Promette conseguenze, dà giudizi di merito, evoca addirittura un’azione disciplinare. È un attacco diretto a Piercamillo Davigo quello contenuto nell’intervista rilasciata al Foglio da magistrato Claudio Galoppi, presidente della settima commissione del Consiglio superiore della magistratura. Il motivo? La partecipazione al programma DiMartedì su La7 di Davigo, ex presidente dell’Anm, leader di Autonomia e Indipendenza, corrente trasversale della magistrati, e oggi giudice in Cassazione.
“Un giudice in servizio non partecipa a talk show politici lanciando giudizi morali e lasciandosi andare a commenti di natura politica. Così si getta discredito sull’intero ordine giudiziario”, sostiene il membro togato di Palazzo dei Marescialli, esponente di Magistratura indipendente, lasciata proprio da Davigo alla vigilia dell’elezioni ai vertici dell’Anm. Due i motivi che portano Galloppi ad attaccare Davigo. Secondo Il Foglio, infatti, il magistrato a Dimartedì avrebbe detto: “Chi prende la prescrizione deve vergognarsi”. Secondo Galoppi invece “la prescrizione è un istituto legale con una precisa ratio: decorso un certo lasso di tempo dalla commissione del fatto, viene meno l’interesse dello Stato a esercitare la pretesa punitiva. Non esiste alcuna equiparazione tra prescrizione e colpevolezza perchè nel primo caso non c’è giudizio di merito”.
Per la verità, però, diverso era il concetto espresso da Davigo in tv. L’ex pm, infatti, si riferiva al caso di Filippo Penati, l’ex presidente della provincia di Milano, che ha prima annunciato di voler rinunciare alla prescrizione in fase d’indagini preliminari, salvo poi incassare proprio la prescrizione. “Come lo risarcisce?”, si era chiesto Mario Lavia. “Risarcire che cosa?Uno che ha preso la prescrizione definitiva? Sarà pure un’altra cosa, ma siccome l’articolo 54 della Costituzione dice che i cittadini a cui sono affidate le pubbliche funzioni devono adempiere a esse con disciplina e onore, allora le chiedo: c’è onore nel prendere la prescrizione?”, era stata la risposta dell’ex componente del pool di Mani Pulite.
Ma non solo. Il consigliere di Palazzo dei Marescialli ha attaccato Davigo anche per un altro motivo. “Mi ha colpito una notizia di alcuni giorni fa secondo la quale si sarebbero tenuti tre incontri tra Davigo e i vertici del Movimento 5 Stelle per mettere a punto un emendamento volto a impedire la candidatura di un noto esponente politico (cioè la cosiddetta norma norma ammazza-Berlusconi, ndr). Mi auguro che arrivi presto una smentita. Se Davigo non smentirà, non potranno non esserci conseguenze. Si tratterebbe di una condotta gravissima”. Ora, a parte che l’incontro tra M5s e Davigo viene smentito da altri appartenenti di Autonomia e indipendente, nessuna regola vieta ad un leader di corrente della magistratura di discutere con un politico di eventuali riforme penali, anzi tutt’altro.
In passato sono molteplici i casi di esponenti politici che incontrano magistrati: è successo a Matteo Renzi (che ha incontrato lo stesso Davigo quando era al vertice dell’Anm), ma è successo anche in casi più delicati. Nel 2010, per esempio, l’allora procuratore capo di Palermo, Francesco Messineo, incontrò l’allora presidente del Senato, Renato Schifani: erano i mesi in cui lo stesso ufficio giudiziario siciliano indagava sui contratti tra il politico di Forza Italia e la mafia. Nessuno, all’epoca, chiese procedimento disciplinari per Messineo. Senza considerare che le conseguenze evocate da Galloppi oggi per Davigo non sono certo di competenza del Csm, ma invece del procuratore generale della Cassazione, titolare dell’azione disciplinare sui magistrati.