Quando mancano poche ore all’incoronazione di Luigi Di Maio candidato premier del Movimento, i parlamentari girano per gli stand di Italia 5 stelle con una birra e una piadina in mano. Sarà l’umidità del settembre di Rimini o il clima da fine primo mandato in Parlamento, sarà la nuova impostazione “milanese” di tutta la manifestazione, ma si guardano intorno un po’ persi. “Quello che sta per succedere è un cambiamento epocale per il Movimento 5 stelle”. Chi ha il coraggio di ammetterlo, mentre lo staff ancora monta gli ultimi gazebo, è il deputato Matteo Mantero. “Chi vince le primarie diventa capo politico del Movimento”, dice. “Spero solo che, qualsiasi cosa succeda, non verranno fatti compromessi al ribasso sui nostri temi per seguire il consenso: come sull’immigrazione o sul fine vita”. Le preoccupazioni sono simili: avere un leader in Parlamento e doversi scontrare sulla linea politica. Anche se tutti si rifugiano dietro una garanzia: “Sarà solo per cinque anni, poi si alternerà con un altro candidato”, spiega Angelo Tofalo. Eppure oggi, da Rimini, il Movimento segna un’altra piccola tappa in un percorso di trasformazione dove la vera sfida è restare uguali a se stessi.
Che qualcosa sta succedendo, lo si legge nell’aria scura di Beppe Grillo. Il capo che da stasera uscirà un po’ di scena, poco prima di rifugiarsi nel retropalco per sentire lo spettacolo di Gianluigi Paragone, ai giornalisti ha lasciato il messaggio di tutta quanta la tre giorni: “Largo ai giovani”. Intorno è gelato il sangue: il garante lo ha annunciato migliaia di volte che vuole fare un passetto di lato e che guarderà solo da lontano le vicende della sua creatura. Ma ora è ufficiale e scritto nero su bianco nelle regole delle primarie online.
video di Manolo Lanaro e Giulia ZaccarielloMantero, in passato critico con alcune scelte dei colleghi, ma anche uno dei più rappresentativi del Movimento delle origini, non nasconde le sue perplessità. “Io penso”, dice, “che sarebbe stato opportuno fare una votazione per chiedere a tutti se fossero d’accordo di far diventare il candidato presidente del Consiglio anche capo politico del Movimento. Io personalmente l’ho scoperto il giorno del voto, ma sono della bassa manovalanza”. La preoccupazione riguarda il futuro del Movimento, di come riusciranno ad affrontare i difficili mesi di campagna elettorale e le nuove evoluzioni che richiederà l’istituzionalizzazione. “Beppe”, continua Mantero, “era una figura super partes, mentre Luigi in quanto deputato non ha la distanza di Grillo dal gruppo”. Il cambiamento però, dice, potrebbe anche portare aspetti positivi: “Adesso Luigi, se vincerà le primarie, dovrà assumersi oneri e onori di questo ruolo e sarà responsabile di scelte che prima, molto spesso, non capivamo da chi venissero prese. Ora avremo anche la possibilità di parlare in prima persona con il capo politico”. Per il deputato il voto è stato comunque libero: “Dobbiamo riconoscere che tutti avevano la possibilità di candidarsi, se gli altri non si sono presentati non è colpa di Luigi. Mica ci ha chiamato per dirci di non farlo”. E perché Mantero non si è fatto avanti? “Io non so nemmeno se mi candiderò per il secondo mandato, devo pensare al lavoro”. Molto cauto anche il deputato Daniele Pesco. “Diciamo che in tanti avrebbero apprezzato di più che fosse specificato che è la figura di Beppe a rimanere come capo politico. L’importante è che lui sia sempre presente per indirizzarci e per controllare che seguiamo i principi del Movimento”. In effetti, in tanti hanno notato che quella dicitura nuova di “capo politico” comporta molte più responsabilità di quante avessero pensato in un primo momento. Questo, dice Pesco, fa diventare necessario anche un diretto coinvolgimento dell’assemblea: “Io credo che cercheremo di confrontarci di più e troveremo il coraggio di esporci se qualcosa non funzionerà”.