Sorgono spontanee alcune domande, scorrendo i membri di questo organo semi-sconosciuto della Banca centrale italiana, il quale per statuto ha voce in capitolo per la nomina del suo governatore. Circolava addirittura la voce che gli avrebbero demandato la scelta del successore di Ignazio Visco, nell’ambito di una terna di nomi. In ogni caso ha il potere, con maggioranza qualificata, di chiederne la revoca.

Si tratta del Consiglio superiore. Fra i suoi tredici membri, oltre a un prefetto e quattro docenti universitari, ben 8 sono proprietari, dirigenti o portavoce di aziende. Saltano anche agli occhi alcuni eredi. Un certo Illy, non Riccardo, bensì un altro discendente meno noto della famiglia di industriali del caffè. Poi una certa Varnelli, erede in questo caso della dinastia dell’ottocentesca omonima distilleria. È molto probabile che scavando ne verrebbero fuori altri, ma non vale la pena approfondire.

In quanto poi a Lodovico Passerin d’Entrèves, è stato per decenni responsabile della comunicazione e relazioni esterne della Toro, dell’Ifil ecc. Insomma, quello che si dice “un uomo Fiat”. Lo conobbi personalmente e mi parve una persona a modo, il che varrà pure per tutti gli altri membri del Consiglio. Ma il punto è un altro, cioè gli interessi che rappresentano.

La Banca d’Italia non è il Rotary né la Confindustria o altra associazione di imprenditori. Perché allora nel suo Consiglio superiore essi sono il 62%? Perché non ce n’è uno che sia uno che rappresenti il mondo del lavoro? E comunque nessuno – non sia mai – per i clienti delle banche italiane e in particolare i risparmiatori, massacrati dalle medesime.

Insomma, più si scava e più si scoprono storture nella Banca d’Italia. Non per niente sono frequenti le proteste davanti alla sede di via Nazionale a Roma, mentre in Germania non c’è mai nessuna manifestazione contro la loro banca centrale (Bundesbank).

Per la cronaca la carica di consigliere, prima onoraria, viene ora retribuita con 32mila euro scarsi l’anno, per un impegno dai confini nebulosi.

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