La fiducia al Senato sulla legge elettorale “è stata una sorta di violenza” che meritava una risposta. Ecco perché Piero Grasso si è dimesso dopo l’approvazione del Rosatellum. “Passare una legge elettorale redatta in altra Camera senza poter discutere, senza poter cambiare nemmeno una virgola – ha spiegato la seconda carica dello Stato – è stata una sorta di violenza che ho voluto rappresentare con il mio gesto”. Aveva avvisato tutte le istituzioni, dice, e per rispetto delle stesse si è dimesso solo dopo il voto. Anche perché il Pd ha assunto una “deriva imbarazzante” che non condivide. E l’unico modo per “certificare la distanza, umana e politica” era andarsene.
“La verità, in questi giorni, mi è apparsa in tutta la sua evidenza, ormai io non condivido più la linea di questo Pd”. Perché i dem hanno avuto comportamenti “imbarazzanti” che minano la “credibilità e l’indipendenza” delle istituzioni. Bankitalia, lo sfondamento verso un nuovo centrodestra, l’appoggio di Denis Verdini, sul quale la seconda carica dello Stato aveva già ammonito Matteo Renzi negli scorsi mesi. “Politicamente e umanamente – dice – la misura è colma. Io non mi riconosco più nel merito e nel metodo di questo Pd. Assisto a comportamenti che imbarazzano le istituzioni e ne minano la credibilità e l’indipendenza. Non mi riconosco nemmeno nelle sue prospettive future“. L’oggi – dalla mozione su Visco alla legge elettorale, appunto – e anche il domani. Su quel che farà il presidente di Palazzo Madama, però, non c’è alcuna certezza. “Non è questo il momento”, dice. Certo, corteggiament di Mdp è insistente e traspare anche dalle parole di Massimo D’Alema: “C’è consonanza di giudizio e lo stimo profondamente”.
Ai giudizi pesanti di Grasso rispondono Matteo Richetti ed Ettore Rosato. Sminuendo la portata delle affermazioni della seconda carica dello Stato. “Una scelta politica che non si deve commentare”, visto il ruolo di Grasso, “ma difendo il fatto che il Pd non mina le istituzioni ma anzi le rafforza”, dice il responsabile della Comunicazione del Pd. Per Rosato, invece, “se non si riconosce nel nostro partito, è giusto” che lasci il partito. Sulla legge elettorale, aggiunge il capogruppo alla Camera del partito di maggioranza, “abbiamo fatto l’unica cosa che si doveva fare”. Quindi “le affermazioni di Grasso non mi imbarazzano e non le condivido“. Anche perché, è la ricostruzione di Rosato, il presidente del Senato “sa cosa è accaduto nel suo ufficio e fuori dal suo ufficio, ha visto nel suo ufficio che sono stai posti 50 voti segreti, anche sulle norme di copertura finanziaria: mi spieghi dov’è il voto di coscienza – spiega – Era solo una questione strumentale contro la legge elettorale”.
Il M5s si rivolge invece al presidente della Repubblica: “Il presidente del Senato Grasso è uscito dal Pd perché con la vergognosa approvazione del Rosatellum sono state messe in imbarazzo le istituzioni. Nel Pd sono rimasti solo Renzi, i Renzi boys e Verdini – dice il candidato premier Luigi Di Maio – Il Pd insomma è quello dove il condannato Verdini si sente a suo agio e quello da cui il procuratore nazionale antimafia esce. Mattarella dovrà tenere conto del gesto della seconda carica dello Stato al momento della firma di questa legge incostituzionale“.