Un bel “paracco” per mettere in cassaforte l’elezione all’Assemblea regionale in Sicilia. A beneficiarne, per la procura di Palermo, sarebbe stato il deputato siciliano Carmelo Pullara. Il termine, che letteralmente in dialetto significa ombrello, indica un tipo di associazione mafiosa attiva a Palma di Montechiaro (Agrigento) finita al centro dell’inchiesta Oro bianco della Dda di Palermo, che ha portato in carcere 12 persone. Secondo i magistrati, i componenti della cosca guidata da Rosario Pace avrebbero avuto nell’onorevole originario di Licata il cavallo su cui puntare in occasione delle Regionali 2017, che videro Pullara trionfare nel collegio di Agrigento con oltre 8mila preferenze. Il deputato, che nei giorni scorsi ha lasciato il gruppo dei Popolari e Autonomisti ponendosi alla testa di un movimento chiamato Onda, non risulta indagato e per gli inquirenti non ha “avuto consapevolezza” di chi avesse di fronte. Per Pullara, in sostanza, i mafiosi che gli avevano promesso voti confidando nella sua disponibilità a ricambiare la cortesia sarebbero stati elettori come altri.

I membri del paracco, invece, sarebbero stati ben coscienti di chi avevano davanti: nelle vesti di potenziale gancio alla Regione e di figura con importanti entrature nel mondo della sanità, di cui è stato dirigente, Pullara sarebbe stato il candidato perfetto a cui chiedere favori. “Io ci telefono e si mette subito a disposizione, immediatamente, per qualsiasi problema”, dice Manganello, due giorni dopo gli scrutini che spalancarono le porte di sala d’Ercole al 48enne. Manganello dai magistrati è ritenuto capodecina del paracco, uno di quelli che conta nella mafia palmese. A cercare gli esponenti della cosca sarebbe stato, mesi prima del voto, anche un assistente di Pullara. Anche in questo caso, però, per i magistrati non sono emersi elementi che possano fare propendere per una volontà di chiedere sostegno alla criminalità per rafforzare il consenso. “Il dottor Pullara desiderava sapere se era possibile, magari passato il ferragosto, se era possibile conoscere qualche altro amico visto che ci stiamo avvicinando pian piano alle elezioni”, dice il collaboratore del politico centrista al telefono, senza sospettare del fatto che ad ascoltare la chiamata siano anche i carabinieri.

Di voti Pullara a Palma di Montechiaro ne prenderà poco più di seicento. Un risultato al di sotto delle aspettative degli stessi presunti esponenti del clan, secondo i quali l’obiettivo minimo per evitare di fare brutta figura sarebbe stato superare quota mille. In tal senso, a deludere le aspettative sarebbe stata la decisione di alcuni membri del paracco di preferire al 48enne una candidata – poi non eletta – di Forza Italia.

Per Pullara gli ultimi due anni sono stati un po’ turbolenti. Nel 2019 il suo nome comparve in un’inchiesta riguardante i rapporti sull’asse Licata-Palermo che coinvolgeva esponenti mafiosi e un funzionario regionale a capo di una loggia massonica. Per quella vicenda la procura di Palermo, a marzo scorso, ha chiuso due filoni d’indagine e tra le persone a cui è arrivata la notifica non c’è il deputato regionale; tuttavia, da ambienti investigativi da tempo è trapelata la voce di possibili ulteriori approfondimenti.

Un’inchiesta in cui invece Pullara è finito ufficialmente dentro è quella sullo scandalo corruzione nel mondo della sanità, che sempre a marzo dello scorso anno portò all’arresto di Antonino Candela, già dell’antimafia e per poche settimane coordinatore del gruppo di esperti anti-Covid nominati dal governatore Nello Musumeci. Il deputato, che poche settimane fa ha rivendicato il pronunciamento con cui la Cassazione ha cassato la decisione del Riesame di accogliere la richiesta di misura cautelare nei suoi confronti, è accusato di avere contribuito a condizionare un appalto. Mostrando anche in questo caso la sua presunta disponibilità.

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