Ha denunciato gli stessi investigatori che indagano su di lui, facendoli finire sotto inchiesta. È per questo motivo che Eugenio Albamonte, presidente dell’Associazione nazionale magistrati, è  indagato per abuso di ufficio e falso dalla procura di Perugia. Il fascicolo è stato aperto dopo l’esposto presentato nel febbraio scorso da Giulio Occhionero, l’ingegnere nucleare imputato con la sorella con l’accusa di aver hackerato e rubato documenti, anche riservati, dalle caselle postali di decine e decine di politici ed enti. Nella sua denuncia, Occhionero accusa gli inquirenti di aver effettuato indagini illegali sul suo conto. L’ingegnere ha sempre negato di aver spiato qualcuno, e proprio davanti ad Albamonte, in sede di interrogatorio, pochi giorni dopo l’arresto, si disse una vittima della polizia postale: “Sono loro che hanno spiato me“, ha sostenuto davanti al pm della procura di Roma.

Oltre ad Albamonte la procura di Perugia ha iscritto nel registro degli indagati anche due funzionari della polizia postale, che rispondono dei reati di falso, abuso di ufficio e accesso non autorizzato a sistema informatico. Nel giugno scorso, Occhionero è stato sentito sulla vicenda dalla procura di Perugia come persona informata sui fatti. La notizia è emersa durante la prima udienza del procedimento che vede imputato l’ingegnere e la sorella, entrambi detenuti da gennaio. Il legale dell’ingegnere ha chiesto al pm di astenersi dal proseguire il processo ma la procura ha confermato l’incarico al magistrato, provvedimento quest’ultimo “pienamente condiviso” anche dal procuratore generale Giovanni Salvi.

In un documento che verrà depositato domani in udienza, il capo dell’ufficio inquirente capitolino, Giuseppe Pignatone, cita la sentenza della Cassazione in cui si sottolinea che “l’inimicizia tra magistrato e parte”, può diventare un impedimento per un corretto giudizio, solo quando “trovi fondamento in rapporti personali svolti in precedenza e fuori dal processo”. Inoltre viene ricordata l’intercettazione ambientale nella quale, due mesi prima dell’arresto, Giulio Occhionero manifestava soddisfazione per la falsa notizia dell’imminente trasferimento ad altro incarico di Albamonte, che da anni a Piazzale Clodio si occupa di cyber spionaggio. E già nel corso delle indagini l’ingegnere aveva manifestato l’intenzione di presentare un esposto contro il pm.

L’inchiesta sugli episodi di hackeraggio compiuti dagli Occhionero, non ha mai completamente chiarito, con quali fini i due fratelli carpissero dati: venne ipotizzato che volessero fornire informazioni su appalti, o investire in borsa, o forse accumulare una serie di dati sensibili legati alla sfera personale di personalità che un giorno avrebbero utilizzato in altro modo. Le indagini degli investigatori del Cnaipic, il Centro nazionale anticrimine informatico della Polizia postale, hanno accertato che i due gestivano una rete di computer, infettati con un malware chiamato ‘Eyepyramid’. L’inchiesta è partita dalla segnalazione al Cnaipic dell’invio di una mail, arrivata all’Enav, che conteneva il virus in questione, il cui codice di acquisto rimandava a Giulio Occhionero. Seguendo quella traccia gli investigatori sono risaliti alla rete che, sfruttando il malware, riusciva ad acquisire da remoto il controllo dei computer e dei sistemi informatici delle vittime. Durante le indagini, sono state effettuate una serie di verifiche bancarie e patrimoniali, in Italia e all’estero, sui due fratelli, che pur essendo sulla carta nullatenenti avevano una vita agiata, nel tentativo di ricostruire la galassia di almeno quattro società con sede a Regent Street, Londra, formalmente tutte inattive e che facevano riferimento allo stesso Occhionero.

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