La custodia cautelare solo per chi è accusato di fatti di sangue, tutti gli altri – tipo i ladri e i corrotti – fuori sotto cauzione. E poi ovviamente l’usato sicuro: la riforma delle intercettazioni, la separazione delle carriere dei magistrati, la non appellabilità delle sentenze di assoluzione. Quindi un paio d’attacchi al Movimento 5 Stelle e a Piercamillo Davigo, reo di non sorridere mai, e che sarebbe pronto a fare il premier proprio per i pentastellati: ipotesi che decreterebbe la sua fuga verso l’estero. In coda la novità della casa: la difesa dei diritti degli animali, che però a questo giro viene prima del solito “piano per il Sud“. Finito? Ah no, c’è ancora il tempo per la classica barzelletta: Berlusconi muore e convince Dio a fare il vicepresidente del Paradiso. Il pubblico sorride anche se è una battuta vecchiotta di un paio di decenni. Ma d’altra parte le novità dell’ultimo, ennesimo, ritorno di Silvio Berlusconi sono altre.
L’ex premier ormai ottuagenario ha scelto il giorno del decimo anniversario del Pd, per inaugurare la campagna elettorale in vista delle politiche del 2018. Un turno elettorale che per Matteo Renzi sarà “un corpo a corpo” con il centrodestra. Più di qualcuno si sarà chiesto: E il Movimento 5 Stelle? Di quale centrodestra parla Renzi? Ma il solito ovviamente. Quello dell’inno di Forza Italia su sfondo azzurro, dei proclami contro i comunisti, del ghigno di Berlusconi, tirato -letteralmente – a lucido per l’occasione. Passano pochi minuti dalle parole del segretario dem ed ecco che da Ischia fa capolino il volto dell’ex cavaliere. L’occasione è la presentazione del nuovo simbolo di Forza Italia: si chiama l’Albero delle Libertà, che era anche uno dei simboli della Rivoluzione Francese, usato in Italia nel 1914 durante la settimana rossa in Emilia Romagna. Concetti non esattamente cari all’ex premier, che evidentemente li ignora. Fa nulla, perché dopo il tour con tanto di elmetto dei vigili del fuoco tra i terremotati di Casamicciola, Berlusconi è pronto a tornare nel suo habitat naturale: la campagna elettorale.
E dunque spazio al suo programma che sarebbe stato discusso con cinquanta – “anzi cento“, “anzi gruppi di cento” – elettori che non sono andati a votare. Cosa c’è dentro quelle pagine che Silvio consegna ai suoi interlocutori ischitani? Ma ovviamente una grande riforma della giustizia. Primo: “Il cambiamento assoluto delle intercettazioni, prendendo a modello l’America”. Secondo: “La non appellabilità delle sentenze di assoluzione“. Terzo: “Basta ai processi infiniti perché il processo è già una pena“. In coda una straordinaria novità: “In galera prima delle sentenze definitive ci andranno solo quelli accusati di reati di sangue, per tutti gli altri introdurremo la cauzione“. Insomma la libertà è per chi ha il denaro per pagarsela. Ovviamente il redivivo Berlusconi non dimentica di promettere una sempre attuale riforma costituzionale. “Una volta al Governo faremo la riforma della Costituzione così chi viene eletto ha vicolo di mandato“, annuncia il premier che sarebbe caduto ben prima del 2011 se i Razzi e gli Scilipoti si fossero dovuti sottomettere al vincolo di mandato.
Quindi è il turno degli avversari. Che per Berlusconi, però, sono “i ribellisti“, cioè i 5 Stelle che “hanno nel loro programma proposte che non sono conosciute”. Lui, però, ovviamente le sa. Quali sono dunque? “La tassa sulla successione del 45%, come hanno fatto i socialisti in Francia”, dice l’anziano leader, evidentemente sensibile come non mai all’argomento. “I 5 Stelle sono una forza pauperista. Loro non hanno né arte né parte, loro non hanno mai lavorato in maggioranza. L’86% di chi è in Parlamento non ha mai fatto una dichiarazione dei redditi, sono loro i veri professionisti della politica, quando volevamo andare votare a settembre io e il Pd loro si sono opposti”, ha continuato a tuonare per poi indirizzare i suoi attacchi al candidato premier. Luigi Di Maio? “No lui è un frontman“, assicura Berlusconi, “se i 5 stelle vinceranno vedrete che sarà Davigo il premier”. Ipotesi infausta per il pregiudicato, perché Davigo “è un concentrato di odio invidia e rabbia, i suoi collaboratori dicono che non lo hanno mai visto sorridere“. Quindi se mai davvero i pentastellati dovessero vincere le elezioni, l’ex cavaliere promette: “Se sarà così io dall’Italia me ne vado”.
Il resto del comizio è un mix di cifre assortite (“In Italia ci sono 15 milioni di poveri”) e proposte già sentite, come la pensione minima a mille euro e quella per le mamme “che hanno lavorato anche la sera, di notte, sabato, domenica, avranno una pensione perché hanno diritto ad avere una vecchiaia serena e dignitosa”. Senza dimenticare la specialità della casa: l’umorismo più o meno volgare, declinato su più fronti. Politica estera: “In America hanno un problema, c’è questo signor Trump di cui apprezziamo la moglie e la figlia”. Integrazione: “Sono andato nei centri di accoglienza di Gheddafi e non ho visto il bidet ho detto che erano necessari e ho detto: voglio insegnare a questi scopatori libici che anche i preliminari sono importanti”. L’ultima invece è per se stesso: “Hanno chiesto ad alcune ragazze: fareste ancora l’amore con il presidente Berlusconi? Il 34% ha risposto sì. Il 76% invece: ancora?”.