Giancarlo Tulliani, arrestato ieri a Dubai, perché su di lui pendeva un mandato d’arresto per riciclaggio, è trattenuto dalle autorità locali perché la magistratura avrebbe fissato in due mesi l’esame della richiesta di estradizione in Italia. Tulliani, cognato dell’ex presidente della Camera Gianfranco Fini anche lui indagato per l’affaire della casa di Montecarlo, era negli Emirati Arabi Uniti da tempo ed era stato oggetto di un servizio fotografico in loco da parte della rivista Chi. L’avvocato Nicola Madia, uno dei difensori di Tulliani, ha confermato la notizia della convalida dell’arresto del suo assistito per due mesi, precisando che non si aspettava tale provvedimento da parte dell’autorità giudiziaria di Dubai. “Non c’era pericolo di fuga, Tulliani è stabilito e radicato da tempo nel paese arabo. Non sussistevano gli estremi per una convalida dell’arresto. Ritengo che questa ci sia stata solo per effetto del procedimento di estradizione”.
“Seguiremo l’iter di questa attività – ha concluso – e poi adotteremo le iniziative del caso“.
Con il suo arresto ieri si sono riaccesi i riflettori su un luogo di latitanza dorata per più di un italiano con problemi con la giustizia. “Sono una dozzina i latitanti italiani negli Emirati”, spiega Davide Mattiello, deputato Pd della Commissione Antimafia, il quale, impegnato da tempo su questo fronte, torna a denunciare i ritardi sul trattato di estrazione. Amadeo Matacena, l’ex parlamentare di Forza Italia condannato in via definitiva per concorso esterno in associazione mafiosa, a Dubai ci sta da quattro anni. All’inizio fu arrestato, era l’agosto 2013, e finì in cella per 15 giorni; poi fu rimesso in libertà senza passaporto. Alla fine gli restituirono anche quello. Ma lui è solo il più noto: ce ne sono altri. Come il narcotrafficante ritenuto vicino al clan degli Scissionisti Raffaele Imperiale, in fuga da gennaio 2016, che le cronache davano residente al Burj Al Arab, hotel da mille e una notte; o il suo braccio destro, Gaetano Schettino, che nel 2016 fu arrestato e liberato a Dubai nel giro di 40 giorni. Profili del tutto diversi, latitanza a parte, quelli di Samuele Landi, ex ceo di Eutelia, condannato in primo grado a nove mesi nel 2015 per il crac della società; e del costruttore Andrea Nucera, autore di presunti abusi in una lottizzazione. “L’ultima notizia – avverte Mattiello – si trova su Cronache Campane di ieri: il collaboratore Gennaro Notturno, detto ‘o saracino, avrebbe informato la Dda di Napoli che Raffaele Mauriello, legato al clan Amato-Pagano e accusato tra l’altro di concorso in duplice omicidio, se ne starebbe tranquillo a Dubai. Anche lui”.
Ma perché tutti lì e tutti tranquilli? Perché, ricostruisce Mattiello, nel 2015 fu siglato un pre-trattato con Dubai per la collaborazione giudiziaria e l’estradizione. Poi l’Italia ratificò la direttiva Ue che implica che negli accordi con Stati in cui vige la pena di morte sia esplicitato che, in caso di estradizione verso quei Paesi, la pena capitale va commutata in detentiva. “Quindi serve un correttivo che a quasi tre anni non si è fatto. Una questione che è in capo al ministro della Giustizia Orlando, anche perché nel frattempo gli Emirati hanno firmato l’accordo”. È la firma dell’Italia che manca. Tra l’altro “l’estradizione è sempre possibile per via diplomatica, tanto più con Paesi amici come gli Emirati. Questo è un problema sulle spalle di Alfano”, che tra l’altro si trova in missione negli Emirati per un forum di politica internazionale e che nei prossimi giorni potrebbe essere proprio a Dubai. “Il ministro Alfano in visita negli Emirati nei prossimi giorni arriva al momento giusto: le condizioni per estradare in Italia tutti i latitanti che li risiedono, ci sono”.
“Al di là del fatto che non si capisce come sia possibile un ritardo del genere per una correzione del tutto pacifica nel contenuto, sappiamo che l’esistenza di un trattato serve soltanto a rendere le procedure più veloci perché standardizzate. Cioè: tra due Paesi amici – spiega Mattiello – è sempre possibile agire per via diplomatica per ottenere l’estradizione di criminali latitanti. Chiedere, insomma, è sempre lecito e in questi casi rispondere è oltre che cortese, anche dovuto. Italia ed Emirati hanno tali e tanti interessi in comune che se l’Italia chiedesse per via diplomatica l’estradizione di coloro che sappiamo essere latitanti negli Emirati, non dovrebbero esserci motivi di resistenza”, aggiunge il deputato dem. “Non bisognerebbe nemmeno minacciare di ritirare l’ambasciatore. Il capo della nostra diplomazia in questa fase è il ministro Alfano, che nei prossimi giorni è annunciato proprio negli Emirati: ignorare la questione o affrontarla in maniera elegantemente inconcludente, ci coprirebbe di ridicolo. Come possiamo continuare a chiedere a uomini e donne delle Forze dell’Ordine o a magistrati di impegnarsi in nome della Legge e del Popolo italiano, anche a costo di gravi sacrifici, se poi basta che i delinquenti mettano piede a Dubai per stare in salvo. Non stiamo mica giocando a nascondino.”
Giustizia & Impunità
Giancarlo Tulliani “trattenuto a Dubai per due mesi in attesa estradizione”
Sono una dozzina i latitanti italiani a Dubai. Nel 2015 fu siglato un pre-trattato, poi l’Italia ratificò - spiega il deputato dem Davide Mattiello - la direttiva Ue che implica che negli accordi con Stati in cui vige la pena di morte sia esplicitato che, in caso di estradizione verso quei Paesi, la pena capitale va commutata in detentiva. Quindi serve un correttivo che a quasi tre anni non si è fatto"
Giancarlo Tulliani, arrestato ieri a Dubai, perché su di lui pendeva un mandato d’arresto per riciclaggio, è trattenuto dalle autorità locali perché la magistratura avrebbe fissato in due mesi l’esame della richiesta di estradizione in Italia. Tulliani, cognato dell’ex presidente della Camera Gianfranco Fini anche lui indagato per l’affaire della casa di Montecarlo, era negli Emirati Arabi Uniti da tempo ed era stato oggetto di un servizio fotografico in loco da parte della rivista Chi. L’avvocato Nicola Madia, uno dei difensori di Tulliani, ha confermato la notizia della convalida dell’arresto del suo assistito per due mesi, precisando che non si aspettava tale provvedimento da parte dell’autorità giudiziaria di Dubai. “Non c’era pericolo di fuga, Tulliani è stabilito e radicato da tempo nel paese arabo. Non sussistevano gli estremi per una convalida dell’arresto. Ritengo che questa ci sia stata solo per effetto del procedimento di estradizione”.
“Seguiremo l’iter di questa attività – ha concluso – e poi adotteremo le iniziative del caso“.
Con il suo arresto ieri si sono riaccesi i riflettori su un luogo di latitanza dorata per più di un italiano con problemi con la giustizia. “Sono una dozzina i latitanti italiani negli Emirati”, spiega Davide Mattiello, deputato Pd della Commissione Antimafia, il quale, impegnato da tempo su questo fronte, torna a denunciare i ritardi sul trattato di estrazione. Amadeo Matacena, l’ex parlamentare di Forza Italia condannato in via definitiva per concorso esterno in associazione mafiosa, a Dubai ci sta da quattro anni. All’inizio fu arrestato, era l’agosto 2013, e finì in cella per 15 giorni; poi fu rimesso in libertà senza passaporto. Alla fine gli restituirono anche quello. Ma lui è solo il più noto: ce ne sono altri. Come il narcotrafficante ritenuto vicino al clan degli Scissionisti Raffaele Imperiale, in fuga da gennaio 2016, che le cronache davano residente al Burj Al Arab, hotel da mille e una notte; o il suo braccio destro, Gaetano Schettino, che nel 2016 fu arrestato e liberato a Dubai nel giro di 40 giorni. Profili del tutto diversi, latitanza a parte, quelli di Samuele Landi, ex ceo di Eutelia, condannato in primo grado a nove mesi nel 2015 per il crac della società; e del costruttore Andrea Nucera, autore di presunti abusi in una lottizzazione. “L’ultima notizia – avverte Mattiello – si trova su Cronache Campane di ieri: il collaboratore Gennaro Notturno, detto ‘o saracino, avrebbe informato la Dda di Napoli che Raffaele Mauriello, legato al clan Amato-Pagano e accusato tra l’altro di concorso in duplice omicidio, se ne starebbe tranquillo a Dubai. Anche lui”.
Ma perché tutti lì e tutti tranquilli? Perché, ricostruisce Mattiello, nel 2015 fu siglato un pre-trattato con Dubai per la collaborazione giudiziaria e l’estradizione. Poi l’Italia ratificò la direttiva Ue che implica che negli accordi con Stati in cui vige la pena di morte sia esplicitato che, in caso di estradizione verso quei Paesi, la pena capitale va commutata in detentiva. “Quindi serve un correttivo che a quasi tre anni non si è fatto. Una questione che è in capo al ministro della Giustizia Orlando, anche perché nel frattempo gli Emirati hanno firmato l’accordo”. È la firma dell’Italia che manca. Tra l’altro “l’estradizione è sempre possibile per via diplomatica, tanto più con Paesi amici come gli Emirati. Questo è un problema sulle spalle di Alfano”, che tra l’altro si trova in missione negli Emirati per un forum di politica internazionale e che nei prossimi giorni potrebbe essere proprio a Dubai. “Il ministro Alfano in visita negli Emirati nei prossimi giorni arriva al momento giusto: le condizioni per estradare in Italia tutti i latitanti che li risiedono, ci sono”.
“Al di là del fatto che non si capisce come sia possibile un ritardo del genere per una correzione del tutto pacifica nel contenuto, sappiamo che l’esistenza di un trattato serve soltanto a rendere le procedure più veloci perché standardizzate. Cioè: tra due Paesi amici – spiega Mattiello – è sempre possibile agire per via diplomatica per ottenere l’estradizione di criminali latitanti. Chiedere, insomma, è sempre lecito e in questi casi rispondere è oltre che cortese, anche dovuto. Italia ed Emirati hanno tali e tanti interessi in comune che se l’Italia chiedesse per via diplomatica l’estradizione di coloro che sappiamo essere latitanti negli Emirati, non dovrebbero esserci motivi di resistenza”, aggiunge il deputato dem. “Non bisognerebbe nemmeno minacciare di ritirare l’ambasciatore. Il capo della nostra diplomazia in questa fase è il ministro Alfano, che nei prossimi giorni è annunciato proprio negli Emirati: ignorare la questione o affrontarla in maniera elegantemente inconcludente, ci coprirebbe di ridicolo. Come possiamo continuare a chiedere a uomini e donne delle Forze dell’Ordine o a magistrati di impegnarsi in nome della Legge e del Popolo italiano, anche a costo di gravi sacrifici, se poi basta che i delinquenti mettano piede a Dubai per stare in salvo. Non stiamo mica giocando a nascondino.”
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‘In Ucraina è guerra per procura’: a dirlo è il segretario di Stato Usa Marco Rubio. E il Cremlino plaude
(Adnkronos) - Stefano Conti è un uomo libero. L'Adnkronos può rivelare che al processo a Panama City sono cadute tutte le accuse. Raggiunto al telefono, Andrea Di Giuseppe, il parlamentare di Fratelli d'Italia eletto nella Circoscrizione Centro e Nord America, festeggia il risultato raggiunto dopo oltre due anni: "Dieci minuti fa ho parlato con il padre, si è commosso alla notizia che Stefano era finalmente stato prosciolto. Ha passato oltre 400 giorni in una delle peggiori galere del mondo, un luogo che non si riesce neanche a immaginare, e senza nessuna condanna, ma solo per una carcerazione preventiva in attesa di un processo che sembrava non arrivare mai. Ma insieme alla Farnesina e all'ambasciata, ho fatto di tutto per fargli ridurre la misura cautelare e farlo stare in una condizione meno disumana. L'anno scorso siamo riusciti a fargli avere i domiciliari, oggi la notizia più bella. Una grande vittoria per il nostro Paese".
Stefano Conti è un trader brianzolo di 40 anni, che per oltre due anni è stato accusato di tratta di esseri umani a scopo sessuale. Rischiava una condanna fino a 30 anni di reclusione, nonostante le presunte vittime avessero ritrattato le accuse, sostenendo di aver subito pressioni dalla polizia panamense.
Conti ha anche pubblicato un libro intitolato 'Ora parlo io: 423 giorni nell'inferno di Panama', in cui racconta la sua esperienza nel carcere panamense e ribadisce la sua innocenza. Il libro è uscito a dicembre scorso, in attesa dell'inizio del processo.
Andrea Di Giuseppe ha partecipato alle udienze preliminari, "non per influire sul merito della vicenda", spiega all'Adnkronos, ma per fargli avere il giusto processo che qualunque essere umano merita. Ho coinvolto la comunità italiana, ho parlato con i politici panamensi, sono stato accanto a lui davanti al giudice, per far capire al sistema giudiziario che quell'uomo non era solo, ma aveva accanto a sé il suo Paese”.
Conti "rimarrà ancora a Panama fino al 4 aprile, per motivi burocratici, ma appena avrà tutti i documenti in ordine potrà tornare in Italia", aggiunge il deputato italiano. Che non ha finito quella che è diventata una sorta di missione. "Dopo aver aiutato a liberare i due italiani in Venezuela, e dopo il più famoso caso di Chico Forti, il prossimo per cui mi impegnerò è l'ingegner Maurizio Cocco, rinchiuso in Costa d’Avorio da oltre due anni. Ne sentirete parlare presto". Sì perché gli italiani rinchiusi all'estero sono circa duemila, "e molti di questi sono in stato di carcerazione preventiva. Dei conti di Montecristo dimenticati da tutti. Ma ora il nostro governo, grazie anche all'azione dei sottosegretari agli Esteri Silli e Cirielli, e ovviamente all'attivismo della premier Meloni, sta finalmente affrontando questi casi. Non sono più dei fantasmi, ma dei nostri connazionali che devono poter avere tutta l'assistenza legale, politica e umana che possiamo dargli. È solo l'inizio. L'Italia sta contando e pesando di più nel mondo", conclude Di Giuseppe. (Di Giorgio Rutelli)
(Adnkronos) - Stefano Conti è un uomo libero. L'Adnkronos può rivelare che al processo a Panama City sono cadute tutte le accuse. Raggiunto al telefono, Andrea Di Giuseppe, il parlamentare di Fratelli d'Italia eletto nella Circoscrizione Centro e Nord America, festeggia il risultato raggiunto dopo oltre due anni: "Dieci minuti fa ho parlato con il padre, si è commosso alla notizia che Stefano era finalmente stato prosciolto. Ha passato oltre 400 giorni in una delle peggiori galere del mondo, un luogo che non si riesce neanche a immaginare, e senza nessuna condanna, ma solo per una carcerazione preventiva in attesa di un processo che sembrava non arrivare mai. Ma insieme alla Farnesina e all'ambasciata, ho fatto di tutto per fargli ridurre la misura cautelare e farlo stare in una condizione meno disumana. L'anno scorso siamo riusciti a fargli avere i domiciliari, oggi la notizia più bella. Una grande vittoria per il nostro Paese".
Stefano Conti è un trader brianzolo di 40 anni, che per oltre due anni è stato accusato di tratta di esseri umani a scopo sessuale. Rischiava una condanna fino a 30 anni di reclusione, nonostante le presunte vittime avessero ritrattato le accuse, sostenendo di aver subito pressioni dalla polizia panamense.
Conti ha anche pubblicato un libro intitolato 'Ora parlo io: 423 giorni nell'inferno di Panama', in cui racconta la sua esperienza nel carcere panamense e ribadisce la sua innocenza. Il libro è uscito a dicembre scorso, in attesa dell'inizio del processo.
Andrea Di Giuseppe ha partecipato alle udienze preliminari, "non per influire sul merito della vicenda", spiega all'Adnkronos, ma per fargli avere il giusto processo che qualunque essere umano merita. Ho coinvolto la comunità italiana, ho parlato con i politici panamensi, sono stato accanto a lui davanti al giudice, per far capire al sistema giudiziario che quell'uomo non era solo, ma aveva accanto a sé il suo Paese”.
Conti "rimarrà ancora a Panama fino al 4 aprile, per motivi burocratici, ma appena avrà tutti i documenti in ordine potrà tornare in Italia", aggiunge il deputato italiano. Che non ha finito quella che è diventata una sorta di missione. "Dopo aver aiutato a liberare i due italiani in Venezuela, e dopo il più famoso caso di Chico Forti, il prossimo per cui mi impegnerò è l'ingegner Maurizio Cocco, rinchiuso in Costa d’Avorio da oltre due anni. Ne sentirete parlare presto". Sì perché gli italiani rinchiusi all'estero sono circa duemila, "e molti di questi sono in stato di carcerazione preventiva. Dei conti di Montecristo dimenticati da tutti. Ma ora il nostro governo, grazie anche all'azione dei sottosegretari agli Esteri Silli e Cirielli, e ovviamente all'attivismo della premier Meloni, sta finalmente affrontando questi casi. Non sono più dei fantasmi, ma dei nostri connazionali che devono poter avere tutta l'assistenza legale, politica e umana che possiamo dargli. È solo l'inizio. L'Italia sta contando e pesando di più nel mondo", conclude Di Giuseppe. (Di Giorgio Rutelli)
Roma, 6 mar. (Adnkronos) - "Più che le conclusioni del Consiglio europeo sembrano un bollettino di guerra, con i nostri governanti che, in un clima di ubriacatura collettiva, programmano una spesa straordinaria di miliardi su miliardi per armi, missili e munizioni. E la premier Meloni cosa dice? 'Riarmo non è la parola adatta' per questo piano. Si preoccupa della forma e di come ingannare i cittadini. Ma i cittadini non sono stupidi! Giorgia Meloni come lo vuoi chiamare questo folle programma che, anziché offrire soluzioni ai bisogni concreti di famiglie e imprese, affossa l’Europa della giustizia e della civiltà giuridica per progettare l’Europa della guerra?". Lo scrive Giuseppe Conte sui social.
"I fatti sono chiari: dopo 2 anni e mezzo di spese, disastri e fallimenti in Ucraina anziché chiedere scusa agli italiani, Meloni ha chiesto a Von der Leyen di investire cifre folli in armi e spese militari dopo aver firmato sulla nostra testa a Bruxelles vincoli e tagli sugli investimenti che ci servono davvero su sanità, energia, carovita, industria e lavoro. Potremmo trovarci a spendere oltre 30 miliardi aggiuntivi sulle armi mentre ne mettiamo 3 scarsi sul carobollette".
"Stiamo vivendo pagine davvero buie per l’Europa. I nostri governanti, dopo avere fallito con la strategia dell’escalation militare con la Russia, non hanno la dignità di ravvedersi, anzi rilanciano la propaganda bellica. La conclusione è che il blu di una bandiera di pace scolora nel verde militare. Dai 209 miliardi che noi abbiamo riportato in Italia dall'Europa per aziende, lavoro, infrastrutture, scuole e asili nido, passiamo a montagne di soldi destinati alle armi".
Roma, 6 mar. (Adnkronos) - "Much appreciated". Lo scrive Elon Musk su X commentando un post in cui si riporta la posizione della Lega e di Matteo Salvini sul ddl Spazio e Starlink. Anche il referente in Italia del patron di Tesla, Andrea Stroppa, ringrazia via social Salvini: "Grazie al vice PdC Matteo Salvini per aver preso posizione pubblicamente".
Roma, 6 mar. (Adnkronos) - Gianfranco Librandi, presidente del movimento politico “L’Italia c’è”, ha smentito categoricamente le recenti affermazioni giornalistiche riguardanti una presunta “coalizione di volenterosi” per il finanziamento di Forza Italia. Librandi ha dichiarato: “Sono tutte fantasie del giornalista. Smentisco assolutamente di aver parlato di una coalizione di volenterosi che dovrebbero contribuire al finanziamento del partito”.
Roma, 6 mar. (Adnkronos) - "Il vergognoso oltraggio del Museo della Shoah di Roma è l'ennesimo episodio di un sentimento antisemita che purtroppo sta riaffiorando. È gravissima l'offesa alla comunità ebraica ed è gravissima l'offesa alla centralità della persona umana e all'amicizia tra i popoli. Compito di ognuno deve essere quello di prendere decisamente le distanze da questi vergognosi atti, purtroppo sempre più frequenti in ambienti della sinistra radicale infiltrata da estremisti islamici , che offendono la memoria storica e le vittime della Shoah. Esprimo la mia più sentita solidarietà all'intera Comunità ebraica con l'auspicio che tali autentici delinquenti razzisti antisemiti siano immediatamente assicurati alla giustizia ". Lo ha dichiarato Edmondo Cirielli, Vice Ministro degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale.
Roma, 6 mar. (Adnkronos) - "Meloni ha perso un'occasione rispetto a due mesi fa quando si diceva che sarà il ponte tra l'America di Trump e l'Europa e invece Trump parla con Macron, con Starmer e lo farà con Merz. Meloni è rimasta un po' spiazzata. Le consiglio di non essere timida in Europa perchè se pensa di sistemare i dazi un tete a tete con Trump, quello la disintegra. Meloni deve stare con l'Europa e Schlein quando le dice di non stare nel mezzo tra America e Europa è perchè nel mezzo c'è l'Oceano e si affoga". Lo dice Matteo Renzi a Diritto e Rovescio su Rete4.