Il premier Paolo Gentiloni ha sciolto le riserve e ha deciso di riconfermare Ignazio Visco al vertice della Banca d’Italia. Il “caso Pd” scoppiato dieci giorni fa è dunque chiuso? Nient’affatto. Matteo Renzi con la mozione di sfiducia al governatore presentata a sorpresa alla Camera lo scorso 17 ottobre ha scelto lucidamente di usare Visco e la Banca d’Italia come argomenti di campagna elettorale nel disperato tentativo di recuperare consensi. E l’attacco è stato concepito come il più classico degli occhielli agli scacchi: se Visco viene sacrificato vinco io, se viene confermato, pure.
In caso di nomina di un nuovo governatore, Renzi avrebbe potuto rivendicarla come una vittoria propria; in caso di riconferma, invece, avrebbe comunque ottenuto di segnare una distanza tra sé e l’operato di Visco, scaricando al tempo stesso su quest’ultimo le responsabilità delle crisi bancarie e della loro gestione di questi anni. Una scelta cinica che non tiene in nessun conto l’interesse del Paese e che si attaglia perfettamente alla caratura dell’ex premier che nelle ultime ore ha intensificato le sue esternazioni facendo intendere che utilizzerà Visco come una sorta di punchball durante tutta la campagna elettorale. “In questi sei anni il sistema di vigilanza non ha funzionato e Bankitalia è stato un punto di debolezza. Se Visco viene rinnovato dura 12 anni come nemmeno Obama. Mi auguro almeno che i prossimi sei anni siano migliori”, ha detto Renzi dalla stazione di Ariano Irpino poche ore prima che Gentiloni ufficializzasse la nomina. E dalla stazione di Benevento, in collegamento con Porta a Porta, ha ribadito il concetto: “Neanche il presidente degli Stati Uniti resta in carica dodici anni…”.
Insomma, un crescendo irrefrenabile che rischia di produrre effetti ben più controproducenti dei supposti benefici che Renzi pensa di incassare. Innanzitutto, la delegittimazione della Banca d’Italia ad opera del partito che esprime la maggioranza di governo ha l’effetto di indebolire il Paese in Europa, sul cui tavolo si stanno per giocare partite molto rilevanti in un mutato contesto politico: l’uscita di Wolfgang Schaeuble dal governo tedesco e la sua probabile sostituzione con l’ultra-falco liberale Christian Lindner non sarà priva di ripercussioni anche dal punto di vista finanziario e l’Italia non è certo in una botte di ferro. Visco e i suoi uomini, così come i governi italiani che si sono succeduti in questi anni, non si sono particolarmente distinti per aver portato a casa risultati superlativi (basti vedere le modalità con cui è stato approvato e introdotto il bail-in), ma sedersi al tavolo delegittimati in partenza non può certo contribuire a migliorare la situazione, tanto più ora che – tra le altre cose – sono in discussione i meccanismi e le tempistiche per lo smaltimento dei crediti in sofferenza delle banche.
Il tiro al piccione sul governatore e su Banca d’Italia, poi, non giova neanche ai già tesissimi rapporti interni al Pd: le autorevoli prese di distanza dei giorni scorsi rischiano di moltiplicarsi con l’effetto di isolare sempre più il segretario e i renziani di stretta osservanza per arrivare, dopo le elezioni siciliane, a una dolorosa resa dei conti interna. Il pokerista di Rignano rilancia in continuazione nella speranza di far dimenticare le responsabilità e i conflitti d’interesse del suo governo rispetto alle questioni bancarie e al tempo stesso pensa di recuperare consensi attaccando, ma anche su questo rischia di aver fatto male i conti: i risparmiatori truffati hanno memoria lunga e la commissione d’inchiesta sulle banche, per quanto tardiva e inutile, rischia invece di portare alla luce nelle prossime settimane squarci di verità piuttosto imbarazzanti per l’ex premier e il suo stretto entourage, soprattutto a partire dall’audizione degli uomini di Bankitalia, governatore in testa.