Roma, 17 feb. (Adnkronos Salute) - Ogni anno in Italia quasi 3.500 persone ricevono la diagnosi di colangiocarcinoma in fase avanzata. Rappresentano ben il 70% del totale dei casi (4.971 stimati nel 2024 nel nostro Paese). E' una forma di neoplasia particolarmente aggressiva, ma l'immunoterapia e le terapie mirate permettono di controllare la malattia con una buona qualità di vita. Ancora troppo bassa però la percentuale di diagnosi in fase precoce, quando vi sono reali possibilità di guarigione. E' necessario quindi sensibilizzare i medici del territorio, perché sappiano riconoscere i primi segni della neoplasia e indicare ai pazienti i centri di riferimento.
Per questo Apic (Associazione pazienti italiani colangiocarcinoma) promuove un progetto di informazione per aumentare la conoscenza della malattia, con un ciclo di incontri indirizzati ai medici di famiglia, il primo previsto a Firenze il 22 febbraio. L'associazione ha anche istituito un fondo per erogare un contributo di 60 euro a ogni cittadino che, su indicazione del medico di famiglia, debba eseguire un'ecografia addominale. Inoltre Apic sostiene la ricerca con il finanziamento di un bando di 60mila euro, riservato a medici, biologi e farmacologi under 40, e un premio finale di 15mila euro. Le principali iniziative di Apic sono state presentate oggi in una conferenza stampa virtuale, a pochi giorni dalla Giornata mondiale sulla patologia (World Cholangiocarcinoma Day), che si celebra il 20 febbraio.
"E' importante migliorare il livello di conoscenza di questa neoplasia rara, ma molto aggressiva - afferma Paolo Leonardi, presidente Apic - Con il ciclo di incontri, in presenza e online, con oncologi e chirurghi esperti, vogliamo sensibilizzare i medici di famiglia. Talvolta basta una semplice alterazione di un esame di laboratorio ad indurre un sospetto da approfondire. Possono trascorrere 6 mesi dalla comparsa dei primi sintomi alla diagnosi certa di colangiocarcinoma. E' fondamentale abbreviare i tempi, per salvare più vite". Sempre nell'ottica di incrementare le diagnosi in fase iniziale, aggiunge, "abbiamo istituito un fondo che ad oggi ammonta a 12mila euro e potrà essere incrementato in base alle richieste, per aiutare le persone che si sottopongono a un'ecografia addominale, esame di primo livello che può eventualmente orientare a ulteriori approfondimenti che portino alla diagnosi. Questa analisi deve essere condotta da un ecografista esperto di patologie del fegato e i malati spesso sostengono spese di tasca propria, oltre al ticket, ad esempio per i trasporti. Sulla base della richiesta del medico di medicina generale di eseguire l'ecografia addominale e della fattura inviate alla nostra associazione, offriamo a ogni paziente un contributo di 60 euro".
Il colangiocarcinoma è un "tumore raro, rappresenta il 3% dei tumori del tratto gastroenterico e ha origine dai dotti biliari, i canali che trasportano la bile dal fegato all'intestino - spiega Lorenza Rimassa, professore associato di Oncologia medica all'Humanitas University e Irccs Humanitas Research Hospital di Rozzano, Milano - Si distingue in base alla sede di insorgenza in intraepatico, se si sviluppa all'interno del fegato, ed extraepatico, a sua volta suddiviso in peri-ilare e distale, se nasce dalle vie biliari extraepatiche. Le forme intraepatiche rappresentano il secondo più frequente tumore primitivo del fegato e possono manifestarsi in pazienti affetti da malattie delle vie biliari, come la colangite sclerosante primitiva. Le forme extra-epatiche e della colecisti possono essere correlate alla presenza di calcoli biliari".
"Nella maggior parte dei casi non si conoscono però i fattori di rischio associati all'insorgenza del colangiocarcinoma - sottolinea lo specialista - Nei Paesi occidentali sono in aumento i colangiocarcinoma intraepatici, su cui incidono anche gli stili di vita scorretti. Tra i fattori di rischio, infatti, vi sono sindrome metabolica, obesità, steatosi e cirrosi epatica, epatopatia cronica, consumo di alcol, fumo di sigaretta e l'esposizione a sostanze chimiche cancerogene, a tossine e a vari agenti ambientali come diossine, nitrosamine, radon e amianto. Il colangiocarcinoma intraepatico, di solito, è asintomatico per lungo tempo e i sintomi iniziali, ad esempio dolore addominale, perdita di peso, nausea, malessere, non sono specifici. Le forme extraepatiche sono spesso caratterizzate da ittero con urine scure, feci biancastre e prurito, per l'aumento dei livelli di sali biliari nel sangue. Il percorso che porta alla diagnosi è complesso e spesso tardivo, ma sarebbe più facile se si cogliessero precocemente i segni di sospetto. Per questo vanno sensibilizzati anche gli altri specialisti e i medici di famiglia, perché siano in grado di cogliere i primi segni o sintomi sospetti".
La chirurgia rappresenta "ancora l'unica possibilità di sopravvivenza prolungata e anche di guarigione dei pazienti che possono essere operati - prosegue Felice Giuliante, direttore Uoc Chirurgia epato-biliare Fondazione Policlinico universitario Agostino Gemelli Irccs Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma - Il problema è che spesso la diagnosi è tardiva, perché non c'è una popolazione a rischio nella quale prevedere esami di screening, come avviene per altre patologie, per ottenere una diagnosi in stadio iniziale. Per questo motivo soltanto il 25% dei pazienti può essere candidato alla chirurgia. Un aspetto molto recente è la possibilità di mettere in atto terapie prima della chirurgia, che possano rendere operabili pazienti che inizialmente non lo sono. I trattamenti vanno discussi e programmati nel contesto di gruppi multidisciplinari dedicati a questi pazienti, personalizzando i trattamenti, possibilmente nell'ambito di studi clinici, e ancora una volta tutto questo può essere effettuato in centri di riferimento per questa patologia. E' questa una storia che ha già caratterizzato il miglioramento dei trattamenti per altre patologie e che anche per il colangiocarcinoma si ripeterà, man mano che crescerà la disponibilità di farmaci e di procedure sempre più efficaci, che porteranno a poter operare pazienti che oggi non possono esserlo. Già oggi la possibilità di ridurre la malattia è una realtà che riguarda alcuni pazienti, che vanno quindi accuratamente individuati garantendo la corretta profilazione molecolare, per individuare quelle caratteristiche molecolari per le quali sono già disponibili farmaci specifici".
Per i pazienti con malattia non operabile in stadio avanzato, fino a poco tempo fa era disponibile solo la chemioterapia. "Le prospettive sono cambiate, perché oggi i clinici possono utilizzare diversi strumenti - precisa Rimassa - L’immunoterapia in combinazione con la chemioterapia è in grado di migliorare la sopravvivenza, con una riduzione del rischio di progressione di malattia e un miglior tasso di risposte, senza alterare la qualità di vita. In questi anni, inoltre, è stata dedicata molta attenzione alla caratterizzazione molecolare. Quasi la metà dei pazienti con colangiocarcinoma presenta un'alterazione genetica, che può diventare un potenziale bersaglio di terapie mirate". In base alle linee guida internazionali, incluse quelle della Società europea di oncologia medica (Esmo), la profilazione molecolare attraverso la tecnologia Ngs, Next-Generation Sequencing, è raccomandata al primo riscontro di malattia in stadio avanzato (metastatico o localmente avanzato) non suscettibile di chirurgia.
"Vi sono ancora alcune criticità da superare - osserva Giovanni Brandi, già direttore della Scuola di specializzazione di Oncologia medica all'Università di Bologna, fondatore di Apic e del Gruppo italiano colangiocarcinoma (Gico) - A dicembre 2022, anche in seguito alle richieste di Apic, è stato istituito un fondo per il triennio 2023-2025, pari a 200mila euro all'anno, per consentire ai pazienti colpiti da colangiocarcinoma l'accesso ai test Ngs. Questo fondo è insufficiente a coprire i circa 5mila cittadini che ogni anno in Italia ricevono la diagnosi. Alcune Regioni, come Emilia-Romagna, Veneto e Lombardia, si sono attivate per colmare queste lacune. Inoltre, ai pazienti trattati in centri di riferimento questi esami vengono garantiti, ma in altre strutture non sono eseguiti o sono previsti tardivamente rispetto a quanto raccomandato. In Italia, quindi, manca ancora una governance per i test Ngs, con differenze territoriali nelle cure". Inoltre, continua Brandi, "si dovrà procedere ad una maggior omogeneizzazione dei test nei vari centri italiani. Aspetto suggerito dal fatto che almeno per una delle alterazioni più frequenti, cioè le translocazioni di Fgfr2, sia stata rilevata una discrepanza tra la prevalenza dell'alterazione nelle casistiche internazionali, valutate con un test omogeneo, e quanto rilevato in diverse entità italiane".
"La ricerca nel campo dei farmaci a bersaglio molecolare è molto attiva - evidenzia Brandi - ma rimane comunque insoddisfacente per i pazienti. Infatti, a fronte di circa il 45% dei pazienti con colangiocarcinoma intraepatico che presentano un potenziale bersaglio per questi farmaci, poco più del 10% dei pazienti con colangiocarcinoma intraepatico, e ancor meno con colangiocarcinoma extraepatico, risultano attualmente adatti ad essere trattati con farmaci specifici già utilizzabili e prescrivibili. Questo dipende dal fatto che, prima di essere prescrivibili, occorre uno studio clinico adeguato, che ne dimostri sicurezza ed efficacia nel nostro setting specifico di malattia". Conclude Leonardi: "L'Apic collabora con un gruppo di specialisti in uno sforzo multidisciplinare di approccio alla neoplasia. E' necessario tener conto anche degli aspetti psicologici, nutrizionali, della terapia del dolore e della riabilitazione. In particolare, organizzeremo webinar mensili sull’importanza del supporto psicologico, che è garantito nella maggior parte degli ospedali ma troppo spesso è lasciato in secondo piano quando il paziente torna a casa".
Politica
Bankitalia, quando Renzi diceva: ‘Rispetto Palazzo Koch, lavoriamo molto bene insieme. Scaricabarile? E’ vecchia politica’
Quanto sono lontani l'inverno 2015 e la primavera 2016, quando l'allora premier navigava fiducioso verso il referendum costituzionale, le elezioni erano lontane all'orizzonte e lui difendeva le istituzioni dagli attacchi delle opposizioni sui casi Etruria e banche venete. Proteggendo Palazzo Koch da chi accusava i suoi vertici di non aver vigilato abbastanza: "Le responsabilità si verificheranno in una commissione d'inchiesta"
Oggi che l’imperativo è darci dentro “pancia a terra” – espressione a lui tra le più care – in campagna elettorale, Matteo Renzi mette nel mirino Banca d’Italia e Ignazio Visco, utile bersaglio a pochi mesi dalle politiche. Quanto sono lontani il 2015 e il 2016, quando nonostante le tempeste Etruria, Pop Vicenza e Veneto Banca l’allora premier si sentiva sicuro in sella, le elezioni erano meno di un puntino lontano all’orizzonte e lui difendeva le istituzioni dagli attacchi delle opposizioni. Facendo scudo con il proprio corpo a Palazzo Koch da chi ne accusava i vertici di non aver vigilato a sufficienza.
Il vento soffiava forte nelle vele del governo, a fine 2015. Metabolizzato da mesi il Jobs Act, portato a casa anche l’Italicum, il Parlamento si apprestava ad affrontare gli ultimi voti dell’anno sulla Stabilità e preparava per il 2016 il rush finale sulla riforma costituzionale. Poi, il 9 dicembre, sui giornali arrivava la lettera con cui Luigino D’Angelo spiegava il proprio suicidio. L’ex operaio dell’Enel, 68 anni, era stato trovato il 28 novembre impiccato alla ringhiera della scala della sua villetta e nella missiva lasciata alla moglie raccontava di aver perso i 100mila euro che aveva affidato alla Banca Popolare dell’Etruria e del Lazio, filiale di Civitavecchia. Uno dei quattro istituti in crisi “risolti” dal governo con il decreto Salva banche, che aveva azzerato il valore delle azioni e delle obbligazioni subordinate. Dinanzi alla selva di strali che cominciava a piovere dalle fila dell’opposizione, Renzi sollevava lo scudo a difesa di Consob e Bankitalia: “Non risponderò che è colpa di altri – premetteva il segretario Pd il 15 dicembre – io difendo tutte le realtà istituzionali in questo momento perché si riesce insieme da una situazione di tensione. Poi le responsabilità si verificheranno in una commissione d’inchiesta“. Che Renzi era stato tra i primi a chiedere, salvo poi fare in modo che venisse infarcita di renziani ortodossi. E fosse presieduta da un Pier Ferdinando Casini che più volte si era schierato contro la sua nascita avvertendo che “farla è demagogia, rischiosa propaganda”.
Cinque giorni più tardi, parlando del proprio rapporto con Palazzo Koch a L’Arena di Massimo Giletti, Renzi tracciava le linee programmatiche della propria condotta sulla questione: “Se immagina che scarichi la responsabilità sugli altri, come faceva la politica in passato, ha sbagliato persona – assicurava il presidente del Consiglio dinanzi al vasto pubblico domenicale della prima rete pubblica, con fare solenne e sguardo da boy scout – Banca d’Italia e tutte le altre istituzioni godono del rispetto del governo italiano: la questione non è giocare allo scaricabarile“.
Una posizione che teneva salda per tutto il 2016, quando la priorità era portare a casa il risultato storico della riforma costituzionale e il capo del governo immaginava per il referendum esiti trionfali. I casi di Banca Popolare di Vicenza e Veneto Banca, deflagrati mesi prima, imperversavano sul governo, che ad aprile patrocinava la nascita del Fondo Atlante. I cui sforzi per salvare le venete sarebbero poi finiti in una disfatta, con perdite per l’intero sistema creditizio che vi aveva contribuito.
Come il titano condannato da Zeus a tenere sulle spalle l’intera volta celeste, Renzi si sobbarcava alla difesa delle istituzioni economiche: “La valutazione non spetta al presidente del Consiglio. Il presidente del Consiglio lavora molto bene con Consob e Banca d’Italia”, rispondeva sereno a Bruno Vespa che a Porta a Porta gli domandava se Palazzo Koch e la commissione di vigilanza sui mercati guidata da Giuseppe Vegas avessero “sempre fatto fino in fondo il loro dovere”. Nessuna traccia della “mancanza di vigilanza” che oggi imputa a Visco, nessuna traccia dell’intervento che gli è toccato fare “per rimediare ai disastri che hanno fatto altri”. Era la puntata del 12 maggio, la stessa in cui aveva giurato e spergiurato che in caso di sconfitta al referendum “torno a fare il libero cittadino” e “non mi ricandido alle elezioni”, ma questa è un’altra storia.
La sicumera si infrangeva contro l’iceberg del 4 dicembre e i piani di navigazione cambiavano, nelle stesse settimane in cui andava a picco anche il piano di salvataggio del Monte dei Paschi, della cui sorte ha poi dovuto farsi carico il Tesoro con i soldi dei contribuenti. Scalpitando dietro le quinte per il desiderio di riportare l’Italia alle urne, il non più premier ma sempre segretario Pd si trovava di fronte alla necessità di togliere un argomento spinoso alle opposizioni, e mutava disposizione d’animo anche nei confronti di Visco. Lo spartiacque pubblico era stata il 12 luglio l’uscita di Avanti, il libro con il quale Renzi lanciava la sfida delle politiche. E in cui tra un’amenità autoreferenziale e l’altra (“La classe dirigente italiana (…) è rimasta in silenzio davanti alla vicinanza talvolta complice, talvolta connivente del sistema politico con quello del credito”) infliggeva un “colpo al santuario” di Bankitalia e metteva sull’ara sacrificale il capro espiatorio per il quale stava già affilando il coltello: “Quando arriviamo a Palazzo Chigi il dossier banche è uno di quelli più spinosi – premette – ci affidiamo quasi totalmente alle valutazioni e alle considerazioni della Banca d’Italia, rispettosi della solida tradizione di questa prestigiosa istituzione. E questo è il nostro errore, che pagheremo assai caro dal punto di vista della reputazione più che della sostanza”. Ignazio Visco era già sull’altare. Il resto è storia delle ultime 48 ore.
Lady Etruria
di Davide Vecchi 11.4€ Acquista su AmazonArticolo Precedente
Banche, Visco a sorpresa in Commissione d’inchiesta, Brunetta: “Consegnato materiale delle crisi bancarie”
Articolo Successivo
Lombardia, il candidato dem Gori: “A sinistra mi guardavano con diffidenza perchè lavoravo con Berlusconi”
Gentile lettore, la pubblicazione dei commenti è sospesa dalle 20 alle 9, i commenti per ogni articolo saranno chiusi dopo 72 ore, il massimo di caratteri consentito per ogni messaggio è di 1.500 e ogni utente può postare al massimo 150 commenti alla settimana. Abbiamo deciso di impostare questi limiti per migliorare la qualità del dibattito. È necessario attenersi Termini e Condizioni di utilizzo del sito (in particolare punti 3 e 5): evitare gli insulti, le accuse senza fondamento e mantenersi in tema con la discussione. I commenti saranno pubblicati dopo essere stati letti e approvati, ad eccezione di quelli pubblicati dagli utenti in white list (vedere il punto 3 della nostra policy). Infine non è consentito accedere al servizio tramite account multipli. Vi preghiamo di segnalare eventuali problemi tecnici al nostro supporto tecnico La Redazione
Cronaca
Peggiorano le condizioni di Papa Francesco: “Infezione polimicrobica, il quadro clinico è complesso. La degenza sarà adeguata”
Mondo
Summit di Parigi sull’Ucraina: l’Europa prova a uscire dall’irrilevanza. Lavrov e Rubio a Riyad: ‘Non ha senso invitare l’Ue ai negoziati’. Anche Zelensky va in Arabia
Mondo
Russia ancora contro Mattarella: ‘Parallelo con Hitler? Conseguenze’ Hacker russi attaccano siti italiani
Londra, 17 feb. (Adnkronos) - Il principe William ha saltato la cerimonia dei Bafta, premio di cui è presidente. Anziché unirsi al mondo dello spettacolo in occasione della premiazione annuale cinematografica dell'Accademia a Londra, che ha visto 'Conclave' e 'The Brutalist' fare incetta di premi, il futuro re britannico ha deciso di concedersi una vacanza ai Caraibi con la sua famiglia. Il Mail on Sunday ha rivelato che il principe di Galles si trova a più di seimila chilometri dalla Gran Bretagna, nell'esclusivo paradiso caraibico dell'isola di Mustique.
Il principe William, Kate e i loro figli sono volati sull'isola privata giovedì, pochi giorni dopo che Kensington Palace aveva annunciato che la coppia non avrebbe preso parte alla cerimonia, a cui hanno partecipato numerose star, alla Royal Festival Hall. La famiglia sta trascorrendo la seconda vacanza nel giro di pochi mesi, dopo la pausa sciistica di Capodanno. Si ritiene che abbiano viaggiato tutti insieme in business class, su un volo della British Airways, poiché negli ultimi anni il protocollo che prevede che gli eredi al trono volino separatamente è stato allentato.
Una fonte afferma che hanno preso un volo per Saint Lucia prima di prenderne uno privato per Mustique, notoriamente il rifugio preferito della defunta principessa Margaret, nonché un luogo di fuga molto amato dalle celebrità. Anche la defunta regina e il principe Filippo vi fecero visita nel 1966, 1977 e 1985. Sembra che anche la madre di Kate, Carole Middleton, che apprezza la privacy che il luogo offre, si trovi sull'isola. Mustique è di proprietà di una società privata e non consente la permanenza a giornalisti o fotografi. Sull'isola c'è un piccolo hotel e i visitatori devono possedere una casa o avere un invito per soggiornarvi.
C'è un solo bar, il Basil's, la cui clientela include Mick Jagger, Daniel Craig, Noel Gallagher e Kate Moss. Inizialmente, gli addetti ai lavori dei Bafta speravano che William e Kate avrebbero preso parte insieme alla cerimonia di ieri, segnando un ritorno sul red carpet per Kate, dopo la sua malattia. William ha partecipato alla cerimonia l'anno scorso senza la moglie, ma non vi ha preso parte per due anni consecutivi da quando è diventato presidente nel 2010.
Roma, 17 feb. (Adnkronos) - "Mentre Giorgia Meloni annuncia con ostinazione di voler portare avanti il protocollo Italia-Albania, la realtà dei fatti racconta un'altra storia: il progetto si sta rivelando un fallimento sotto ogni aspetto. Continuare a insistere, ignorando le evidenti criticità emerse, significa solo perseverare nell’errore e continuare a sprecare somme ingenti di denaro pubblico, già oltre il miliardo di euro". Lo dichiarano i deputati democratici della Commissione Affari Costituzionali alla Camera, Simona Bonafè, Gianni Cuperlo, Federico Fornaro, Matteo Mauri e Matteo Orfini.
"La premier rivendica il 'diritto della politica di governare', ma governare significa anche assumersi la responsabilità di riconoscere quando un’operazione non funziona e soprattutto rispettare la legge. Il miliardo di euro investito nel progetto avrebbe potuto rafforzare servizi essenziali come sanità, istruzione e welfare, invece viene impiegato per un’iniziativa che sta mostrando tutti i suoi limiti".
"La notizia dei licenziamenti nei centri di Shengjin e Gjader - concludono - certifica ulteriormente la fragilità di questo sistema. Il governo prenda atto della realtà e non insista con nuove forzature legislative per tenere in piedi un’iniziativa ormai compromessa".
Roma, 17 feb. (Adnkronos) - “In merito allo scandalo Paragon, non è stato smentito che, oltre all'intelligence, non vi siano altri apparati dello Stato che abbiano in dote tale spyware, non indicando nello specifico quali sarebbero i clienti italiani di Paragon Solutions”. Così una interrogazione di Matteo Renzi e dei senatori di Italia Viva rivolta al Ministro della Giustizia Carlo Nordio.
“Pare fondamentale accertarsi dal Ministro interrogato che la Polizia penitenziaria sia totalmente estranea all’utilizzo di Paragon e se così non fosse, si chiede di sapere quando e da chi sia stato firmato il contratto e quanto valga, sia l’importo dell’accordo; se risulti veritiero o meno che la Polizia penitenziaria abbia in dote e utilizzi tale spyware, se risulti veritiero che il Gom utilizzi una propria struttura di intercettazione e quante persone compongano l’ufficio incaricato di seguire le intercettazioni per la polizia penitenziaria e quante risorse economiche siano state utilizzate dalla stessa per gli strumenti di intercettazione negli ultimi tre anni".
"Se risulti veritiero che l’ex capo del Dap si sia dimesso e abbia indicato le ragioni del suo gesto in una lettera riservata inviata al Ministro. Se in questa lettera e nella decisione delle dimissioni influiscano divergenze tra le vedute dell’ex capo del Dap e il sottosegretario Del Mastro delle Vedove e la capo di gabinetto Bartolozzi”, si legge nell’ interrogazione.
Roma, 17 feb. (Adnkronos) - "È in atto un attacco all’Europa per dividerla e indebolire la sua forza. Un obiettivo delle destre di tutto il mondo che va contrastato con determinazione perché solo un’Europa più forte e coesa può garantire una soluzione di pace per l’Ucraina. Per questo chiediamo alla Premier Meloni oggi a Parigi di abbandonare le sirene trumpiane e di collocare l’Italia nel campo europeista dove pace, democrazia e sicurezza sono valori irrinunciabili". Così in una nota Chiara Braga e Francesco Boccia, capigruppo Pd alla Camera dei Deputati e al Senato, e Nicola Zingaretti, capo delegazione Pd al Parlamento Europeo.
Roma, 17 feb. (Adnkronos) - "Come già dimostrato dai fatti, il protocollo Italia-Albania rimane un progetto fallimentare, costosissimo, contro i diritti umani e le normative internazionali e Ue". Così in una nota Alessandro Zan, vice presidente della commissione Libe, responsabile diritti nella Segreteria Pd.
"Le dichiarazioni del Commissario Brunner appaiono quanto meno sorprendenti, soprattutto perché Giorgia Meloni ha scialacquato un miliardo di euro dei contribuenti italiani che poteva invece essere investito nella sanità pubblica. La Commissione deve garantire il sistema europeo comune di asilo, le norme comuni dell'Ue in materia di migrazione, per non lasciare sola l’Italia e non cercare scorciatoie sbagliate e inumane. Come può quindi condividere gli obiettivi del modello Albania e sostenere l'elusione degli obblighi internazionali e Ue? Dal Parlamento Ue continueremo a vigilare e far sentire la nostra voce contro ogni violazione e contro ogni ulteriore sperpero di denaro pubblico."
Roma, 17 feb. (Adnkronos) - Su "tutto ciò che costruisce unità, noi ci saremo". Angelo Bonelli risponde così interpellato sulla possibilità di una manifestazione sulla questione sociale annunciata da Giuseppe Conte e su cui Elly Schlein si è detta disponibile.
Roma, 17 feb. (Adnkronos Salute) - Ogni anno in Italia quasi 3.500 persone ricevono la diagnosi di colangiocarcinoma in fase avanzata. Rappresentano ben il 70% del totale dei casi (4.971 stimati nel 2024 nel nostro Paese). E' una forma di neoplasia particolarmente aggressiva, ma l'immunoterapia e le terapie mirate permettono di controllare la malattia con una buona qualità di vita. Ancora troppo bassa però la percentuale di diagnosi in fase precoce, quando vi sono reali possibilità di guarigione. E' necessario quindi sensibilizzare i medici del territorio, perché sappiano riconoscere i primi segni della neoplasia e indicare ai pazienti i centri di riferimento.
Per questo Apic (Associazione pazienti italiani colangiocarcinoma) promuove un progetto di informazione per aumentare la conoscenza della malattia, con un ciclo di incontri indirizzati ai medici di famiglia, il primo previsto a Firenze il 22 febbraio. L'associazione ha anche istituito un fondo per erogare un contributo di 60 euro a ogni cittadino che, su indicazione del medico di famiglia, debba eseguire un'ecografia addominale. Inoltre Apic sostiene la ricerca con il finanziamento di un bando di 60mila euro, riservato a medici, biologi e farmacologi under 40, e un premio finale di 15mila euro. Le principali iniziative di Apic sono state presentate oggi in una conferenza stampa virtuale, a pochi giorni dalla Giornata mondiale sulla patologia (World Cholangiocarcinoma Day), che si celebra il 20 febbraio.
"E' importante migliorare il livello di conoscenza di questa neoplasia rara, ma molto aggressiva - afferma Paolo Leonardi, presidente Apic - Con il ciclo di incontri, in presenza e online, con oncologi e chirurghi esperti, vogliamo sensibilizzare i medici di famiglia. Talvolta basta una semplice alterazione di un esame di laboratorio ad indurre un sospetto da approfondire. Possono trascorrere 6 mesi dalla comparsa dei primi sintomi alla diagnosi certa di colangiocarcinoma. E' fondamentale abbreviare i tempi, per salvare più vite". Sempre nell'ottica di incrementare le diagnosi in fase iniziale, aggiunge, "abbiamo istituito un fondo che ad oggi ammonta a 12mila euro e potrà essere incrementato in base alle richieste, per aiutare le persone che si sottopongono a un'ecografia addominale, esame di primo livello che può eventualmente orientare a ulteriori approfondimenti che portino alla diagnosi. Questa analisi deve essere condotta da un ecografista esperto di patologie del fegato e i malati spesso sostengono spese di tasca propria, oltre al ticket, ad esempio per i trasporti. Sulla base della richiesta del medico di medicina generale di eseguire l'ecografia addominale e della fattura inviate alla nostra associazione, offriamo a ogni paziente un contributo di 60 euro".
Il colangiocarcinoma è un "tumore raro, rappresenta il 3% dei tumori del tratto gastroenterico e ha origine dai dotti biliari, i canali che trasportano la bile dal fegato all'intestino - spiega Lorenza Rimassa, professore associato di Oncologia medica all'Humanitas University e Irccs Humanitas Research Hospital di Rozzano, Milano - Si distingue in base alla sede di insorgenza in intraepatico, se si sviluppa all'interno del fegato, ed extraepatico, a sua volta suddiviso in peri-ilare e distale, se nasce dalle vie biliari extraepatiche. Le forme intraepatiche rappresentano il secondo più frequente tumore primitivo del fegato e possono manifestarsi in pazienti affetti da malattie delle vie biliari, come la colangite sclerosante primitiva. Le forme extra-epatiche e della colecisti possono essere correlate alla presenza di calcoli biliari".
"Nella maggior parte dei casi non si conoscono però i fattori di rischio associati all'insorgenza del colangiocarcinoma - sottolinea lo specialista - Nei Paesi occidentali sono in aumento i colangiocarcinoma intraepatici, su cui incidono anche gli stili di vita scorretti. Tra i fattori di rischio, infatti, vi sono sindrome metabolica, obesità, steatosi e cirrosi epatica, epatopatia cronica, consumo di alcol, fumo di sigaretta e l'esposizione a sostanze chimiche cancerogene, a tossine e a vari agenti ambientali come diossine, nitrosamine, radon e amianto. Il colangiocarcinoma intraepatico, di solito, è asintomatico per lungo tempo e i sintomi iniziali, ad esempio dolore addominale, perdita di peso, nausea, malessere, non sono specifici. Le forme extraepatiche sono spesso caratterizzate da ittero con urine scure, feci biancastre e prurito, per l'aumento dei livelli di sali biliari nel sangue. Il percorso che porta alla diagnosi è complesso e spesso tardivo, ma sarebbe più facile se si cogliessero precocemente i segni di sospetto. Per questo vanno sensibilizzati anche gli altri specialisti e i medici di famiglia, perché siano in grado di cogliere i primi segni o sintomi sospetti".
La chirurgia rappresenta "ancora l'unica possibilità di sopravvivenza prolungata e anche di guarigione dei pazienti che possono essere operati - prosegue Felice Giuliante, direttore Uoc Chirurgia epato-biliare Fondazione Policlinico universitario Agostino Gemelli Irccs Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma - Il problema è che spesso la diagnosi è tardiva, perché non c'è una popolazione a rischio nella quale prevedere esami di screening, come avviene per altre patologie, per ottenere una diagnosi in stadio iniziale. Per questo motivo soltanto il 25% dei pazienti può essere candidato alla chirurgia. Un aspetto molto recente è la possibilità di mettere in atto terapie prima della chirurgia, che possano rendere operabili pazienti che inizialmente non lo sono. I trattamenti vanno discussi e programmati nel contesto di gruppi multidisciplinari dedicati a questi pazienti, personalizzando i trattamenti, possibilmente nell'ambito di studi clinici, e ancora una volta tutto questo può essere effettuato in centri di riferimento per questa patologia. E' questa una storia che ha già caratterizzato il miglioramento dei trattamenti per altre patologie e che anche per il colangiocarcinoma si ripeterà, man mano che crescerà la disponibilità di farmaci e di procedure sempre più efficaci, che porteranno a poter operare pazienti che oggi non possono esserlo. Già oggi la possibilità di ridurre la malattia è una realtà che riguarda alcuni pazienti, che vanno quindi accuratamente individuati garantendo la corretta profilazione molecolare, per individuare quelle caratteristiche molecolari per le quali sono già disponibili farmaci specifici".
Per i pazienti con malattia non operabile in stadio avanzato, fino a poco tempo fa era disponibile solo la chemioterapia. "Le prospettive sono cambiate, perché oggi i clinici possono utilizzare diversi strumenti - precisa Rimassa - L’immunoterapia in combinazione con la chemioterapia è in grado di migliorare la sopravvivenza, con una riduzione del rischio di progressione di malattia e un miglior tasso di risposte, senza alterare la qualità di vita. In questi anni, inoltre, è stata dedicata molta attenzione alla caratterizzazione molecolare. Quasi la metà dei pazienti con colangiocarcinoma presenta un'alterazione genetica, che può diventare un potenziale bersaglio di terapie mirate". In base alle linee guida internazionali, incluse quelle della Società europea di oncologia medica (Esmo), la profilazione molecolare attraverso la tecnologia Ngs, Next-Generation Sequencing, è raccomandata al primo riscontro di malattia in stadio avanzato (metastatico o localmente avanzato) non suscettibile di chirurgia.
"Vi sono ancora alcune criticità da superare - osserva Giovanni Brandi, già direttore della Scuola di specializzazione di Oncologia medica all'Università di Bologna, fondatore di Apic e del Gruppo italiano colangiocarcinoma (Gico) - A dicembre 2022, anche in seguito alle richieste di Apic, è stato istituito un fondo per il triennio 2023-2025, pari a 200mila euro all'anno, per consentire ai pazienti colpiti da colangiocarcinoma l'accesso ai test Ngs. Questo fondo è insufficiente a coprire i circa 5mila cittadini che ogni anno in Italia ricevono la diagnosi. Alcune Regioni, come Emilia-Romagna, Veneto e Lombardia, si sono attivate per colmare queste lacune. Inoltre, ai pazienti trattati in centri di riferimento questi esami vengono garantiti, ma in altre strutture non sono eseguiti o sono previsti tardivamente rispetto a quanto raccomandato. In Italia, quindi, manca ancora una governance per i test Ngs, con differenze territoriali nelle cure". Inoltre, continua Brandi, "si dovrà procedere ad una maggior omogeneizzazione dei test nei vari centri italiani. Aspetto suggerito dal fatto che almeno per una delle alterazioni più frequenti, cioè le translocazioni di Fgfr2, sia stata rilevata una discrepanza tra la prevalenza dell'alterazione nelle casistiche internazionali, valutate con un test omogeneo, e quanto rilevato in diverse entità italiane".
"La ricerca nel campo dei farmaci a bersaglio molecolare è molto attiva - evidenzia Brandi - ma rimane comunque insoddisfacente per i pazienti. Infatti, a fronte di circa il 45% dei pazienti con colangiocarcinoma intraepatico che presentano un potenziale bersaglio per questi farmaci, poco più del 10% dei pazienti con colangiocarcinoma intraepatico, e ancor meno con colangiocarcinoma extraepatico, risultano attualmente adatti ad essere trattati con farmaci specifici già utilizzabili e prescrivibili. Questo dipende dal fatto che, prima di essere prescrivibili, occorre uno studio clinico adeguato, che ne dimostri sicurezza ed efficacia nel nostro setting specifico di malattia". Conclude Leonardi: "L'Apic collabora con un gruppo di specialisti in uno sforzo multidisciplinare di approccio alla neoplasia. E' necessario tener conto anche degli aspetti psicologici, nutrizionali, della terapia del dolore e della riabilitazione. In particolare, organizzeremo webinar mensili sull’importanza del supporto psicologico, che è garantito nella maggior parte degli ospedali ma troppo spesso è lasciato in secondo piano quando il paziente torna a casa".