Un mondo difficile quello accademico? No, “un mondo di merda“. Parola del professor Pasquale Russo, uno dei docenti finiti ai domiciliari nell’inchiesta della Procura di Firenze sui concorsi truccati. Il docente di Diritto tributario, in pensione dal 2010, protagonista di molte delle intercettazioni delle Fiamme Gialle sugli accordi tra luminari della materia, sembra rammaricarsi del marciume di cui è comunque parte. Parlando con un collega Guglielmo Fransoni (Università di Foggia), è il 14 gennaio 2014, di candidati “insufficienti” ma che hanno ottenuto l’abilitazione scientifica commenta:  “… Fermo restando che ci sono delle insufficienze e che tutti quanti sono passati con l’unanimità, tutti quanti sono passati con l’unanimità perché si fanno dei ragionamenti che riguardano gli equilibri complessivi… “. Del resto è lo stesso docente che con un linguaggio colorito ma efficace conclude così il suo discorso: “…la logica universitaria è questa … è un mondo di merda … è un mondo di merda … Quindi purtroppo è un do ut des, tu mi fai questi a Napoli ed io ti do … “.

E il professore disse: “Laroma è uno stronzo ma vale il doppio di tutti”
Russo dice anche di essere stato un ingenuo all’inizio e che poi si è “piegato al sistema per poter tutelare … i suoi allievi”, di aver messo “sotto i piedi i principi” per difendere quella cerchia di persone poi chiamata la “scuola”. Candidati che però non includevano i migliori, che venivano esclusi o bocciati o rimandati alla prossima volta. Come Philip Jezzi Laroma, il ricercatore che dopo aver ricevuto la proposta indecente di fare un passo indietro e rinunciare all’abilitazione scientifica (necessaria per partecipare ai bandi per la docenza), ha denunciato Russo e i suoi complici. Proprio Russo, che lo minaccia dicendogli “Che fai ricorso? Ti rovini la carriera”, riconosce a Laroma un valore superiore agli. È il 4 aprile del 2015 e Russo parla di lui con Adriano Di Pietro (Università di Bologna): “Laroma è un… sul piano umano, è uno stronzo, è una persona cose eccetera, me a me non me ne frega nulla. Io distinguo i piani umani con i piani… con il piano scientifico e della meritocrazie… Laroma come intelligenza e come laboriosità è come … vale il doppio di tutti quelli che hanno fatto l’altra volta … e vale il doppio di tutti quegli aspiranti associati che oggi partecipano a questa tornata … non c’è dubbio … “. Ma è la logica del “vile commercio dei posti” e non poteva abdicare a nulla, neanche di fronte a “candidature impresentabili” o studiosi che non si riteneva “professionalmente attrezzati”. I candidati da abilitare, attrezzati o non, quindi finivano in un elenco che veniva dettato tranquillamente da un commissario ai professori. Come avvenuto il 14 marzo 2015 con il commissario Carlos Maria Lopez Espadafor a Giuseppe Zizzo (Università di Castellanza Varese) l’elenco, come concordato con Fabrizio Amatucci (Napoli).

Fantozzi e la strategia per il futuro: “Una nuova cupola”
Non ci sono solo le parole del professor Russo a determinare un quadro impietoso: secondo il gip di Firenze Angelo Antonio Pezzuti anche i discorsi di Augusto Fantozzi, ex ministro e professore indagato, “sono particolarmente significativi del modo in cui i professori intendono gestire i futuri concorsi”. Fantozzi, durante una cena in un ristorante romano con Pietro Boria (La Sapienza Roma), Andrea Fedele (Unitelma La Sapienza), Leonardo Perrone (La Sapienza) e Eugenio Della Valle (La Sapienza) (9 giugno 2014), si lamenta probabilmente del non fedele rispetto dei patti: “… quindi se voi non trovate delle regole soprattutto più o meno stabili, cioè non vi voglio dire, non create un gruppo di persone più o meno stabili, che non devono essere sempre quelli che stanno nei concorsi, ma come punti di riferimento, non andate da nessuna parte!”. Serve per Fantozzi “un gruppo di garanzia” e citando percentuali di tipo politico sentenzia: “Ci conviene la regola… Sul più bravo possiamo pure discutere … ragionevolezza … in chiave territoriale, in chiave geografica, in chiave, però non deve essere mai un discorso proporzionale … ma un discorso che da come dire, individuazione … “. Per questo va creata da un gruppo di persone che non esita a definire, seppure in modo scherzoso, come la “nuova cupola”.  E conclude dicendo: ” … e allora si tratta di … capisaldo o con gli uomini di buona volontà oltre che … qualche, possano stare in una nuova cupola, tanto per non usare un termine“. Un concetto che fa breccia tanto che Adriano Di Pietro, prima di diventare commissario, lo illustra a un suo interlocutore come sua “strategia”, dicendogli: “Anche perché vedi la mia strategia è di comporre relazioni bilaterali non … la linea della cupola per tutti“.

La lettere anonima per indebolire un candidato
E quando la logia della spartizione, quando il metodo del “vile commercio di posti”, del do ut des viene meno si può sempre tentare con altri mezzi. Proprio Di Pietro detta a un candidato una lettera anonima sul conto del commissario Amatucci che fa spedire dalla sorella da Napoli, a sé stesso, come presidente della Commissione. L'”anonimo” denunciava che il professore Amatucci esercitava l’attività di avvocato nello studio del padre Andrea, cosi contravvenendo al divieto di svolgere attività professionale che su di lui gravava quale direttore del Dipartimento di Giurisprudenza dell II Università di Napoli che consente solo ai professori a tempo determinato di svolgere attività libero-professionali e di lavoro autonomo. Ma non solo; che il commissario si trovava una situazione di incompatibilità con una candidata che lavorava anch’essa nello stesso studio, essendovi stata accolta perché il padre di quest’ultima, commercialista, aveva appunto passato i propri clienti allo studio del padre di Fmatucci. Il piano del marzo del 2015 arriva a compimento nell’aprile quando la lettera viene aperta davanti ai commissari dal presidente Di Pietro che l’aveva pensata e fatta spedire. La vicenda si conclude con Amatucci che minimizza perché tanto la sua candidata “non passa” e il proposito di cestinare la missiva.

Il gip: “Totale dispregio del diritto proprio dai professori”
In questo contesto non stupisce che tra le contestazioni ci siano anche la manovre per confezionare su misura un bando per un assegno di ricerca all’Università di Firenze (estate 2014) con il candidato consapevole e in possesso della bozza di richiesta già due mesi prima della pubblicazione del bando stesso. Episodio su cui c’è il sospetto che sia stato lo stesso candidato a redigere il bando. Infine nell’inchiesta c’è anche un capitolo dedicato alla Universitas Mercatorum: anche in questo caso, secondo l’accusa, la copertura del posto da professore è stato deciso a tavolino e alla fine il candidato selezionato ha ottenuto la cattedra. Un quadro sconfortante che fa scrivere al gip che così si dimostra “il totale spregio del rispetto del diritto proprio da professori che sarebbero deputati ad insegnare il valore di esso”.

@trinchella

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