Non credevo che il mio articolo sui videogiochi scatenasse un simile vespaio, a quanto pare molto peggiore di quello che scateno di solito criticando le auto. Una marea di messaggi, commenti, anche tanti insulti e volgarità hanno invaso il mio profilo Facebook. Ma ho intavolato anche tante discussioni interessanti e civili. Premetto che il mio non era un “articolo giornalistico” in cui il giornalista deve rimanere imparziale. Il mio era ed è un blog, e come ogni blogger esprimo idee personali e commento fatti.

Per rispondere ad alcune critiche:

1. Non ho creato allarmismi inutili, il pericolo di un abuso dei videogiochi esiste ed è frequente, può portare alla ludopatia, o gaming disorder, classificata recentemente anche dall’Oms. Ho parlato di “lobby dei produttori del videogiochi” (Esa) che vorrebbe attenuare questa definizione, tutti fatti documentati.

2. Non ho detto che tutti i videogiochi fanno schifo (dove lo leggete?): ho detto che vanno dati dei limiti ai preadolescenti. Un massimo di due ore di schermo al giorno, compresi quindi tv, tablet, pc, videogiochi (che non dovrebbero superare i 45 minuti al giorno). Questo limite è un consiglio dato da psicoterapeuti autorevoli, come Alberto Pellai. Con l’epidemia di bambini in sovrappeso e obesi che c’è in Italia, è più che mai necessario spronare i bambini a uscire, a far movimento, soprattutto gioco libero all’aria aperta, visto che a scuola stanno comunque seduti sui banchi e (purtroppo) raramente escono e fanno movimento.

3. Riguardo al contenuto, ho consigliato – e lo ribadisco – di non esporre i bambini a videogiochi molto violenti, e rispettare il Pegi. Il Pegi attualmente è solo un consiglio, ma io, come altri, riteniamo importante renderlo obbligatorio (come già detto c’è anche una proposta di legge sepolta in Parlamento, al riguardo).

4. Non ho dato informazioni false: sono stata accusata di citare ricerche vecchie di 15 anni, mentre ho citato tutte ricerche recenti (rileggetevi meglio l’articolo e le date), ho citato ricerche sia favorevoli sia contrarie e pareri di esperti autorevoli. Ho detto che le ricerche scientifiche e psicologiche non sono tutte concordi sul delineare un rapporto tra esposizione a scene violente virtuali e un passaggio all’atto. Sono ricerche difficili da portare avanti, anche come metodologia, per questo possono portare a risultati diversi. Ma, per assurdo, anche se la ricerca ci dicesse in maniera incontrovertibile che un bambino esposto a scene violente non passerà mai all’atto, è davvero così sensato esporre un bambino a odio, violenza, disprezzo, sopraffazione dei deboli e fargli agire comportamenti (virtuali) crudeli?

5. Alcuni mi hanno detto “i videogiochi sono per divertirsi e non devono essere per forza educativi”. Ma io credo che il divertimento possa essere educativo e l’educazione divertente. Come dice Pellai: “Il gioco non si traduce automaticamente in realtà. Eppure non possiamo far finta di non vedere che alcuni videogiochi come quelli favoriscano l’interiorizzazione della dimensione del conflitto come qualcosa che va costantemente agito e nutrito. Detto in parole semplici: sono giochi che stimolano un’azione, anche fuori dal virtuale, che fa maggiormente leva sulla potenza e la violenza piuttosto che su altre abilità, ad esempio la negoziazione e il dialogo”.

6. Ho portato come esempio Fortnite (Pegi +12) e Gta (Pegi +18), pur sapendo che sono ben diversi: uno (Fortnite) è ambientato in un mondo fantastico, lo scopo è arraffare più armi possibili, rimanere solo nell’isola uccidendo tutti. Già di per sé mi sembra un po’ triste come trama, ma so che esistono (e ringrazio tutti quelli che mi hanno scritto per raccontarmelo) altri videogiochi, seppur meno famosi, con trame dove vince chi collabora, chi salva il mondo e rispetta l’ambiente, chi si sacrifica per salvare un amico, videogiochi dove la guerra è vista dalla parte di chi la subisce.

7. Sul discorso del cyberbullismo, del pericolo di truffe e adescamento, consiglio di leggere un’interessante articolo dell’Espresso della giornalista Maura Manca, scritto dopo aver giocato per mesi a Fortnite. Ovvio che questi pericoli sono presenti anche nelle chat, nei social, nell’abuso che i ragazzini fanno dello smartphone, nell’iper-esposizione senza filtri a Youtube e internet. Sono d’accordo e l’ho sempre detto: vanno dati limiti anche per la fruizione di internet, Youtube, social. Non solo, bisognerebbe proprio ridurre l’acquisto continuo di oggetti elettronici, un e-consumismo tanto in voga tra i giovani, anche per motivi ecologici e di impatto ambientale. Anche in questo campo dovrebbero valere le quattro R: riduco, riparo, riuso e solo in ultimo riciclo. Ma questa è un’altra storia.

8. Per quanto riguarda Gta: il protagonista è un delinquente e può commettere tutti i crimini, dall’uccisione, alle rapine, al pestaggio, al falcidiare i pedoni con l’auto, al far sesso con una prostituta… Essendo crimini commessi in prima persona, l’impatto emotivo è maggiore che vedere un film violento come spettatore. A questo riguardo mi hanno detto “è una catarsi, tu ammazzi nel videogioco per sfogarti, fai strage virtuale di pedoni con un’auto per sfogarti, ma poi ovviamente non passi all’atto”. Scusate, ma è una logica che tiene poco, se fosse davvero utile come catarsi, dovrebbero farlo giocare in tutte le psicoterapie per uomini violenti, in tutte le carceri, ma non mi pare che avvenga.

Inoltre, questo vuol dire che tutto è lecito nel virtuale? Ammazzare virtualmente gli ebrei nelle camere a gas, schiavizzare e poi impiccare i neri, affogare i clandestini in mare, far tiro a bersaglio coi civili, se uscissero videogiochi così, voi cosa direste? Ci giochereste per farvi passare la voglia di farlo nel reale? Non vi sembra così poco rispettoso verso le vittime, verso chi è morto davvero per questi crimini, non vi sembra poco rispettoso verso tutte quelle donne che sono per strada, sfruttate, stuprate, obbligate a prostituirsi, verso i morti ammazzati dalla mafia, verso i morti ammazzati dalle auto? Io sono femminista e pacifista e la mia coscienza insorge. Abbiamo davvero bisogno di essere crudeli nel virtuale per non esserlo nel reale? Perché ne abbiamo bisogno? Forse qualcosa si è inceppato, in noi e in questa società? So che in America le lobby delle armi accusano i videogiochi delle stragi, per allontanare la loro schiacciante responsabilità, e questo è deprecabile. Ma non si può neppure dire che i videogiochi violenti siano utili e ben venga la loro diffusione.

Sono però d’accordo con due youtuber: la società, questo mondo fa schifo, in tante città i bambini non possono giocare fuori, andare in bici sicuri. Ma la mia conclusione è diversa, se loro dicono: “è più sicuro che i bambini giochino dentro casa, ai videogiochi”, io dico no. Ribelliamoci. Come dicevano i ragazzi di Don Milani: “Ho imparato che il problema degli altri è uguale al mio, sortirne insieme è politica. Sortirne da soli è avarizia”. Possiamo farlo. Riprendiamoci le strade, riprendiamoci lo spazio e il tempo, usciamo coi nostri figli per migliorare il quartiere, impegniamoci civilmente e socialmente, organizziamo incontri, feste di quartiere, facciamo petizioni, chiediamo che le strade tornino ai bambini, che ci sia più verde e meno auto, che i genitori possano aver diritto al part time, facciamo biciclettate di protesta, lottiamo con ogni energia che abbiamo in corpo perché il mondo sia più ospitale. E in questa lotta titanica, i videogiochi, alcuni videogiochi, perché no, possono anche aiutare.

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