La popolazione europea è oggi sottoposta a un pressante calo demografico e, insieme, è sempre più massicciamente sostituita dalle nuove masse migranti provenienti dall’Africa. In luogo dei popoli radicati e con memoria storica, con identità culturale e con coscienza mnestica dei conflitti di classe e delle conquiste sociali, prende forma una massa di schiavi post-identitari e senza coscienza di classe, umiliati, strutturalmente instabili, servili e sfruttabili senza impedimenti e a ogni condizione.

Da una diversa prospettiva, mediante le pratiche della deportazione di massa che la neolingua ha scelto di chiamare “accoglienza” e “integrazione”, il capitale deporta dall’Africa migliaia di nuovi schiavi disposti a tutto e pronti a essere sfruttati illimitatamente, il “materiale umano” ideale per le nuove pratiche dello sfruttamento neo-feudale. E, con movimento simmetrico, aspira a sostituire con questi nuovi schiavi il vecchio popolo europeo, composto da individui ancora troppo avvezzi ai diritti sociali, alla dignità del lavoro, alla coscienza di classe, alle conquiste salariali: in una parola, ancora memori del precedente assetto borghese e proletario del capitalismo. È in quest’ottica che deve, ad esempio, essere inquadrata l’operazione Mare Nostrum (2014) come instaurazione di un ponte diretto tra l’Africa e l’Europa in fase di terzomondializzazione.

Nella sua logica generale, l’immigrazione è oggi promossa strutturalmente dal capitale e difesa sovrastrutturalmente dalla “retorica del migrante” propria del pensiero unico politicamente corretto dei pedagoghi del globalismo imperialista. L’odierno regno animale dello spirito necessita dell’esercito industriale di riserva dei migranti, sfruttati a mo’ di nuovi schiavi, per poter distruggere i diritti sociali ancora sussistenti, annientare la residua forza organizzativa dei lavoratori e abbassare drasticamente i costi del lavoro. Con le categorie di Kevin Bales, i migranti figurano oggi come “nuovi schiavi” e come “merce umana nell’economia globale”.

La domanda, spietatamente ironica, di Brecht in riferimento al dissidio tra popolo e governo nel 1953 (“Non sarebbe / più semplice, allora, che il governo / sciogliesse il popolo e / ne eleggesse un altro?”), trova oggi una risposta positiva nelle pratiche di sostituzione di massa mediante le quali i signori del globalismo stanno rimpiazzando le popolazioni europee, le masse nazionali-popolari memori dei diritti sociali e delle lotte di classe, con nuove moltitudini deterritorializzate di esseri umani deportati dall’Africa e destinate a figurare come le nuove “risorse”, ossia come i nuovi schiavi “accolti” e “integrati” nell’esercito della produzione capitalistica desalarizzata e con pluslavoro sempre crescente. È quanto espressamente sostenuto, fin dal titolo, dal rapporto delle “Nazioni unite” del 17 marzo 2000: New report on replacement migration issued by Un population division.

Complici le prestazioni del pensiero unico fintamente umanitario, il capitale non mira certo a integrare i migranti, che invece considera come pura carne da cannone nella lotta di classe. Aspira, invece, a disintegrare per il tramite dei migranti anche i lavoratori autoctoni, distruggendone la coscienza di classe residua e abbattendone i diritti. Dietro il falso umanitarismo con cui si celebra l’immigrazione si nascondono, in verità, la disumanità dello sfruttamento più bieco della manodopera migrante e l’orrore del traffico di esseri umani, il nefarium negotium condannato da papa Gregorio XVI nel 1839.

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