La guerra di Roma sui cantieri navali francesi Stx si chiude con una mezza sconfitta. Fincantieri diventerà proprietaria del 50% dell’azienda d’Oltralpe e non del 51% come chiedevano a gran voce i ministri Pier Carlo Padoan e Carlo Calenda. I francesi avranno l’altra metà delle azioni che saranno spartite fra lo Stato, l’azienda pubblica francese della cantieristica militare Naval Group (ex Dcns) e un gruppo di fornitori della regione di Saint-Nazaire. In compenso Parigi presterà per dodici anni l’1% della sua quota in Stx a Fincantieri, che resterà un sorvegliato speciale del governo francese. E’ questa la soluzione di compromesso arrivata dal vertice di Lione fra il premier Paolo Gentiloni e il presidente francese Emmanuel Macron, che ha imposto all’Italia anche impegni sul fronte dei livelli occupazionali di Stx. “Se le promesse non verranno mantenute, la Francia potrà recuperare il suo prezioso 1% e togliere a Fincantieri il suo ruolo dominante”, chiarisce il quotidiano francese Le Monde nell’edizione del 27 settembre.
“E’ una sorta di ‘privatizzazione ad elastico’”, prosegue il giornale d’Oltralpe precisando che l’operazione consentirà ad entrambi i governi di cantare pubblicamente vittoria. “Gli italiani perché, come desideravano, otterranno il 51% che conferisce il controllo dei cantieri francesi per appena qualche decina di milioni – prosegue Le Monde – I francesi perché, senza dover ricredersi completamente, metteranno fine ad un conflitto imbarazzante con l’Italia e manterranno un occhio vigile su un sito considerato strategico”. La composizione del futuro cda di Stx è sintomatica: 4 membri spetteranno a Fincantieri, 2 allo Stato francese e 1 a testa a Naval group e lavoratori. Un emissario del governo francese aveva fatto sapere che alla presidenza sarebbe rimasto Laurent Castaing, attuale direttore generale dei cantieri di Saint Nazaire, e Fincantieri avrebbe avuto il “potere di rimuoverlo o di separare gli incarichi di presidente e amministratore delegato se lo riterrà necessario”. Ma in serata fonti del governo italiano lo hanno smentito annunciando che presidente e amministratore delegato saranno nominati da Fincantieri e sarà Parigi ad avere il diritto di veto.
L’intesa resta comunque fonte di imbarazzo per Padoan e Calenda che avevano escluso la possibilità di un accordo senza il 51% delle azioni in mano a Fincantieri. E, alla fine, sono invece solo riusciti a spuntare la promessa che, allo scadere dei dodici anni di prestito, l’1% francese possa passare a Fincantieri.
Salvo naturalmente un nuovo dietrofront francese che potrà essere motivato da fatti di natura eccezionale. Questo aspetto non è particolarmente confortante per l’azienda guidata da Giuseppe Bono che avrà la maggioranza in consiglio e potrà nominare ad e presidente di Stx. Anche perché Parigi non è nuova ai ripensamenti. Soprattutto quando in ballo ci sono settori strategici come la cantieristica. Non si può trascurare il fatto che il passaggio di mano del 51% di Stx a Fincantieri era stato sostanzialmente già validato dall’ex presidente Francois Hollande. Ma la questione era poi stata nuovamente rimessa in discussione da Macron in nome dell’interesse nazionale.
Non solo. Nell’intesa fra Roma e Parigi sono entrate le attività di cantieristica civile, ma non quelle di tipo militare che è la vera partita che interessa la Francia. Su questo fronte il vertice di Lione segna solo l’inizio delle trattative i due Paesi che dovrebbero portare ad uno scambio azionario fra Fincantieri e Naval group. Ma il tema è decisamente delicato e nulla esclude che possa coinvolgere anche Leonardo (ex Finmeccanica) secondo termini e modalità tutte ancora da definire. Per ora l’unica certezza è la nascita di un gruppo di lavoro per studiare un’alleanza sulla cantieristica che si allarghi al settore militare. Senza contare che, come riferisce Le Monde, i francesi sperano l’intesa su Stx metta “fine allo psicodramma franco-italiano”.
Soprattutto perché fra i due Paesi ci sono in ballo ben altre questioni da affrontare a stretto giro. Innanzitutto quella che riguarda il futuro di Telecom Italia, controllata dalla Vivendi di Vincent Bolloré, finanziere vicino al presidente Macron. L’argomento non è stato ufficialmente sollevato nel corso del vertice di Lione. Anche perché il comitato tecnico di Palazzo Chigi ha fatto slittare a giovedì il giudizio definitivo sull’applicabilità di poteri speciali pubblici su Telecom. Del resto, come ha spiegato il premier Gentiloni al quotidiano Le Figaro la querelle Telecom-Vivendi è “una partita fra privati”. Anche se di mezzo ci sono non solo le strategiche reti di telecomunicazioni dell’Italia e i cavi sottomarini di Sparkle, ma anche il futuro di Mediaset. Un tema quest’ultimo particolarmente delicato visto che, come ricorda Le Monde, il ritorno sulla scena politica di Silvio Berlusconi, “deciso a proteggere Mediaset dagli appetiti di Vincent Bolloré”, potrebbe complicare la campagna d’Italia di Vivendi.