito quella che è diventata una sorta di missione. "Dopo aver aiutato a liberare i due italiani in Venezuela, e dopo il più famoso caso di Chico Forti, il prossimo per cui mi impegnerò è l'ingegner Maurizio Cocco, rinchiuso in Costa d’Avorio da oltre due anni. Ne sentirete parlare presto". Sì perché gli italiani rinchiusi all'estero sono circa duemila, "e molti di questi sono in stato di carcerazione preventiva. Dei conti di Montecristo dimenticati da tutti. Ma ora il nostro governo, grazie anche all'azione dei sottosegretari agli Esteri Silli e Cirielli, e ovviamente all'attivismo della premier Meloni, sta finalmente affrontando questi casi. Non sono più dei fantasmi, ma dei nostri connazionali che devono poter avere tutta l'assistenza legale, politica e umana che possiamo dargli. È solo l'inizio. L'Italia sta contando e pesando di più nel mondo", conclude Di Giuseppe. (Di Giorgio Rutelli)
Roma, 6 mar. (Adnkronos) - "Più che le conclusioni del Consiglio europeo sembrano un bollettino di guerra, con i nostri governanti che, in un clima di ubriacatura collettiva, programmano una spesa straordinaria di miliardi su miliardi per armi, missili e munizioni. E la premier Meloni cosa dice? 'Riarmo non è la parola adatta' per questo piano. Si preoccupa della forma e di come ingannare i cittadini. Ma i cittadini non sono stupidi! Giorgia Meloni come lo vuoi chiamare questo folle programma che, anziché offrire soluzioni ai bisogni concreti di famiglie e imprese, affossa l’Europa della giustizia e della civiltà giuridica per progettare l’Europa della guerra?". Lo scrive Giuseppe Conte sui social.
"I fatti sono chiari: dopo 2 anni e mezzo di spese, disastri e fallimenti in Ucraina anziché chiedere scusa agli italiani, Meloni ha chiesto a Von der Leyen di investire cifre folli in armi e spese militari dopo aver firmato sulla nostra testa a Bruxelles vincoli e tagli sugli investimenti che ci servono davvero su sanità, energia, carovita, industria e lavoro. Potremmo trovarci a spendere oltre 30 miliardi aggiuntivi sulle armi mentre ne mettiamo 3 scarsi sul carobollette".
"Stiamo vivendo pagine davvero buie per l’Europa. I nostri governanti, dopo avere fallito con la strategia dell’escalation militare con la Russia, non hanno la dignità di ravvedersi, anzi rilanciano la propaganda bellica. La conclusione è che il blu di una bandiera di pace scolora nel verde militare. Dai 209 miliardi che noi abbiamo riportato in Italia dall'Europa per aziende, lavoro, infrastrutture, scuole e asili nido, passiamo a montagne di soldi destinati alle armi".
Roma, 6 mar. (Adnkronos) - "Much appreciated". Lo scrive Elon Musk su X commentando un post in cui si riporta la posizione della Lega e di Matteo Salvini sul ddl Spazio e Starlink. Anche il referente in Italia del patron di Tesla, Andrea Stroppa, ringrazia via social Salvini: "Grazie al vice PdC Matteo Salvini per aver preso posizione pubblicamente".
Roma, 6 mar. (Adnkronos) - Gianfranco Librandi, presidente del movimento politico “L’Italia c’è”, ha smentito categoricamente le recenti affermazioni giornalistiche riguardanti una presunta “coalizione di volenterosi” per il finanziamento di Forza Italia. Librandi ha dichiarato: “Sono tutte fantasie del giornalista. Smentisco assolutamente di aver parlato di una coalizione di volenterosi che dovrebbero contribuire al finanziamento del partito”.
Roma, 6 mar. (Adnkronos) - "Il vergognoso oltraggio del Museo della Shoah di Roma è l'ennesimo episodio di un sentimento antisemita che purtroppo sta riaffiorando. È gravissima l'offesa alla comunità ebraica ed è gravissima l'offesa alla centralità della persona umana e all'amicizia tra i popoli. Compito di ognuno deve essere quello di prendere decisamente le distanze da questi vergognosi atti, purtroppo sempre più frequenti in ambienti della sinistra radicale infiltrata da estremisti islamici , che offendono la memoria storica e le vittime della Shoah. Esprimo la mia più sentita solidarietà all'intera Comunità ebraica con l'auspicio che tali autentici delinquenti razzisti antisemiti siano immediatamente assicurati alla giustizia ". Lo ha dichiarato Edmondo Cirielli, Vice Ministro degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale.
Roma, 6 mar. (Adnkronos) - "Meloni ha perso un'occasione rispetto a due mesi fa quando si diceva che sarà il ponte tra l'America di Trump e l'Europa e invece Trump parla con Macron, con Starmer e lo farà con Merz. Meloni è rimasta un po' spiazzata. Le consiglio di non essere timida in Europa perchè se pensa di sistemare i dazi un tete a tete con Trump, quello la disintegra. Meloni deve stare con l'Europa e Schlein quando le dice di non stare nel mezzo tra America e Europa è perchè nel mezzo c'è l'Oceano e si affoga". Lo dice Matteo Renzi a Diritto e Rovescio su Rete4.