L’ex ministro Luca Lotti e l’ex  consigliere economico di Palazzo Chigi Filippo Vannoni. E poi l’ex comandante generale dei carabinieri, Tullio Del Sette, il generale Emanuele Saltalamacchia, il maggiore Gianpaolo Scafarto, il colonnello Alessandro Sessa. Ma anche Carlo Russo, l’impenditore amico di Tiziano Renzi. Sono le persone che la procura di Roma vorrebbe processare alla fine dell’indagine sulla Consip. Il procuratore Giuseppe Pignatone, l’aggiunto Paolo Ielo e il sostituto Mario Palazzi hanno chiesto sette rinvii a giudizio per altrettanti indagati dell’inchiesta sulla Centrale acquisti della pubblica amministrazione.

Le accuse a Luca Lotti – Il nome più noto tra quelli che rischiano il processo è ovviamente quello dell’ex sottosegretario di Matteo Renzi: è accusato di favoreggiamento per aver rivelato l’inchiesta a Luigi Marroni, ex amministratore delegato dell’azienda che gestisce gli appalti pubblici. L’iscrizione nel registro degli indagati di Lotti – come rivelato da Marco Lillo sul Fatto Quotidiano – risale al 21 dicembre del 2016, il giorno dopo l’audizione, davanti agli inquirenti di Napoli, dello stesso Marroni, che aveva ammesso di aver saputo dal ministro dell’indagine aperta dalla procura partenopea. Il fascicolo passò subito a Roma per competenza e il 27 dicembre Lotti si presentò a Piazzale Clodio per essere sentito dagli investigatori. Poi il 14 luglio del 2017 era stato interrogato dei pm e secondo i suoi avvocatiFranco Coppi e Ester Molinaro, si era trattato di un “sereno interrogatorio durato circa un’ora”, in cui il ministro aveva risposto “puntualmente a tutte le domande che gli sono state rivolte” e ha ribadito “con fermezza la sua estraneità ai fatti contestati”. La procura, però, quei fatti continua a contestarglieli.

Quelle a Saltalamacchia, Del Sette e Vannoni – Di favoreggiamento risponde anche Saltalamacchia: per l’accusa invitò Marroni a essere prudente perché la procura di Napoli stava indagando. Viene contestata invece la rivelazione di segreto d’ufficio al generale Del Sette che, stando alla procura di Roma, rivelò a Luigi Ferrara, presidente della Consip, l’inchiesta a carico di Alfredo Romeo, attualmente imputato per corruzione in un procedimento parallelo. Sempre favoreggiamento – per aver avvertito Marroni – è il reato per cui rischia il processo Vannoni, già presidente di Publiacqua Firenze ed ex consigliere di Palazzo Chigi ai tempi in cui il premier era Renzi. Questo è il capitolo delle cosiddette “soffiate” che nei fatti sabotarono l’inchiesta aperta dalla procura di Napoli sugli appalti Consip.

Il caso Scafarto e Sessa – L’ufficio inquirente guidato da Pignatone, però, ha chiesto il rinvio a giudizio anche di Scafarto, ex capitano del Noe dei carabinieri – poi promosso maggiore – per violazione di segreto, falso in atto pubblico e depistaggio: l’ultima accusa è contestata in concorso con Sessa. Secondo i pm Scafarto svelò al vicedirettore del Fatto Quotidiano, Marco Lillo, il contenuto delle dichiarazioni di Marroni e Ferrara agli inquirenti di Napoli e l’iscrizione di Del Sette, atto coperto da segreto. Al militare viene contestato anche il falso relativo all’informativa in cui attribuiva la frase “Renzi l’ultima volta che l’ho incontrato” a Romeo. In realtà a pronunciare quella frase (senza che si riferisse a Tiziano Renzi) era stato l’ex parlamentare Italo Bocchino. Scafarto ha sempre ribadito di non aver “mai taroccato” alcuna informativa. Ma, stando a chi indaga, nell’informativa aveva inserito anche il presunto coinvolgimento di “personaggi asseritamente appartenenti  ai servizi segreti, ometteva scientemente informazioni ottenute a seguito delle indagini esperite”.  Nell’informativa scrisse che aveva “il ragionevole sospetto di ricevere attenzioni da parte di qualche appartenente ai servizi”. Per gli inquirenti Scafarto – la cui misura di interdizione è stata dalla Cassazione – avrebbe anche omesso una serie di particolari sull’auto e la targa del sospetto che in realtà risultava essere un cittadino italiano residente in zona. Anzi per la procura di Roma sarebbe stato proprio Scafarto – ora assessore alla Sicurezza e alla legalità del Comune di Castellammare di Stabia – a rivelare a ex carabinieri, ora in servizio all’Aise, l’indagine di Napoli. Sempre al militare, in concorso con Sessa, viene contestato il depistaggio per aver disinstallato whatsapp dallo smartphone del colonnello e impedire quindi agli inquirenti di ricostruire le loro conversazioni.

Carlo Russo, il millantato credito e Tiziano Renzi – La procura vuole poi processare per millantato credito Russo, imprenditore amico di Tiziano Renzi. Il padre dell’ex premier era stato in un primo momento indagato per traffico di influenze e poi solo per millantato credito in concorso con lo stesso Russo nei confronti di Alfredo Romeo. I pm capitolini, però, hanno poi chiesto l’archiviazione per il genitore dell’ex segretario del Pd, che però viene definito come “ampliamente inattendibile. Inoltre chi indaga è convinto che sia stato Tiziano Renzi a mettere in contatto Russo con Marroni, e che il padre dell’ex premier abbia effettivamente incontrato Alfredo Romeo nel 2015, a Firenze, in un periodo ritenuto, però, troppo lontano dai fatti in indagine. Gli investigatori, adesso, contestano il millantato credito solo a Russo. Stando al capo di imputazione l’imprenditoresi faceva promettere da Romeo, 100mila euro all’anno, “come prezzo della propria mediazione” nei confronti di Daniela Becchini, all’epoca dei fatti dg del patrimonio Inps, Silvio Gizzi, all’epoca amminstratore delegato di Grandi Stazioni rail, Monica Chittò, all’epoca sindaca del comune di Sesto San Giovanni e infine  Marroni, ex ad di Consip. Stando alle indagini le mediazioni dovevano riguardare commesse e appalti. Russo, avrebbe millantato con l’imprenditore napoletano (per cui la Cassazione aveva annullato l’arresto per corruzione il 9 marzo) anche il tramite dell’attuale sindaco di Bergamo, Giorgio Gori, per fargli ottenere un appalto indetto dal comune di Sesto. Era stato sempre Russo a “prospettare” a Romeo la mediazione – tramite Renzi senior – che doveva consistere nell’ottenere aggiudicazioni di appalti della Consip. Tutte mediazioni inesistenti, secondo gli investigatori.

Le richieste di archiviazione – Sarà ora il gip a decidere se accogliere o respingere le richieste di rinvio a giudizio e quelle di archiviazione. Oltre a Tiziano Renzi, infatti, i pm avevano chiesto di archiviare le posizioni dall’ex parlamentare del Futuro e Libertà, Italo Bocchino, e dell’imprenditore napoletano, Alfredo Romeo, indagati per traffico di influenze. I magistrati hanno, inoltre, chiesto al gip di fare cadere le accuse per l’ex ad di Consip, Domenico Casalino, per l’ex dirigente Francesco Licci e per l’ex ad di Grandi Stazioni Silvio Gizzi, cui era inizialmente contestata la turbativa d’asta. Richiesta di archiviazione anche per l’ex presidente di Consip, Luigi Ferrara, accusato di false dichiarazioni al pm.

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