Flaminio de Castelmur per @SpazioEconomia
Quando parliamo di agricoltura, silvicoltura e pesca in Italia, ci riferiamo a un settore economico il cui valore aggiunto nel 2016 ha superato i 31 miliardi pari al 2,1% del valore aggiunto nazionale, pur segnando un calo del 5,4% a prezzi correnti e dello 0,7% in volume, il nostro Paese nel 2016 era al primo posto nella Ue28 per livello di valore aggiunto in agricoltura. Riguardo alla sola componente agricola, il valore complessivo della produzione risulta composto per il 52% dalle coltivazioni vegetali, per il 29% dagli allevamenti zootecnici e per il 12% e il 6% dalle attività di supporto e dalle attività secondarie.
La geografia del territorio nazionale rileva che la superficie complessiva dell’Italia ammonta a 302.073 chilometri quadrati (esclusa la Repubblica di San Marino e lo Stato della Città del Vaticano). Dal punto di vista orografico prevale la superficie di territorio prevalentemente collinare (pari al 41,6% della superficie complessiva), seguita da quello montagnoso (35,2%) e di pianura (23,2%).
La superficie agricola totale in Italia è pari a 16,7 milioni di ettari, di cui 12,4 milioni di superficie agricola utilizzata ed è in costante diminuzione. Dal 1990 ad oggi si è perduto quasi il 20% di superficie agricola utilizzata (Sau) per una media di circa 185 mila ettari annui fra il 1990 e il 2000, di 33 mila ettari annui fra il 2000 e il 2010, di 126 mila ettari annui fra il 2010 e il 2016. La perdita di Sau è stata determinata soprattutto alla cessata coltivazione delle terre meno produttive, molte delle quali sono state occupate da boschi e aree dismesse oltre che dall’espansione delle aree urbanizzate.
Nonostante l’andamento congiunturale non positivo del settore, le unità di lavoro sono cresciute dello 0,9% nell’ultimo anno; particolarmente pronunciato è l’incremento dei dipendenti (+2,3%), mentre è più debole la crescita di unità indipendenti (+0,3%). Gli occupati in agricoltura aumentano nel Nord-ovest (+8,5%) e nel Mezzogiorno (+5,5%), diminuiscono, invece, al Centro (-1,4%) e rimangono invariati nel Nord-est.
L’incremento sostenuto che si rileva tra gli occupati appartenenti alla classe di età compresa tra i 15 e i 34 anni (+11%), fa sperare in un futuro processo di ricambio generazionale del settore. Continua ad aumentare anche il peso degli occupati stranieri in agricoltura, che nel 2015 ha raggiunto il 15,8%. La produttività del lavoro, misurata in termini di valore aggiunto per ora lavorata, nel 2015 è cresciuta per l’agricoltura (+0,7%). Il miglioramento di questo dato è vitale per la competitività internazionale della nostra agricoltura.
I dati in serie storica degli ultimi trent’anni dicono che la produttività del lavoro in agricoltura nel complesso è aumentata. L’indice, che nel 2015 è pari a 108,8, è cresciuto del 70% rispetto al 1985. Prosegue da alcuni anni la diminuzione del prezzo medio della terra, scesa ormai sotto i 20.000 euro per ettaro. A differenza del passato, i ribassi maggiori si sono registrati nelle zone di pianura e nelle regioni settentrionali, attenuando la forbice dei prezzi della terra particolarmente marcata nel confronto tra Nord e Sud. Il 61% del capitale fondiario rimane concentrato nelle regioni del nord, malgrado la superficie agricola rappresenti solo il 36% della Sau nazionale.
Malgrado la riduzione del prezzo della terra, le compravendite continuano a essere limitate a causa delle prospettive incerte di alcuni comparti produttivi (grandi colture, latte e carne), oltre che alla volatilità dei mercati agricoli e a diverse misure incluse nella Pac. Anche l’accesso al credito viene considerato come uno dei maggiori fattori limitanti, sebbene si noti negli ultimi due anni un incremento significativo delle erogazioni di mutui. La dimensione media aziendale è comunque aumentata da 7,9 a 8,4 ettari, anche perché il numero di Imprese tende a diminuire, con una conseguente concentrazione della proprietà delle superfici.
I valori fondiari più alti si riscontrano in Veneto, Trentino Alto Adige e Liguria, dove le colture di pregio, in particolare quelle viticole, la scarsità di superfici agricole (Trentino Alto Adige e Liguria) e la dispersione urbanistica (Veneto) hanno portato i prezzi a livelli non compatibili con l’effettiva redditività agricola. In particolare sta emergendo un aumento dell’interesse da parte di investitori per unità agricole di grande pregio (specie in zone dalla produzione di vino dop), stimolato dalla ricerca di rendimenti più attraenti rispetto a quelli dei mercati finanziari.
Molte delle variazioni positive in futuro dipenderanno dai contributi del Fondo Europeo per lo Sviluppo dell’Agricoltura, che attualmente privilegia altre nazioni quali la Germania e la Francia prima della nostra. Sarà come sempre dalla politica a far si che le condizioni di mercato e economiche aiutino l’agricoltura a tornare grande imponendo le nostre esigenze anche a livello internazionale, dal quale ormai tutta l’economia dipende.