Non Berlusca ma bravissimo. E quindi non “Berlusca mi ha chiesto questa cortesia” ma “bravissimo mi ha chiesto questa cortesia”. Al processo sulla cosiddetta trattativa Stato-mafia è scontro tra il consulente della difesa di Marcello Dell’Utri e quelli della Procura sulle intercettazioni delle conversazioni tra il boss Giuseppe Graviano e il suo compagno d’ora d’aria, Umberto Adinolfi.
I due erano stati intercettati tra il marzo 2016 e l’aprile del 2017 e le registrazioni delle loro passeggiate erano state depositate agli atti del processo dal procuratore aggiunto Vittorio Teresi e i sostituti Nino Di Matteo, Roberto Del Bene e Roberto Tartaglia, che hanno iscritto il nome del boss di Brancaccio nel registro degli indagati con le accuse di minaccia a corpo politico dello Stato in concorso con altri boss. Secondo gli esperti interpellati dal legale dell’ex senatore di Forza Italia, Graviano non avrebbe mai pronunciato la parola “Berlusca”, inteso come Berlusca.
Si tratta di un passaggio chiave di uno dei dialoghi intercettati.“Berlusca mi ha chiesto questa cortesia: per questo c’è stata l’urgenza. Lui voleva scendere… però in quel periodo c’erano i vecchi e lui mi ha detto ci vorrebbe una bella cosa“, dice Graviano: per i pm allude all’intenzione di Berlusconi di entrare in politica già nel 1992. Una frase che sempre gli investigatori interpretano come la necessità di un gesto forte in grado di sovvertire l’ordine del Paese. Come una strage appunto. Impossibile infatti non ricollegare quella “cortesia” fatta con “urgenza” al “colpetto” ai carabinieri che secondo il pentito Gaspare Spatuzza si doveva dare per ordine dello stesso Graviano.
Per il consulente di Dell’Utri, però, Graviano non avrebbe detto “Berlusca” ma “bravissimo”. L’esperto – che verrà sentito dalla corte presieduta da Alfredo Montalto – contesta anche la trascrizione di altri due dialoghi in cui, per la Procura, si parlerebbe di Berlusconi. In uno il nome dell’ex premier sarebbe incomprensibile, in un altro invece di “B” si sentirebbe “Mi”. Un contrasto non da poco: i tecnici nominati dalla corte d’Assise, però, concordano con quelli dell’accusa.
Ed è per questo che la conversazione (10 aprile 2016) tra il boss e Adinolfi, è stata ascoltata in aula. La corte ascolterà di nuovo il nastro in camera di consiglio. Al termine dell’udienza di oggi i giudici hanno respinto la richiesta dei pm di risentire il mafioso messinese Rosario Cattafi. Il processo prosegue domani con l’esame di Graviano in videoconferenza che dovrebbe chiudere l’istruttoria dibattimentale. La procura dovrebbe cominciare la requisitoria a fine novembre.