Delle elezioni in Austria si parla per lo più della vittoria di Sebastian Kurz e dell’estrema destra. Ma c’è un altro elemento che vale la pena discutere.
Perché i Verdi austriaci hanno perso le elezioni? Perché un partito che nel 2016 è riuscito, dando prova di una forte coesione, a sostenere due campagne presidenziali molto dure e dispendiose che hanno portato all’elezione alla presidenza del paese di Alexander Van Der Bellen, verde che non poteva dire di esserlo; che governa in coalizioni di successo in sei dei dieci Laender austriaci, che è rappresentato da centinaia di eletti locali, ben tre eurodeputati e quattro senatori è inaspettatamente rimasto al di sotto della soglia del 4%, perdendo ben 9 punti e tutti i suoi 24 deputati, obbligandoli a lasciare la sede e a licenziare i 120 collaboratori?
Ci sono varie ragioni, che hanno determinato un clima negativo per i Verdi durante tutto il 2017:
1. Contrariamente a quanto ci si sarebbe potuti aspettare, la campagna per l’elezione di Van der Bellen non ha avvantaggiato i Verdi. E’ stata una battaglia che hanno gestito dovendo fare di tutto per aggregare tutte le forze politiche contro i “freiheitlicher” di Norbert Hofer e mettendo in sordina le enormi differenze di politiche e di metodo con gli altri. Van Der bellen per vincere ha dovuto fare scordare di essere espressione dei Verdi. Una campagna presidenziale lunghissima, anzi due, dopo l’annullamento del primo voto, ha poi lasciato le casse vuote e i militanti esausti.
2. Ma questa situazione si è aggravata lo scorso inverno con una bizzarra e durissima disputa con l’ala giovanile del partito. Da quelle parti, le sezioni giovanili contano e le frustrazioni per l’appoggio a Van Der Bellen hanno acuito incomprensioni e dissidi con la leadership; uno scontro malgestito, che ha portato a una rottura via media e all’uscita dei dirigenti dei giovani verdi, che hanno deciso di percorrere la via fallimentare dell’alleanza con i comunisti (0,7% dei voti). Anche la leader dei Verdi, Ewa Glawischnig si è poi dimessa in maggio per ragioni personali e di salute. L’immagine dei Verdi indeboliti da litigi e divisioni, molto inabituale per il paese, è rimasta come una marca durante la campagna elettorale, anticipata rispetto alla normale scadenza.
3. Arriva poi la bomba Peter Pilz; 63enne, popolare, deputato da 31 anni, famoso per le sue cause costose vinte ma anche perse (a spese del partito) per diffamazione e corruzione, amico di noti giornalisti, anticonformista nelle sue posizioni poco verdi sull’immigrazione e critico interno, Peter Pilz perde durante il Congresso che vota sulle candidature il quarto posto in lista (secondo degli uomini, visto che in Austria come in Germania le liste sono sempre guidate da donne nei Verdi). Potrebbe concorrere per il sesto posto ed essere tranquillamente eletto. Invece no. Decide di uscire e formare il suo partito, la Lista Peter Pilz e continuare da solo la sua carriera di castigamatti del potere.
È un abile politico e sfrutta anche una certa stanchezza rispetto ai Verdi, la novità di una lista trasversale e una spinta mediatica che lo favorisce. Come si vede da un rapido studio dei flussi elettorali, però, gli elettori di Pilz non sono per lo più Verdi. Si tratta di un altro elettorato, e infatti non c’è stata una competizione diretta fra i due. Certo, però, anche questo è stato un aspetto che ha fortemente indebolito l’immagine dei Verdi e delle due signore che ne hanno guidato la campagna (le uniche in lizza in una lotta tra tre uomini) la vice-presidente del Tirolo Ingrid Felipe e la vice-Presidente del Pe Ulrike Lunacek.
4. L’analisi del dopo voto ha mostrato che i nove punti persi dai Verdi sono così distribuiti: 160mila voti sono andati ai socialisti; 80mila ai conservatori del giovane molto cool Sebastian Kurz e circa 60mila alla Lista Pilz. La ragione più importante del travaso di voti, sta nel fatto che molti elettori verdi, che mai si sarebbero aspettati che i Gruenen potessero restare fuori dal Parlamento, hanno votato i socialisti per evitare che la destra diventasse il secondo partito. E così è stato, anche se di misura.
È indubbio che per un partito considerato tra le migliori success stories d’Europa, il colpo è durissimo. Anche perché avviene in una situazione nella quale la svolta a destra del governo non sarà per nulla indolore rispetto alle politiche sostenute dai Gruenen, e non solo in Austria. Dalle priorità europee, all’immigrazione, alle politiche energetiche, al sostegno alle famiglie e all’educazione, dopo anni e anni di Grosse Koalition un po’ sonnacchiosa e una politica consensuale, la probabile (ma non certa) coalizione sarà di destra pura e dura. Si dirà che non è la prima volta, ed è vero. Nel 1999, il pittoresco Heider arrivò al governo e suscitò l’indignazione generale e qualche mese di “boicottaggio” da parte degli altri 14 governi della Ue. Oggi siamo lontanissimi da quella indignazione. E molto più vicini a una involuzione illiberale e tutto sommato parecchio triste e poco cool dei nostri vicini alpini.
Va detto però che anche i Verdi, come molti altri partiti, hanno conosciuto situazioni disastrose poi brillantemente superate. Ci auguriamo che sia così anche per i Verdi austriaci. Per l’impegno e la competenza che hanno dimostrato, se lo meritano.
Monica Frassoni
Verde europea
Mondo - 20 Ottobre 2017
Austria, perché i Verdi hanno perso le elezioni
Delle elezioni in Austria si parla per lo più della vittoria di Sebastian Kurz e dell’estrema destra. Ma c’è un altro elemento che vale la pena discutere.
Perché i Verdi austriaci hanno perso le elezioni? Perché un partito che nel 2016 è riuscito, dando prova di una forte coesione, a sostenere due campagne presidenziali molto dure e dispendiose che hanno portato all’elezione alla presidenza del paese di Alexander Van Der Bellen, verde che non poteva dire di esserlo; che governa in coalizioni di successo in sei dei dieci Laender austriaci, che è rappresentato da centinaia di eletti locali, ben tre eurodeputati e quattro senatori è inaspettatamente rimasto al di sotto della soglia del 4%, perdendo ben 9 punti e tutti i suoi 24 deputati, obbligandoli a lasciare la sede e a licenziare i 120 collaboratori?
Ci sono varie ragioni, che hanno determinato un clima negativo per i Verdi durante tutto il 2017:
1. Contrariamente a quanto ci si sarebbe potuti aspettare, la campagna per l’elezione di Van der Bellen non ha avvantaggiato i Verdi. E’ stata una battaglia che hanno gestito dovendo fare di tutto per aggregare tutte le forze politiche contro i “freiheitlicher” di Norbert Hofer e mettendo in sordina le enormi differenze di politiche e di metodo con gli altri. Van Der bellen per vincere ha dovuto fare scordare di essere espressione dei Verdi. Una campagna presidenziale lunghissima, anzi due, dopo l’annullamento del primo voto, ha poi lasciato le casse vuote e i militanti esausti.
2. Ma questa situazione si è aggravata lo scorso inverno con una bizzarra e durissima disputa con l’ala giovanile del partito. Da quelle parti, le sezioni giovanili contano e le frustrazioni per l’appoggio a Van Der Bellen hanno acuito incomprensioni e dissidi con la leadership; uno scontro malgestito, che ha portato a una rottura via media e all’uscita dei dirigenti dei giovani verdi, che hanno deciso di percorrere la via fallimentare dell’alleanza con i comunisti (0,7% dei voti). Anche la leader dei Verdi, Ewa Glawischnig si è poi dimessa in maggio per ragioni personali e di salute. L’immagine dei Verdi indeboliti da litigi e divisioni, molto inabituale per il paese, è rimasta come una marca durante la campagna elettorale, anticipata rispetto alla normale scadenza.
3. Arriva poi la bomba Peter Pilz; 63enne, popolare, deputato da 31 anni, famoso per le sue cause costose vinte ma anche perse (a spese del partito) per diffamazione e corruzione, amico di noti giornalisti, anticonformista nelle sue posizioni poco verdi sull’immigrazione e critico interno, Peter Pilz perde durante il Congresso che vota sulle candidature il quarto posto in lista (secondo degli uomini, visto che in Austria come in Germania le liste sono sempre guidate da donne nei Verdi). Potrebbe concorrere per il sesto posto ed essere tranquillamente eletto. Invece no. Decide di uscire e formare il suo partito, la Lista Peter Pilz e continuare da solo la sua carriera di castigamatti del potere.
È un abile politico e sfrutta anche una certa stanchezza rispetto ai Verdi, la novità di una lista trasversale e una spinta mediatica che lo favorisce. Come si vede da un rapido studio dei flussi elettorali, però, gli elettori di Pilz non sono per lo più Verdi. Si tratta di un altro elettorato, e infatti non c’è stata una competizione diretta fra i due. Certo, però, anche questo è stato un aspetto che ha fortemente indebolito l’immagine dei Verdi e delle due signore che ne hanno guidato la campagna (le uniche in lizza in una lotta tra tre uomini) la vice-presidente del Tirolo Ingrid Felipe e la vice-Presidente del Pe Ulrike Lunacek.
4. L’analisi del dopo voto ha mostrato che i nove punti persi dai Verdi sono così distribuiti: 160mila voti sono andati ai socialisti; 80mila ai conservatori del giovane molto cool Sebastian Kurz e circa 60mila alla Lista Pilz. La ragione più importante del travaso di voti, sta nel fatto che molti elettori verdi, che mai si sarebbero aspettati che i Gruenen potessero restare fuori dal Parlamento, hanno votato i socialisti per evitare che la destra diventasse il secondo partito. E così è stato, anche se di misura.
È indubbio che per un partito considerato tra le migliori success stories d’Europa, il colpo è durissimo. Anche perché avviene in una situazione nella quale la svolta a destra del governo non sarà per nulla indolore rispetto alle politiche sostenute dai Gruenen, e non solo in Austria. Dalle priorità europee, all’immigrazione, alle politiche energetiche, al sostegno alle famiglie e all’educazione, dopo anni e anni di Grosse Koalition un po’ sonnacchiosa e una politica consensuale, la probabile (ma non certa) coalizione sarà di destra pura e dura. Si dirà che non è la prima volta, ed è vero. Nel 1999, il pittoresco Heider arrivò al governo e suscitò l’indignazione generale e qualche mese di “boicottaggio” da parte degli altri 14 governi della Ue. Oggi siamo lontanissimi da quella indignazione. E molto più vicini a una involuzione illiberale e tutto sommato parecchio triste e poco cool dei nostri vicini alpini.
Va detto però che anche i Verdi, come molti altri partiti, hanno conosciuto situazioni disastrose poi brillantemente superate. Ci auguriamo che sia così anche per i Verdi austriaci. Per l’impegno e la competenza che hanno dimostrato, se lo meritano.
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Kiev, 19 mar. (Adnkronos) - "Sono attualmente in corso operazioni di soccorso a Odessa in seguito a un altro attacco russo alle infrastrutture energetiche della città. 160mila persone sono al momento senza luce e riscaldamento". Lo scrive su X il presidente ucraino Volodymyr Zelensky, aggiungendo che "ancora una volta, le strutture energetiche civili sono state colpite: da quasi tre anni, l'esercito russo utilizza senza sosta missili e droni d'attacco contro di esse".
"Proprio ieri - prosegue il post - dopo il famigerato incontro a Riad, è diventato chiaro che i rappresentanti russi stavano di nuovo mentendo, sostenendo di non prendere di mira il settore energetico ucraino. Eppure, quasi contemporaneamente, hanno lanciato un altro attacco, con droni che hanno colpito trasformatori elettrici. E questo durante l'inverno: di notte c'erano meno 6 gradi Celsius".
"Almeno 160.000 residenti di Odessa sono ora senza riscaldamento ed elettricità. Tredici scuole, un asilo e diversi ospedali sono rimasti senza elettricità o riscaldamento. Le squadre di riparazione stanno lavorando instancabilmente e tutti i servizi comunali sono impegnati. Sono grato a ogni soccorritore e a tutti coloro che aiutano le persone. Non dobbiamo mai dimenticare che la Russia è governata da bugiardi patologici: non ci si può fidare di loro e bisogna fare pressione. Per amore della pace".
Roma, 19 feb. (Adnkronos) - Si svolge oggi, alle 15, il Question time trasmesso dalla Rai in diretta televisiva dall'Aula di Montecitorio, a cura di Rai Parlamento. Il ministro dell’Agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste, Francesco Lollobrigida, risponde a una interrogazione sulle iniziative volte a salvaguardare la produzione nazionale di ortofrutta, attraverso un corretto equilibrio tra esigenze produttive e sicurezza alimentare.
Il ministro della Giustizia, Carlo Nordio, risponde a interrogazioni sulle iniziative normative per limitare il ricorso alla custodia cautelare, anche nell'ottica della riduzione del sovraffollamento all'interno delle carceri; sulle iniziative in relazione alla situazione all'interno delle carceri, con particolare riferimento al sovraffollamento e al fenomeno dei suicidi; sulle tecnologie in uso alla polizia penitenziaria; sulle risorse finanziarie destinate al funzionamento del Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria, del Gruppo operativo mobile e del Nucleo investigativo centrale e chiarimenti in ordine ad attività di intercettazione svolte da strutture finanziate dal ministero della Giustizia.
Il ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso, risponde a interrogazioni sulle iniziative volte ad arginare i fenomeni di sfruttamento lavorativo nell'ambito delle filiere del made in Italy; sullo sviluppo dell'industria aerospaziale italiana; sulle iniziative volte a salvaguardare la continuità produttiva degli stabilimenti liguri della Piaggio aerospace e i relativi livelli occupazionali, con riferimento alla procedura di cessione all'azienda turca Baykar; sulle iniziative a sostegno della produzione industriale nazionale a tutela dei livelli occupazionali, nonché per stimolare la crescita economica e rafforzare la competitività; sull'adozione del Libro bianco sulla nuova strategia italiana di politica industriale.
Palermo, 19 feb. (Adnkronos) - I finanzieri del Comando Provinciale di Palermo, unitamente a personale dell’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli (Gruppo Operativo Regionale Antifrode - Gora), hanno eseguito un’ordinanza emessa dal Gip presso il Tribunale di Termini Imerese (su richiesta della Procura termitana), con cui è stato disposto il sequestro preventivo di 10 complessi aziendali, nonché di beni e di disponibilità finanziarie per oltre 15 milioni di euro nei confronti di 13 soggetti (anche per equivalente). Le indagini, condotte dal Nucleo di Polizia Economico - Finanziaria di Palermo in co-delega con il citato Ufficio dell’A.D.M., hanno consentito di ricostruire l’operatività di un’associazione per delinquere attiva nelle province di Palermo, Agrigento e Catania e dedita alla commissione di illeciti tributari, con particolare riferimento alla commercializzazione di prodotti energetici sottoposti ad aliquota agevolata (c.d. “gasolio agricolo”).
Secondo la ricostruzione compiuta, la frode avrebbe permesso di sottrarre al pagamento delle imposte oltre 11 milioni di litri di prodotto petrolifero e sarebbe stata perpetrata attraverso l’utilizzo strumentale di operatori economici del settore e la predisposizione di documentazione mendace. Più nel dettaglio, diversi depositi commerciali riconducibili ai vertici del sodalizio criminale avrebbero emesso fatture per operazioni inesistenti e predisposto DAS fittizi al fine di documentare cartolarmente la vendita di carburante a “società di comodo” o aziende del tutto ignare di quanto avveniva, mentre lo stesso, in realtà, veniva ceduto “in nero” a soggetti terzi non aventi titolo a riceverlo. Il che consentiva a questi ultimi di praticare prezzi fortemente concorrenziali a discapito degli altri operatori del settore.
Il descritto sistema di frode - come accertato all’esito di indagini tecniche, servizi di riscontro su strada e mirate attività ispettive - avrebbe garantito un significativo abbattimento dell’I.V.A. e delle Accise dovute, oltre che delle imposte dirette, generando un’evasione d’imposta, e un conseguente danno alle casse dello Stato, pari a 15.231.376,80 euro. Agli indagati sono contestati, a vario titolo, i reati di associazione per delinquere, sottrazione all’accertamento o al pagamento dell’accisa sui prodotti energetici, irregolarità nella loro circolazione e illeciti di natura tributaria.
Abu Dhabi, 19 feb. (Adnkronos) - Il segretario di Stato americano Marco Rubio è arrivato negli Emirati Arabi Uniti, ultima tappa del suo primo tour in Medio Oriente, dopo i colloqui di ieri con i funzionari russi a Riad. Rubio incontrerà ad Abu Dhabi il presidente degli Emirati Mohammed bin Zayed Al Nahyan e il ministro degli Esteri Abdullah bin Zayed Al Nahyan.
La visita di Rubio negli Emirati Arabi Uniti precede il vertice di venerdì in Arabia Saudita dei sei Stati del Consiglio di cooperazione del Golfo, nonché di Egitto e Giordania, per rispondere al piano del presidente degli Stati Uniti Donald Trump per la Gaza del dopoguerra.
L'amministrazione Trump, che respinge qualsiasi ruolo futuro di Hamas nel devastato territorio palestinese, ha invitato i paesi arabi, fermamente contrari a qualsiasi spostamento dei palestinesi da Gaza, a proporre alternative al piano del presidente degli Stati Uniti.
Kiev, 19 feb. (Adnkronos) - Il massiccio attacco notturno con droni russi contro la città e l'oblast meridionale di Odessa ha ferito almeno quattro persone, tra cui un bambino. Lo ha riferito il governatore Oleh Kiper, secondo cui nell'attacco sono rimasti danneggiati una clinica pediatrica, un asilo, grattacieli e alcune automobili.
Tel Aviv, 19 feb. (Adnkronos) - I caccia israeliani hanno colpito depositi di armi appartenenti all'ex regime siriano di Bashar Assad a Sasa, nella Siria meridionale. Lo ha reso noto l'esercito israeliano in una nota.
Brasilia, 19 feb. (Adnkronos/Afp) - L'ex presidente brasiliano Jair Bolsonaro è stato incriminato per un presunto piano di "colpo di stato" volto a impedire il ritorno al potere del suo successore Lula dopo le elezioni del 2022. La procura ha dettagliato in un comunicato l'incriminazione dell'ex leader dell'estrema destra (2019-2022) e di altri 33 indagati "accusati di incitamento e compimento di atti contrari ai tre poteri e allo Stato di diritto democratico".
L'atto d'accusa è stato consegnato alla Corte Suprema, che ora dovrà decidere se processarlo. L'ex capo dello Stato è stato incriminato per presunti piani di "colpo di stato", "tentato tentativo di abolizione violenta dello stato di diritto democratico" e "organizzazione criminale armata". Se si aprisse un processo, Jair Bolsonaro rischierebbe una condanna da 12 a 40 anni di carcere.
Secondo l'accusa, questa presunta cospirazione "era guidata dal presidente Bolsonaro e dal suo candidato alla vicepresidenza Walter Braga Netto che, alleati con altri individui, civili e militari, hanno tentato di impedire, in modo coordinato, l'applicazione del risultato delle elezioni presidenziali del 2022".